Trovo che la migliore riflessione sulla giornata di oggi sia conoscerne il significato attraverso l’operato di Alessandra Morelli, già Delegata dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Per International Web Post l’arte dell’umano per restare umani
“L’arte dell’umano per restare umani” è una delle tante bellissime espressioni di Alessandra Morelli, quella che ho voluto riportare per introdurre la donna che da sempre si adopera con tutta se stessa per l’affermazione dei valori che, soli, rappresentano il traguardo della civiltà e l’essenza del nostro esistere.
Dal settembre di quest’anno, quando è rientrata in Italia, dopo trent’anni trascorsi nelle zone piu fragili e calde del mondo, l’ho inseguita tra una conferenza e l’altra, tra seminari, percorsi formativi e congressi.
Per le mie interviste non registro mai e raramente prendo appunti ma vi assicuro che con Alessandra Morelli sarebbe impossibile repertoriare quanto racconta
Romana, classe 1960, già delegata per dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati dal 1992 al 2021 non c’è stato un solo giorno della sua vita, da 30 anni, in cui non sia stata presente nei principali scenari globali di deumanizzazione.
Laureata nella gestione delle emergenze e delle zone di conflitto ad alto rischio lavorando per l’UNHCR, ha negoziato con capi di Stato e di governi, con i rappresentanti NATO, ONG internazionali e locali nonché con le varie Organizzazioni Intergovernative. Il suo primo incarico filed officer di primo livello risale al 1992, in Croazia, a Karlovac, nel campo di transito per i musulmani bosniaci liberati dai campi di concentramento serbi in Bosnia: fu il suo battesimo del fuoco.
In ex Iugoslavia, nel Ruanda devastato dall’odio etnico, Albania, Kossovo, Guatemala, durante la guerra civile in Sri Lanka, Sahara Occidentale, Afghanistan, in Indonesia dopo lo tsunami, Georgia, Yemen, Birmania, nei terribili periodi del terrorismo in Somalia, nella Grecia alle prese con l’emergenza dei rifugiati siriani (un milione di persone feriti nel corpo e nell’anima) e, da ultimo, in in Niger .
Abbiamo concordato un incontro veloce, un impegno assunto strappando tempo al tempo che per noi non è mai abbastanza. In questo siamo in perfetta sintonia: la sofferenza dell’altro non può lasciarci indifferenti, siamo umane.
Mi faccio precedere dal sorriso, certa di incrociare il suo ma in un battito di ciglia scompare.
Improvvisamente intravedo un ragazzo di colore, all’apparenza africano, chiede qualche soldo per mangiare.
E so dove andare a cercare Alessandra Morelli: in fila al bar, dove ci eravamo dati appuntamento. E’ una dei migliori di Roma, nel cuore dell’Eur, a pochi metri dal suggestivo laghetto, sempre gremito di avventori benestanti, attratti dalla bellezza della location, dalla classe del servizio e dalle notevoli prelibatezze.
La sola a notare il ragazzo è Alessandra. Mi raggiunge sorridendo dopo aver scambiato due chiacchere con lui.
Ora può sorridermi.
E’ reduce da una serie di convegni e ha poche ore di tempo per organizzare un nuovo viaggio… impallidisco pensando che possa andare in missione chissà dove rischiando ancora una volta di finire vittima di un attentato. Era il 13 febbraio del 2014 quando a Mogadiscio, venne investita da un’autobomba. Riuscì a sopravvivere ma i postumi li porta ancora addosso.
Mi rassicura. Il suo ruolo di responsabile UNHCR in Niger (nel cuore del Sahel, in un paese crocevia della rotta migratoria del Mediterraneo centrale verso l’Europa attraverso la Libia) nel Meccanismo per il Transito di Emergenza (Etm) è alle spalle. “Ho visto morire uomini, donne e bambini uccisi dalla violenza di gruppi terroristi jihadisti che operano nel Sahel centrale mentre coordinavo uno staff di 400 persone che aiutavano sfollati e rifugiati in un territorio complesso e strategico in una sfera d’azione che spaziava dal Niger al Burkina Faso e al Mali, dal Mediterraneo centrale e Libia fino al bacino del lago Ciad, che da 6 anni vede flussi di nigeriani del nord in fuga dagli attacchi di Boko Haram. Bisognava dar loro da mangiare, da bere acqua pulita e potabile, garantire che i malati possano accedere all’assistenza sanitaria. In una parola: farli sentire al sicuro”, mi dice.
Ora, Alessandra Morelli, ha un obbiettivo ancora più difficile. Sente il forte richiamo interiore di trasmettere il frutto del suo impegno alle nuove generazioni, di raccontare, di formare e, soprattutto, di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle responsabilità della politica di fronte alle diseguaglianze tra ricchi e poveri, alle fragilità, alle guerre, ai cambiamenti climatici, a tutto ciò che è disumano.
“Sono continuamente invitata da tantissimi canali media a raccontare la mia esperienza e lo faccio volentieri ma al solo fine di sviluppare un percorso tematico di affermazione sull’Arte dell’Umano per restare Umani, per formare le coscienze al rispetto dell’inclusione contro il dilagare dell’odio verso la diversità”.
Poche parole incisive per sintetizzare la sua sfida del momento.
“Per me non c’è un “loro” e un “noi”, ma un “noi” globale, una condizione – come direbbe Bauman – a cui tutti siamo destinati perché apparteniamo alla stessa razza umana. Ecco perché, all’interno di questo “noi” sono molto importanti le parole che usiamo. Ho avuto il privilegio di nascere in una famiglia che mi ha portato a vivere in paesi diversi sin dall’infanzia e questo ha fatto sì che io crescessi con la convinzione che siamo tutti uguali, ridiamo e soffriamo allo stesso modo, anche se amiamo cibi diversi. Ho nel mio Dna il senso di una comunità senza confini e la percezione dell’altro attraverso l’esperienza che ne faccio”.
Poche parole perché di lei parla ciò che finora ha realizzato e l’orma umana che ha lasciato nei deserti del disumano. D’altra parte molto del suo pensiero hanno espresso anche i testi musicali curati e composti per lei da Alessandro Broggi, Filadelfio Castro e interpretati da Monica Cerri .
Il tempo scorre velocemente e dobbiamo lasciarci. Lo facciamo con il sorriso del cuore ma per i miei lettori le strappo una promessa.
Tra “I colori della Cultura” inclusione, umanità, diritti sono priorità e allora: a presto, Alessandra, saremo con te.