In occasione della “Giornata della Memoria”, come per ogni anno, anche nel 2019 hanno avuto ed avranno luogo numerose iniziative volte a ricordare l’orrore dell’Olocausto. Testimonianze dirette (ormai esigue, data l’età dei sopravvissuti ai campi di sterminio) ed indirette, da parte di coloro ne hanno ereditato la memoria e la responsabilità, che rinnovano il ricordo di una delle pagine più brutte dell’umanità.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Primo Levi aveva profeticamente previsto il futuro, se pensiamo al nostro presente sotto alcuni aspetti non tanto dissimile da quel, solo temporalmente, lontano 27 gennaio del 1945.
James Watson, biologo statunitense a cui nel 1962 fu attribuito il premio Nobel per la medicina grazie alla sua scoperta della struttura a doppia elica del DNA, ha recentemente rilasciato alcune dichiarazioni, da molti definite deliranti, a causa delle quali numerosi riconoscimenti ricevuti in passato gli sono stati ritirati.
Secondo lo scienziato, le etnie di origine africana e afro-americana presenterebbero “significative differenze genetiche, che si ripercuotono sul piano del quoziente intellettivo. I neri hanno capacità cognitive inferiori rispetto ai bianchi, dovuta a una particolare conformazione del loro DNA” …
Inutile precisare che questa affermazione non ha alcun fondamento logico oltre che scientifico: il fatto stesso che Watson si sia cimentato in una simile ricerca dimostra l’orientamento razzista dello scienziato, al quale l’Accademia di Svezia sta riflettendo se ritirare il prestigioso premio da lui ricevuto nel 1962.
Il “caso Watson” non è un episodio isolato, dal momento che l’attualità è densa di fatti discriminatori, di umanità negata e di razzismo sotteso o manifesto che sia.
Una lapide apposta al sacrario di Bologna, che ricorda la strage di Marzabotto (altro atto criminale di guerra), riferendosi ad Auschwitz recita: “Solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, solo allora potrete dimenticarci”.
La giornata della Memoria ha un’importante funzione di memento poiché ovunque, sulla Terra, ci sono persone vittime di mancata umanità a cui ogni diritto viene negato.
Gli ultimi avvenimenti relativi al divieto di attracco ai diversi porti stanno scatenando un furioso dibattito politico in Europa su quali siano le priorità nell’emergenza immigrazione, mettendo gli uni contro gli altri coloro i quali sono favorevoli all’accoglienza e i tanti (il numero è sempre crescente) contrari.
Le ragioni di questa politica orientata alla chiusura dei porti nel nostro Paese, sotto un certo aspetto sarebbero condivisibili, poiché una nazione lasciata da sola ad affrontare un’enorme emergenza umanitaria, è una nazione in tilt, in forte sofferenza economica oltre che pratica.
Tuttavia la realtà che ci appare rimanda ad episodi sempre più numerosi di razzismo e a gesti discriminatori talvolta violenti, a compiere i quali ci si reputa legittimati ed è questo l’aspetto peggiore della questione.
Così, carichi umani in balia delle onde, intere popolazioni in condizioni di assoluta emergenza, centri di accoglienza i cui ospiti vengono letteralmente deportati, altro non sono che il nuovo “Olocausto” del terzo millennio.
La grande filosofa Hannah Arendt, parlava della “Banalità del Male”: come, d’altra parte, non concordare con questa definizione.
Ciò che appare normalità e a cui incredibilmente siamo assuefatti, quello che per riprendere la Arendt è banale, rappresenta il male che si annida in chi si gira dall’altra parte nel vedere persone annegare.
La diplomazia serve proprio a questo: ad individuare soluzioni ad hoc senza trasformare i mari in fosse comuni, evitando inutili, nuove deportazioni e soprattutto senza perder d’occhio l’umanità.
(Foto del nostro reporter Roberto Pedron)