Vincent Van Gogh: ”Sulla soglia dell’eternità” (1890)
A BENITO
oggi a mio padre e ai suoi tiremm innanz
densi di terra ancora tra le rughe
che puoi solcarle e ancora senti il suono
di ruote e di tratturi e a tratti il fango
incartapecorito intorno agli occhi
e al nome che si porta come il marchio
di una necessità di contadini
che di conquiste nulla hanno saputo
se non del pane duro dentro al latte
senza che il braccio fosse mai romano
oggi a mio padre piccolo di voce
e ignaro d’ogni trend o di giobbett
d’una sinistra sempre più sinistra
che non sa più parlare alla sua gente
io dedico il pensiero mio di figlio:
che possa andare ad abbracciarlo ancora.
Punto di riflessione:
Penso da sempre a una Poesia che trascenda il dato personale, il vissuto di chi la produce e possa divenire patrimonio comune della nostra storia, che possa raccontare ognuno di noi e indurlo a scavare nei suoi ricordi e ritrovare un appiglio memoriale, uno sperone di roccia da cui oscillare nella bilicanza dell’esistere.
E così spero che mio padre sia ‘’il padre’’ di un’umanità migrante, alla ricerca dell’Eldorado, di matrice verghiana; spero che in quelle rughe possano in molti ritrovare il proprio percorso di uomini in lotta con la sopravvivenza e comprendere che spesso un nome non racconta tutta la storia, e che ognuno di noi ha dietro la nuca un messaggio che non poteva leggere ma che l’ha comunque guidato nella ricerca di sé.
Spero che Benito sia diventato per un istante tutti noi.