La Grecia ha nuovamente necessità di denaro per evitare il tracollo finanziario. In ballo ci sono 7,2 miliardi di euro provenienti da un programma economico in scadenza a giugno. Proprio all’inizio del mese prossimo, Atene è chiamata a rimborsare generosi prestiti all’Fmi. L’incontro di giovedì sera a Riga (capitale lettone) è terminato ancora una volta mettendo a confronto ottimismo greco e realismo tedesco. Mentre Tsipras ha parlato di accordo «a breve», la signora Merkel ha avvertito che “c’è ancora molto da fare”.Secondo indiscrezioni, gli ostacoli a un accordo riguardano sempre le riforme relative al sistema pensionistico e al mercato del lavoro, così come il risanamento delle finanze pubbliche (contrasti vi sono sugli obiettivi di bilancio).
Yanis Varoufakis maledice il giorno in cui la Grecia è entrata nell’euro. Il ministro delle finanze greco ha detto che il suo paese se la sarebbe cavata molto meglio se avesse continuato a usare la dracma. La situazione è destinata a precipitare in estate, essendo chiaro che la Grecia non riuscirà a sostenere tutto il pagamento del debito. Deve trovare 10 miliardi di euro da restituire a FMI, alla BCE e ad altri investitori entro la fine di agosto, e questi soldi semplicemente non ci sono.
I creditori della Grecia lo sanno, e sono pronti a lasciare che il governo greco finisca dalla padella alla brace. Sanno che la Grecia in fondo ha solo due scelte: arrendersi o abbandonare l’euro, e dato che ha detto di voler rimanere dentro la moneta unica, ciò che gli investitori si aspettano è di veder sventolare presto la bandiera bianca.
La disponibilità della Grecia ad andare avanti con la privatizzazione del suo maggiore porto, il Pireo, verrà vista dai falchi di Bruxelles e Berlino come la dimostrazione di avere avuto ragione nel mantenere la linea dura durante i negoziati con il governo di Syriza.
È possibile adesso abbandonare l’euro e tornare alla dracma senza una catastrofe si chiede il prestigioso quotidiano britannico The Guardian? Indubbiamente ci sarebbero dei grossi costi da sostenere, tra cui imporre dei controlli sui movimenti finanziari per evitare fughe di capitali, così come un forte shock per le aziende e la fiducia dei consumatori. Ci sarebbero anche delle difficoltà pratiche nel sostituire una valuta con un’altra. Questa questione ha risvolti sia politici che economici. Il vero dilemma di Tsipras si pone dal punto di vista politico: i greci hanno votato per avere meno austerità, ma i creditori della Grecia non vogliono alcun allentamento dell’austerità.
Tsipras può accontentare l’uno o l’altro, ma non entrambi. Inginocchiarsi di fronte ad Angela Merkel darebbe nel breve termine alla Grecia quell’accesso alle risorse finanziarie che le permetterebbero di ripagare il debito, ma questo sarebbe un suicidio politico per Syriza. Prima o dopo Tsipras dovrà decidere cosa vuole fare: continuare con un approccio populista che è incompatibile con l’appartenenza all’euro, oppure tornare, sia pure riluttante, a quelle politiche che i governi tanto di centro-sinistra quanto di centro-destra hanno perseguito fin dall’inizio della crisi.