Luigi Zanda: “Le vicende contestuali di Alitalia e Telecom rappresentano in modo impietoso l’esito di una lunga catena di errori”.
Il caso Telecom non passa inosservato. I capigruppo di Montecitorio riferiranno in aula alla Camera martedì 1 ottobre, alle 10,30. Pd e Pdl hanno chiesto al governo chiarimenti sui fatti di Alitalia e Telecom Italia.
«Le vicende contestuali di Alitalia e Telecom rappresentano in modo impietoso l’esito di una lunga catena di errori in gran parte dovuti all’assenza ventennale di una politica industriale e, conseguentemente, alla prevalenza degli interessi privati sugli interessi pubblici», ha detto in una nota Luigi Zanda, presidente dei senatori democratici. «È necessario che il governo venga al più presto in Senato a riferire sul grave declino del sistema industriale italiano che coinvolge due imprese strategiche per i nostri servizi pubblici», ha aggiunto. Anche Pippo Civati, candidato alla segreteria del Partito democratico, ha sottolineato: «Quella di Telecom è la prima delle privatizzazioni all’italiana di cui parla Letta? Cedere pezzi significativi del Paese per mantenere in piedi “questa” classe dirigente, pubblica e privata? Perdere il controllo di occupazione, ricerca e sviluppo in settori strategici mentre quelli tradizionali vanno a picco?». Dall’altra parte dello schieramento, il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta ha commentato: «Sulla vendita di azioni Telco alla società spagnola Telefonica e sul conseguente nuovo assetto di controllo di una delle imprese chiave per lo sviluppo del nostro Paese, Telecom Italia, serve un quadro dettagliato per esprimere qualsiasi giudizio ma è evidente che è proprio la mancanza di dettagli e di chiarezza che alimenta le preoccupazioni».
GRILLO: L’AVEVO DETTO – Dall’opposizione, invece, tuona Beppe Grillo, concentrandosi in particolare sulla cessione di Telecom, «un disastro annunciato da un saccheggio continuato, pianificato e portato a termine con cinismo di quella che era tra le più potenti, innovative e floride società italiane». Dopo aver rivendicato di avere previsto questa «catastrofe» «anni fa», il leader del Movimento 5 stelle passa all’attacco: «La morte di Telecom Italia è iniziata con la sua cessione a debito ai capitani coraggiosi da parte di D’Alema nel 1999, allora presidente del Consiglio. Lui, il merchant banker di palazzo Chigi, è il primo responsabile di questa catastrofe. Un’azienda senza problemi finanziari si ritrovò improvvisamente con più di 30 miliardi di euro di debito. Telecom possedeva società, immobili, i migliori ingegneri e informatici, aveva la flotta di auto aziendale più grande d’Italia. Un patrimonio costruito con le tasse di generazioni di italiani». Poi, con «il tronchetto della felicità», riferimento a Marco Tronchetti Provera , «la completa spoliazione dell’azienda con cessioni di rami strategici, licenziamenti, scorpori e piani industriali da barzelletta. Tronchetti si dimise nel 2006 lasciando 41 miliardi di debiti» e «con in meno però tutte le aziende vendute. Bernabè ha agito in seguito da liquidatore, poteva solo dare l’estrema unzione».
BLOCCATE LA CESSIONE COI SOLDI DELLA TAV – In sostanza, Grillo chiede al governo di «intervenire per bloccare la vendita a Telefonica con l’acquisto della sua quota, è sufficiente dirottare parte dei miliardi di euro destinati alla Tav in Val di Susa che neppure il governo francese vuole più» per arginare un «danno immenso.
LE CONSEGUENZE PER L’INDUSTRIA ITALIANA – Telecom Italia è al centro di un’operazione della spagnola Telefonica, che si appresta a salire al 66% della controllante Telco, per un esborso di 324 milioni di euro, per il momento senza aumentare i diritti di voto, ma che potrebbe arrivare secondo gli accordi al 100%, una volta ottenute le necessarie autorizzazioni dell’Antitrust. «Cosa cambierà con i due terzi del capitale Telco in mano agli spagnoli? Ci saranno ancora le risorse per gli investimenti e per lo sviluppo dei servizi? A che punto è il progetto di scorporo della rete fissa e quali sono le prospettive del settore in Italia?», ha chiesto Brunetta, sollecitando un intervento dello stesso premier.
I SINDACATI: «A RISCHIO 16MILA POSTI» – La questione Telecom spaventa molto anche i sindacati. A rischio, secondo le stime di Michele Azzola della Slc Cgil, ci sono fino a 16mila posti. Di fronte a questo scenario il Governo «ha il compito di convocare subito le parti sociali e Telefonica per conoscerne il piano e valutare l’utilizzo della golden share prevista dall’articolo 22 dello Statuto di Telecom». Quella con Telefonica «è la prima operazione – spiega Azzola – che consegna agli stranieri un gruppo strategico italiano. Un’operazione mai avvenuta in nessun Paese occidentale». Il rischio è, secondo le sigle di settore, che Telefonica adotti per Telecom lo stesso modello di esternalizzazione del Call center e dell’Information Technology che ha usato in casa propria. Il Governo, aggiunge il segretario confederale della Cisl Annamaria Furlan, «deve attivare subito un tavolo per capire cosa intende fare perché la proprietà della rete non sia esclusivamente di un’azienda spagnola».
LA REPLICA DI D’ALEMA – La vicenda Telecom-Telefonica riporta alla memoria l’acquisizione avvenuta nel 2007. Anche in quel caso il governo rimase neutrale: «Fu deciso concordemente – afferma Massimo D’Alema, all’epoca premier – che il governo non dovesse intervenire e tale decisione fu presa innanzitutto con il concorso di chi ne aveva la diretta responsabilità, cioè il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi. Ancora oggi – sottolinea l’ex presidente del Consiglio – penso che fu una scelta giusta quella di rispettare il mercato e consentire che una grande impresa italiana potesse essere acquistata come avviene normalmente in tutti i Paesi di democrazia liberale. Per altro è del tutto ridicolo fare discendere le difficoltà e le decisioni odierne, sulle quali giustamente il Parlamento chiede chiarezza, da una vicenda che risale ormai a quasi 15 anni fa e dopo la quale – conclude – Telecom ha vissuto complesse e infinite vicissitudini».
IL PUNTO :
Telecom è di fatto diventata spagnola, l’hanno comprata quelli di Telefonica;
Alitalia finirà sotto il controllo di Air France entro poche settimane;
Ansaldo Energia è destinata ai coreani di Doosan;
Sts (sempre Ansaldo) finirà agli americani di General Electric;
Hitachi si prenderà la Breda.
Lo scorso 10 luglio discutevamo della cessione di Loro Piana a Louis Vuitton e dell’arrivo da noi di un mucchio di stranieri, in genere francesi, non solo nel comparto stile-moda-cosmetica (Fendi, Pucci, Gucci, Safilo, Bulgari, Brioni, Valentino, Pomellato, Acqua di Parma, Bottega Veneta, Sergio Rossi), ma anche nell’alimentare (Algida, Bertolli, Santa Rosa, Riso Flora, Parmalat, Galbani e Invernizzi, Cademartori, Locatelli, Buitoni, Sanpellegrino, Perugina, Motta, Antica Gelateria del Corso, Cova, Valle degli Orti, Peroni, Gancia e i pelati Ar comprati addirittura dai giapponesi della Mitsubishi). Ora, le alienazioni di Telecom, Alitalia e delle società dell’Ansaldo segnano un salto di qualità. Almeno le prime due sono sempre state definite “strategiche” e quindi impossibili da consegnare agli stranieri. E Telecom, tra l’altro, ha la rete, un bene in sé, che permette agli italiani di comunicare tra di loro e su cui l’ultima parola spetterà agli spagnoli.
Alitalia ha debiti per più di un miliardo di euro, 250 milioni in cassa, non ha più il monopolio della linea Milano-Roma (ha vinto il treno), perde ogni anno sempre di più, domani i soci dovranno decidere se aderire all’aumento di capitale di 300 milioni, destinati per un 40% ad essere assorbiti, dal marzo prossimo, dalle sole tasse aeroportuali, aumentate a 10 milioni al mese.
Telecom ha debiti per 40 miliardi e un patrimonio netto negativo di 17 miliardi. «Patrimonio netto negativo» significa che le sue perdite in attesa di copertura, sottratte a tutto ciò che l’azienda possiede (capitale sociale, rete, immobili, titoli), danno un risultato di -17 miliardi.È una mossa disperata anche quella degli spagnoli, che hanno conti orribili allo stesso modo: debiti per 66,8 miliardi e patrimonio netto negativo per 22. Bastano questi numeri per capire che anche l’acquisizione da parte loro non è l’ultimo atto di una tragedia industriale e finanziaria che si trascina dall’Opa del 1999 di Colaninno-Gnutti. Quasi certamente Telefonica, l’anno prossimo, diventerà socio al cento per cento di Telco, venderà Tim Brasil e Argentina, e cercherà di guadagnare in Italia, cosa non semplice dato che quello italiano è un mercato maturo, a redditività sempre più bassa e dove servono investimenti almeno per trasformare la vecchia rete in una rete a banda larga. Investimenti enormi.
In Italia funziona il sistema delle scatole cinesi. Invece di possedere Telecom, possiedo una società che di Telecom ha solo il 22%, ma comando lo stesso perché il resto è in Borsa e dunque è come se avessi il cento per cento. Un vecchio trucco, che ha consentito, per esempio agli Agnelli, di controllare il loro impero con percentuali che erano anche inferiori al 3% (basta costruire una scatola che controlla una scatola che controlla una scatola e così via all’infinito fino a che alla scatola messa in cima alla piramide basta uno zero virgola per comandare su tutto). L’operazione, per ora, riguarda appunto Telco, la società che controlla Telecom. In Telco, residuato della vecchia gestione Tronchetti (allora si chiamava Olimpia), i soci sono Telefonica, Generali, Intesa e Mediobanca. Un aumento di capitale, sottoscritto tutto da Telefonica, porterà la compagnia spagnola al 66% e ridurrà le altre, rispettivamente, al 19,32 (Generali) e al 7,34 (Intesa e Mediobanca). In seguito, con altri aumenti di capitale, acquisto di azioni dai due partner e opzioni call (diritto di acquisto a prezzo predeterminato), Telefonica arriverà al 70% e forse al 100 per cento. Nel frattempo si scioglierà il patto di sindacato.
Il premier Letta assicura che il governo vigilerà sul caso Telecom, anche se gli spazi di manovra sono limitati: «Si tratta di una società privata». Il presidente del Consiglio, in visita negli Stati Uniti, ha dichiarato: «Guardiamo, valutiamo, stiamo nel mercato europeo». Parlando a margine dei lavori per la 68esima Assemblea Generale dell’Onu, il premier ha voluto mettere a tacere le polemiche sorte all’indomani dell’intesa sulla holding che controlla Telecom e che la farà diventare spagnola: «Vigileremo perché ci sia massima attenzione ai profili occupazionali e agli aspetti strategici per l’Italia», ha aggiunto, spiegando che «Telecom è stata privatizzata e di tutte le privatizzazioni italiane non è stata uno dei più grandi successi». Il presidente del Consiglio ha infine chiarito che «se arrivassero dei capitali europei credo che aiuterebbero Telecom a essere migliore rispetto agli ultimi 15 anni».