“Un’altra svolta storica oggi! I nostri grandi amici di Israele e del Bahrein hanno concordato un accordo di pace, il secondo Paese arabo a fare pace con Israele in 30 giorni”: lo ha twittato Donald Trump, riferendosi agli accordi presi da Israele con Bahrein e, precedentemente, con gli Emirati Arabi Uniti. In realtà i Paesi in questione non erano in guerra con Israele: gli accordi servono per normalizzare le relazioni, a partire da quelle diplomatiche. Donald Trump, che pochi giorni fa aveva mediato un accordo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia, Kosovo e Israele stesso, si conferma attivissimo in politica estera in periodo pre-elettorale. Una strategia alquanto particolare quella del tycoon, che all’interno degli USA continua a perpetuare quella che di fatto è una guerra civile, mentre si impegna in maniera costante e sostanziale per la pace degli Stati esteri, molto ben vista dall’opinione pubblica.
Ancora una volta, chi ne gode maggiormente è il premier israeliano Benjamin Netanyahu, secondo il quale questi accordi possono segnare l’inizio di “una nuova era di pace”. Il leader del Likud ha ringraziato Trump e si è congratulato con lui per il lavoro svolto, dichiarando che “Questi accordi sono il frutto di un gran lavoro dietro le quinte, ma si sono realizzati grazie all’aiuto importante del nostro amico, il presidente degli Stati Uniti, il presidente Trump”. Secondo il primo ministro d’Israele, questa normalizzazione dei rapporti con gli Emirati ed il Bahrein porteranno grandi vantaggi all’economia dello Stato ebraico: “La pace in cambio della pace. L’economia in cambio dell’economia. Abbiamo investito nella pace per molti anni e adesso la pace investe in noi. Porterà con sè grandi investimenti nella economia di Israele”.
Entrambi i trattati verranno firmati alla Casa Bianca il 15 settembre, con l’enorme delusione da parte della Palestina, che ha accusato il Bahrein di averne tradito la causa. Nelle settimane scorse, l’ex Mufti palestinese aveva avvertito che i palestinesi impediranno la partecipazione ai riti religiosi alla moschea al-Aqsa di cittadini di paesi arabi “che arrivino attraverso l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv”. È in effetti evidente che, seppur è indubbio che la normalizzazione dei rapporti tra Stati così diversi sia un bene, l’attivismo di Trump nella ricerca di accordi tra Israele e gli Stati potenzialmente alleati della Palestina sia una precisa scelta di campo del Presidente USA, che mette in seria difficoltà lo Stato di Palestina, il cui territorio è già occupato de facto in gran parte dagli indesiderati vicini.