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Addio a Carlo Giuffrè

Carlo Giuffrè ci saluta così: in un primo novembre piovoso, in punta di piedi, col garbo silente ed elegante che porta con sé gli umili ma anche i più grandi di sempre. Tanta Arte con la “A” maiuscola ha contraddistinto la sua carriera. Una vita sospesa tra Teatro – quello universale di Eduardo De Filippo, ma anche tanta sperimentazione e contaminazione tra generi differenti – e Cinema, con qualche apparizione in tv.

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Con Carlo Giuffrè – che avrebbe compiuto 90 anni il 3 dicembre prossimo – si chiude un’epoca di talento viscerale e sofferto per la narrazione della verità della vita, la missione chiaroscurale volta a evidenziare luci e ombre che accompagna i mestieranti del palcoscenico che hanno sempre evitato di scadere nel divismo. Carlo Giuffrè rappresentava prima di tutto Napoli, quella autentica, fatta di uomini dediti all’arte con talento ma umili nel costruire la propria carriera con quella gavetta necessaria, fatta di tanta passione ma anche di tanto studio. Dopo aver frequentato l’Accademia d’arte drammatica, nel 1948 cominciò a calcare i primi palcoscenici col fratello. Poi, l’anno dopo, il grande successo a teatro con il più grande di tutti: il Maestro Eduardo de Filippo. Con questa esperienza arrivò la consacrazione per l’allora giovanissimo Carlo. Il legame tra la famiglia Giuffrè ed Eduardo fu talmente stretto che in età matura Carlo volle nuovamente onorare il grande maestro a teatro, reinterpretando le sue opere più famose: “Natale in casa Cupiello”, “Napoli milionaria” e “Non ti pago”.

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Si può certamente affermare che Carlo Giuffrè sia stato “eduardiano” non solo per le opere portate in scena, ma anche per il modo di concepire ed organizzare l’attività teatrale. Il valore del gruppo, che era spesso sinonimo di famiglia, è stato per lui fondamentale. Chi lo ha visto in scena ha percepito perfettamente il lavoro corale che si celava dietro ciascuna opera: sul palco c’era sempre l’intera “famiglia”, mai soltanto il solista.

Non solo Teatro, ma anche Cinema nella vita di Carlo Giuffrè: lo ricordiamo negli anni ’60 in pellicole come “Tom Jones” e “I Giacobini”. Nel decennio successivo ha sostenuto il passaggio cinematografico alla commedia all’italiana portando sulla pellicola il personaggio di Vincenzo Maccaluso nella “Ragazza con la Pistola”. Nel 1971 condurrà anche il Festival di Sanremo. L’ultima apparizione di Giuffrè risale al 2015, con l’adattamento teatrale di “Schindler’s List”, il film diretto da Steven Spielberg.

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Sintetizzare le tappe della vita e della carriera di un pilastro dell’arte italiana non è facile. Spesso in questi momenti si tende ad enfatizzare la grandezza e a dimenticare i detrattori e i critici che ad inizio carriera non sono mancati nemmeno per Carlo Giuffrè, ritenuto “vecchio” e non alla moda in certi ambienti di esperti teatrali – o presunti tali – che vedono nella critica l’unico modo per emergere. Ad ogni modo, con questo grande artista se ne va un’epoca d’oro della commedia dell’arte italiana, forse irripetibile.

Ciao Carlo, ci mancherai! Tanti come me possono dire di averti amato, e vorrebbero rivolgerti un ultimo “grazie”: grazie perché su quel palco hai portato i sentimenti e le verità di tutti coloro che sono stati tuoi spettatori ed estimatori. In quel teatro ci siamo sentiti un po’ attori anche noi: attori inconsapevoli della vita e dell’arte che la vita spesso ci mostra d’improvviso.

Data:

2 Novembre 2018