La Relazione Istat pubblicata ieri denuncia una situazione dei giovani italiani allarmante: quasi un ragazzo su due tra i 18 e i 34 anni (4 milioni e 870 mila persone) ha almeno un segnale di deprivazione e circa 1,7 milioni di giovani (quasi un quinto di chi ha tra 15 e 29 anni) non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione (sono i cosiddetti Neet). La quota di Neet resta sopra la media Ue di oltre 7 punti, più bassa solo a quello della Romania. Sono dati sui quali la politica – incapace di valorizzare il merito e di arginare il precariato – non interviene se non opponendo proprie cabale.
Mentre il Paese invecchia e la polarizzazione sociale è evidente siamo costretti a sentire che il governo è “soddisfatto” dell’aumento dei posti di lavoro. Quale lavoro? Il lavoro è quello descritto nella Costituzione della Repubblica (art. 4 che i “governanti” dovrebbero leggere) e quello che l’Europa, anche quest’anno, vuole che l’Italia rispetti (ennesima condanna aperta contro il governo: la Commissione europea aveva avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di costituzione in mora nel dicembre 2020).
Lascio io in disparte il giudizio morale sulle dichiarazioni rese dalla politica e dagli avventurieri della disinformazione ma non posso non riportare quelle di Papa Francesco che più volte ha ribadito che un’economia più giusta e più produttiva è l’infrastruttura istituzionale: occorre investire per un lavoro giusto e dignitoso contro il «feticcio della liquidità» che, come scriveva J.M. Keynes, alla fine finisce solo per distruggere ricchezza. A dispetto di chi non crede che quella economica sia sempre una questione di «valore» — come Weber ha insegnato — bisogna che impresa e politica cooperino: non dunque «un reddito per tutti, ma un lavoro per tutti, perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti». La strada opposta dell’assistenzialismo porta i nostri giovani nel baratro.
Vivono una stagione all’insegna di crescenti e diffuse paure i nostri adolescenti e ancora più tenebroso appare loro il futuro in cui temono innanzi tutto degrado ambientale, guerre e catastrofi naturali indotte dall’uomo. Sempre più “social” nella loro vita e soprattutto una dipendenza psicologica sempre maggiore da influencer e fashion blogger che rappresentano i modelli da seguire ad ogni costo. La scuola la vorrebbero ovviamente in presenza, ma in grado di utilizzare al meglio la tecnologia di cui oggi si dispone e, soprattutto, in grado di trattare in modo sistematico argomenti per loro di grande interesse (primi tra tutti educazione sessuale e sostenibilità ambientale). Google, Instagram e Tik Tok le nuove fonti di informazione, con buona pace dei giornali (cartacei e online) ed anche della televisione.
Ma vediamo nel dettaglio di comprendere meglio i contenuti della questione considerando i risultati dell’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia – edizione 2023 – realizzata annualmente da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD, con il supporto operativo di Mediatyche s.r.l., su un campione nazionale rappresentativo di 5670 studenti tra i 13 e i 19 anni.
E il cielo è sempre… meno blu
Futuro incerto e preoccupante per il 52,4% degli adolescenti, con le ragazze che arrivano al 58,6%. Gli ottimisti e fiduciosi si fermano a sfiorare il 47%.
Un dato assolutamente allineato con quello registrato nell’indagine dello scorso anno quando la pandemia era ancora all’ordine del giorno e la guerra in Ucraina era appena iniziata.
Quello che spaventa di più, riguardo al futuro, sono il progressivo degrado ambientale e le catastrofi naturali anche prodotte dai comportamenti umani (80%), mentre guerre ed epidemie (nonostante tutto) preoccupano meno (74 % e 61,7%).
Un cambio di atteggiamento drastico considerando che solo lo scorso anno guerra e pandemia erano le preoccupazioni maggiori. Sul fronte opposto l’unica certezza positiva che il futuro sembrerebbe garantire è la cura delle malattie (90,8%). “La memoria breve, anzi brevissima, è una delle caratteristiche che connota non solo gli adolescenti ma tutta la società odierna – commenta Fulvio Scaparro, psicologo dell’infanzia e dell’adolescenza e referente dell’area psicologica di Laboratorio Adolescenza – Una capacità sconcertante di voltare pagina e rimuovere il passato anche recentissimo o nemmeno passato (come la guerra in Ucraina, i femminicidi, la condizione dei migranti…). Se il futuro è ovviamente sempre un’incognita, la rimozione del passato, e quindi dell’esperienza vissuta, che sono le fondamenta del futuro individuale e collettivo, non promette niente di buono. Causa o effetto – non si sa – di questa visione certamente non ottimistica del futuro, il 64% (80,1% delle ragazze) si sente (spesso o qualche volta) triste. Per il 35% i momenti di tristezza sono aumentati rispetto al passato e per un ulteriore 15% sono diventati più altalenanti. In aumento anche, rispetto allo scorso anno, la percentuale di adolescenti che conosce coetanei (amici e/o compagni) che compiono atti di autolesionismo (38,2% vs 31,8%). [per ragioni di privacy non è stata posta la domanda diretta] Sul fronte della percezione del proprio corpo, il 40,3% (51% delle ragazze) non è soddisfatto del proprio aspetto fisico e l’insoddisfazione aumenta all’aumentare dell’età. Un dato sostanzialmente stabile nel tempo, ma cambia, rispetto al passato, il fatto che a “dettare le regole” per decidere se piacersi o meno sono gli amici (lo afferma il 47%), ma soprattutto influencer, fashion blogger, pubblicità, moda, che condizionano oltre il 72% dei giovanissimi. Ed è anche interessante osservare che, mentre tradizionalmente sono sempre state le ragazze a subire maggiormente l’effetto di giudizi e modelli esterni, ad influencer & C è sensibile anche un’ampia maggioranza di maschi (62%).
Un fenomeno nuovo che Alessanda Marazzani, psicologa e membro del consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza, spiega parlando di una sorta di “annacquamento”, certamente estetico ma non solo, delle differenze di genere: “Un fenomeno che non ha alcuna attinenza con il mondo LGBT e l’identità di genere, ma che – basta vedere le pubblicità della moda – tende ad uniformare l’immagine estetica di maschi e femmine. Da qui un’attenzione mai registrata prima, da parte dei maschi, all’aspetto estetico e quindi al giudizio sul proprio aspetto fisico.
Il mondo attraverso i social
Per informarsi su ciò che accade nel mondo solo poco più del 3% degli adolescenti utilizza i tradizionali giornali cartacei. Va un po’ meglio, ma neanche tanto, per i giornali online (20,7%), ma la rassegna stampa dei teenager è tutta Internet e social: Google, Instagram, TikTok e YouTube. Anche la TV è ormai frequentata da meno della metà degli adolescenti. Lo “scrollare” sui social – che ovviamente propongono una selezione già orientata ai propri “gusti” – dà la news e poi, in caso interessi approfondire, c’è YouTube ma, innanzi tutto Google. Google è una sorta di “oracolo” dei nostri giorni che ha risposte per tutto a patto di essere in grado di separare la farina dalla crusca. Ma loro, i rappresentanti della generazione Z, giurano di saperlo fare. Mentre TikTok, sempre più utilizzato (siamo passati dal 28,7% di utilizzatori nel 2020 al 73,3% di oggi), anche i ragazzi sanno che sul versante news va preso un po’ con le pinze, perché le“fakes” sono tante. Facebook semplicemente “non c’è più”: lo utilizza solo il 17,5% (era il 65% nel 2014 e il 33,8% nel 2020).
Tranne Facebook, tutti gli altri social più importanti crescono, da Pinterest (specie tra le ragazze) a Twitter, da Snapchat a Telegram: segno evidente che sta costantemente aumentando il tempo dedicato a questi strumenti. L’unico social dal quale gli adolescenti restano comprensibilmente distanti è LinkedIn, mentre preoccupa l’incremento di OnlyFans (una sorta di TikTok senza censure) dove è possibile postare e vedere (a pagamento) contenuti ad esplicito riferimento sessuale. Lo frequenta abitualmente il 7,5% dei nostri teenagers (12,5% dei maschi), mentre nel 2020 la percentuale era sotto l’1%.
La scuola del futuro: nuove tecnologie, educazione sessuale e rispetto dell’ambiente
Che il Covid e la conseguente DAD abbiano inciso negativamente sulla preparazione scolastica ne è consapevole il 68% degli studenti intervistati, ma a differenza – forse – di molti insegnanti che non hanno visto l’ora di smantellare e seppellire Internet e la DAD, l’80,7% degli studenti ritiene – ragionevolmente – che la scuola dovrebbe sempre essere in presenza, ma utilizzando metodi e strumenti innovativi basati essenzialmente sulle potenzialità offerte da Internet. Prendere, cioè, il meglio di quanto sperimentato durante la pandemia per rendere la scuola più moderna. Solo il 10% vorrebbe la scuola vecchio stile mentre l’8% la vorrebbe tutta “online”, ma utilizzando piattaforme e metodi più evoluti di quelli adottati in emergenza durante la pandemia Covid. E nell’ambito della scuola in presenza, se il 47% ancora preferisce la classe tradizionale (strutturata come è oggi), il 40% punta su classi ad “assetto variabile”: aule e insegnanti dedicati alle differenti discipline con compagni di classe di volta in volta diversi. Così come l’86,6% vorrebbe – nelle scuole superiori – che il piano di studi potesse in parte essere personalizzato con alcune materie scelte dal singolo studente. Qui il richiamo al modello statunitense, conosciuto dai ragazzi attraverso decine di serie televisive ambientate nei college, è evidente, ma il desiderio di una scuola un po’ meno ingessata e più vicina agli interessi degli studenti è più che ragionevole. Tra le “materie” che gli studenti vorrebbero inserire in modo sistematico nel piano di studi ai primi posti, quasi a pari merito, compaiono “educazione sessuale” e “sostenibilità e protezione dell’ambiente”. Al terzo posto – ma al primo posto secondo le ragazze (84%) – “educazione al rispetto delle diversità (genere, etnia, religione…)”
Che farò…. da grande
Solo il 34% degli adolescenti pensa che continuerà a vivere nella stessa città o regione in cui vive attualmente. Il 30% circa pensa di spostarsi dall’attuale residenza, mentre la maggioranza relativa vede il suo futuro all’estero.
Più orientate allo spostamento le ragazze rispetto ai ragazzi, così come l’idea di lasciare la propria città aumenta all’aumentare dell’età.
Riguardo alla sfera personale, la netta maggioranza (71,1%) “si vede” in un rapporto di coppia stabile e di convivenza/matrimonio, con figli, mentre circa il 10% (più le femmine che i maschi) ha in mente una vita da single.
Notti in bianco
Un’eredità negativa, certamente lasciata dal Covid, è la cattiva abitudine di andare a dormire tardissimo anche se il giorno dopo c’è scuola. Se durante il Covid qualche ora di sonno si poteva recuperare la mattina, perché “andare a scuola” significava alzarsi e – magari ancora in pigiama – accendere il computer, oggi la sveglia è tornata a suonare molto prima. In più, è elevatissima – rimasta sostanzialmente immutata dai tempi del Covid – la percentuale di chi afferma di fare fatica ad addormentarsi (71,9%).
Dove i motivi principali di questa difficoltà vengono indicati nella preoccupazione per la scuola 60,7%; pensieri negativi 58,1%; nervosismo immotivato (57,8%). Ma anche nella “banale” mancanza di sonno (60%). E proprio sulla “mancanza di sonno”, una delle cause che può determinarla è l’utilizzo serale e notturno di smartphone e computer, spesso a letto fino ad un attimo prima in cui decidono di cercare di addormentarsi, perché le stimolazioni luminose e la luce bianca/bluastra dei monitor risultano essere dei forti inibitori della produzione di melatonina che è l’ormone che ci fa addormentare.
Di fronte alla difficoltà a dormire – afferma Giovanni Biggio, Professore Emerito di Neuropsicofarmacologia all’Università di Cagliari – se l’obiettivo strategico deve essere quello di cercare ed agire sulle cause e gli stili di vita che determinano la situazione, si deve contestualmente intervenire tempestivamente anche sugli effetti, perché le conseguenze del dormire poco e male si manifestano molto velocemente: dalla stanchezza psicofisica al cattivo umore e alla facile irritabilità, dalla difficoltà nella concentrazione e nell’apprendimento alla perdita di memoria, all’alterazione della capacità decisionale, al calo di interesse per le attività quotidiane. Melatonina (che ripristina e normalizza il “ritmo circadiano” veglia-sonno) e una integrazione a base di estratti di zafferano (che agiscono su irritabilità e cattivo umore) sono due rimedi totalmente naturali ed innocui che possono aiutare a gestire il problema.