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Afghanistan ancora sotto attacco

Kabul ancora una volta si è trovata protagonista di uno scenario di guerra. Un nuovo attacco da parte di squadre armate, ha colpito nella mattinata di ieri il tempio della comunità sikh della cittadina afghana, producendo un bilancio di 25 morti. Al momento dell’attacco secondo quanto riportato da Narender Singh Khalsa, parlamentare afghano rappresentante della comunità sikh, erano presenti sul posto 200 fedeli. Si parla infatti all’incirca di 150 ostaggi, la cui protezione è affidata alle forze di sicurezza che asserragliano il perimetro dell’edificio seguendo le direttive del Ministero dell’Interno, il cui portavoce Tariq Arian fa sapere: “Il primo piano del tempio è stato sgomberato e diverse persone intrappolate sono state salvate, mentre le forze speciali stanno cercando di salvare il resto dei civili il più presto possibile“.

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L’attacco rivendicato dall’Isis, come notificato dal Site, il sito di monitoraggio dei gruppi jhiadisti, sarebbe stato invece estraniato dal principale portavoce dei combattenti dell’Emirato islamico, Zabihullah Mujahid. Questa tragica parentesi si va ad aggiungere dunque al lungo capitolo di discriminazioni e violenze ai danni delle comunità sikh e indù in Afghanistan, che hanno costretto molti fedeli ad abbandonare quei territori comportando una vertiginosa riduzione della loro presenza nel paese, dai 200.000 di 30 anni fa ai 1.500 di oggi.

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Ma la situazione in Afghanistan è quanto mai instabile non solo per gli ininterrotti attentati a sfondo minatorio nei confronti di determinate comunità religiose, bensì anche a livello dei rapporti diplomatici. Risale agli ultimi giorni infatti la notizia di tagli equivalenti ad un miliardo in termini di aiuti da parte degli Stati Uniti, dopo l’aborto della missione del segretario di stato Mike Pompeo, accorso in Afghanistan con l’obiettivo di convincere il presidente Ashraf Ghani e il rivale Abdullah Abdullah a mettersi d’accordo per formare un governo di unità nazionale, nell’ambito degli accordi di pace che si erano ottenuti con i teleban.

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Trump intende ritirare nell’arco di 4 mesi, un terzo dei 13.000 soldati attivi al momento sul territorio afghano, mirando a finalizzare gradualmente il rimpatrio entro la prossima primavera. Ghani e Abdullah dovrebbero quindi trovare presto un compromesso, nell’ottica di una sostenibilità politica ed economica del paese, martoriato da decenni di soprusi, dall’invasione sovietica, all’occupazione di Kabul da Mullah Omar, guida spirituale dei talebani afghani, fino all’intervento degli States. In caso contrario lo scenario che gli si aprirebbe dinnanzi, vista la prevista ritirata delle truppe straniere, una certa vulnerabilità alla rivendicazione delle milizie armate.

Data:

25 Marzo 2020