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“AFRICA MIA BELLA, TORNA A SORRIDERE”

Ci sono, in un paese ricco di bellezza, due popoli -gli Hutu e i Tutsi- fisicamente diversi ma abituati alla convivenza reciproca. Le differenze non costituiscono motivo di dissapore o, almeno, non di acceso dibattito.

cms_1915/Tutsi-and-Hutu.jpgVivono insieme ciascuno con le proprie abitudini. Esiste la diversità ma non é fomentata dall’odio. La situazione cambia con l’arrivo degli Europei. I colonizzatori. Gli amanti delle conquiste. Oh, l’Europa ha sempre guardato all’Africa con malizia. E’ piena di risorse. Ovunque ti giri, c’è qualcosa che frutta interessi. Dunque non la si può mica lasciare lì in pace. Bisogna portare democrazia, regole e quant’altro. Certo perché noi siamo “civilizzati” nel senso che insegniamo l’odio agli altri. Se sono tranquilli, seminiamo terrore. Se sono in pace, li attrezziamo per l’arte della guerra. Come dicevo, la democrazia prima di tutto! Proviamo a chiedere ad un Hutu o ad un Tutsi se vogliono i nostri insegnamenti “democratici”. Domandiamolo ad uno che è nato e cresciuto in Africa. Atu, ad esempio, oggi è particolarmente stanco. Non è una stanchezza fisica bensì mentale. Si chiede come mai questa vita sia così difficile. Si sente invaso dallo sconforto. Ci sono delle notti in cui il cervello lo aggredisce in modo terribile. I sogni diventano incubi e prendono la forma della paura. Sembrano divorarlo. Lo attendono sulla soglia dell’imbrunire, pronti a ricordargli quello che è accaduto. Ciò che lui cerca di scacciare durante la giornata, diventa il suo persecutore accanito di notte. Impossibile sfuggire ai fatti. L’inconscio continua a vincere la partita. L’invisibile attanaglia il visibile in una morsa senza via di scampo. Lui ricorda nitidamente quel giorno. Il più orribile della sua vita. Ogni volta che ci pensa, inizia a sudare e a tremare. E’ coraggioso Atu. Perlomeno fino a quel dì. Una questione di poche ore.

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All’improvviso, un gruppo consistente di uomini, entra nel suo villaggio. Fanno il loro ingresso armati di machete. Inizia la carneficina. Paiono dei macellai fatti e finiti. Un colpo qui, uno lì. Colpiscono, recidono, uccidono. Si sentono le urla. E’ il dolore di chi subisce un’ingiustizia. Continuamente ricordiamo la Shoah e ci ripetiamo che non deve più accadere. Dalla Shoah fino ad oggi, si sono succeduti ancora genocidi. Alcuni passati silenziosamente, altri invece sotto i riflettori dei media. Tuttavia nulla si è fatto per fermare davvero le guerre nel mondo. C’è sempre un interesse che vale più della vita. L’esistenza umana non é paragonabile all’importanza del denaro. Il fatto è che non ci si rende conto di aver innestato delle bombe ad orologeria che prima o poi scoppieranno ritorcendosi contro -qualcosa è già scoppiato e alcuni stati iniziano a fare ammenda!-.

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Forse, per qualcuno, fare la guerra é sinonimo di ingenti guadagni. Un ragionamento che oggi non vale più. La violenza crea il peggiore deserto di vita, quello privo di amore. Atu è una persona di pura fantasia. Sicuramente esiste in qualche posto del Ruanda, ha un cuore un cervello, due occhi, degli organi funzionanti, una sola gamba ed un solo braccio. Qualcuno gliel’ha mozzati, insieme alla sua dignità. Però la vita è altro. Lo dice anche Atu mentre guarda sospirando il cielo stellato. Il cielo africano è uno dei migliori da osservare in tutto il mondo. Limpido, intenso, di colore blu scuro, illuminato dalle stelle. Poi c’è la Luna che rapisce il cuore. Lui, come tanti altri, sogna di svegliarsi e vedere la pace nel suo continente. Una frase aleggia nel suo cuore: “Africa mia bella, torna a sorridere”.

Data:

7 Marzo 2015