Io sono come la lupa
Io sono come la lupa. Me ne vado sola e rido
del branco. Mi guadagno il cibo ed è mio
dovunque sia, poiché ho una mano
che sa lavorare e cervello sano.
Chi mi può seguire venga con me,
ma io me ne sto ritta, di fronte al nemico,
la vita, e non temo il suo impeto fatale
perché ho sempre un pugnale pronto in mano.
Il figlio e dopo io e dopo… quel che sia!
Quel che prima mi chiami alla lotta.
Talvolta l’illusione di un bocciolo d’amore
che so sciupare prima ancora che diventi fiore.
Alfonsina si descriveva come una donna forte, capace di dedicarsi ad ogni tipo di lavoro, di ragionare con saggezza e addirittura di porsi “ritta, di fronte al nemico, la vita”, perché provvista delle necessarie armi di difesa. Quando però nella sua vita si presentò la malattia quella terribile, quella che credette di non poter vincere, preferì andare via.
Alfonsina consegnò la sua vita al mare nell’ottobre del 1938, all’età di quarantasei anni. Il tumore era tornato, cadde in depressione, si affidò al mare,il Mar del Plata, davanti alla spiaggia “La Perla”. Nella camera d’albergo in cui soggiornava, una lettera all’amato figlio e questa ultima sua poesia:
Vado a dormire
Denti di fiori, cuffia di rugiada,
mani di erba, tu, dolce balia,
tienimi pronte le lenzuola terrose
e la coperta di muschio cardato.
Vado a dormire, mia nutrice, mettimi giù.
Mettimi una luce al capo del letto
una costellazione; quella che ti piace;
tutte van bene; abbassala un pochino.
Lasciami sola: ascolta erompere i germogli…
un piede celeste ti culla dall’alto
e un passero ti traccia un percorso
perché dimentichi… Grazie. Ah, un incarico
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, che sono uscita…
Alfonsina Storni Martignoni era nata a Sala Capriasca, un paesino vicino a Lugano il 29 maggio 1892 e nel 1896 si era trasferita con la famiglia a Buenos Aires. Inizialmente lavorò nella trattoria che aprirono i suoi genitori, poi intraprese la carriera di attrice, studiò per diventare maestra rurale, divenne insegnante in una scuola di teatro per bambini presso il Conservatorio de Musica y declamation a Buenos Aires: Fu la prima ad organizzare per loro laboratori teatrali ed a scrivere testi.
Elzevirista,saggista, autrice di testi teatrali, regista, autrice di reportage narrativi, la maggior parte dei quali firmati con uno pseudonimo, Tao Lo, Alfonsina era anche una famosa e bravissima poetessa, tanto da essere inserita tra le poetesse più importanti viventi nel continente americano insieme a Juana de Ibarbourou e Gabriela Mistraln dal Ministero dell’istruzione dell’Uruguay (gennaio 1938).
DUE PAROLE
Questa notte all’orecchio m’hai detto due parole.
Due parole stanche
d’esser dette. Parole
così vecchie da esser nuove.
Parole così dolci che la luna che andava
trapelando dai rami
mi si fermò alla bocca. Così dolci parole
che una formica passa sul mio collo e non oso
muovermi per cacciarla.
Così dolci parole
che, senza voler, dico: “Com’è bella la vita!”
Così dolci e miti
che il mio corpo è asperso di oli profumati.
Così dolci e belle
che, nervose, le dita
si levano al cielo sforbiciando.
Oh, le dita vorrebbero
recidere stelle.
Era una donna libera autonoma, una femminista ante litteram. Ragazza madre, aveva un figlio, Alessandro e mai rivelò il nome del padre. Viveva da donna emancipata e libera da pregiudizi. Si definiva donna del XX secolo ed esortava tutti, uomini e donne ad essere coraggiosi, a manifestare le proprie idee, sempre comunque disposti all’apertura e alla tolleranza.
E rivolgendosi alle donne:
Dovremmo definirci le fuori-posto. Stiamo come fuori dal centro. Non ci inseriamo come si deve in nessun ambiente. Alcuni ci stanno stretti, altri larghi”. (dal suo testo “Cicaleccio”).
Riflessione di Francesca Coppola:
Come ogni donna artisticamente autentica era consapevole di tutto ciò che la circondava. L’esistenza vissuta sul ring, in una lotta sfiancante e la conseguente morte considerata evento ineluttabile. Un lupo pronto ad azzannare se costretto a difendersi, razionale quanto basta per delimitare la sofferenza in alcune camere del cervello , credendo così in maniera illusoria di controllarla. Il suo male è antico, esigente eredità degli avi, la libertà di pensiero e d’essere conquistata a caro prezzo, lontano dalle folle, lontano dalla protezione del gregge, sola e per questo esposta sempre di più. E si sa quando avvertiamo il pericolo anche un piccolo lembo di pelle lasciato alla vista altrui è venduto a caro prezzo, solo per timore che venga accoltellato. Anche lei, non volendo sottostare alla fatalità del suo destino, se ne cuce un altro fatto di perle e cristalli, una campana di vetro in fondo al mare dove continuare a sopravvivere, un gioiello chiuso in una conchiglia che ha tentato di schiudersi fino alla fine