BRUXELLES – “No, non c’è nessun conflitto di interessi tra la carica che ricopro nel Pd, come responsabile economico, e il mio ruolo di amministratore delegato della Omniaholding”.
A spiegarlo è Matteo Colaninno a Filippo Barone durante un servizio mandato in ondata a “La Gabbia”(La7) in cui il giornalista ha chiesto al politico se ci fosse un suo conflitto nel salvataggio di Alitalia, visto che Matteo è il figlio di Roberto Colaninno, presidente di Alitalia. La ricostruzione fatta è chiara: Alitalia, impresa privata, è appena stata salvata dal fallimento grazie ai soldi dei cittadini. Uno dei principali proprietari si chiama Immsi, società quotata in Borsa, controllata dalla Omniaholding, cassaforte della famiglia Colaninno – Matteo è ad – a cui fa capo anche la Piaggio di cui Matteo è vicepresidente e consigliere. Cariche che portano al deputato del Pd circa 300mila euro di emolomenti. Ma questo “non genera un conflitto perché – spiega Matteo Colannino – non ho un ruolo decisionale in azienda e presenzio solo 3 o 4 cda all’anno per telefono”.
La Commissione Ue ha “chiesto informazioni all’Italia sulle misure” prese per Alitalia, ed è “in contatto con le autorità”: lo ha detto il portavoce del commissario alla concorrenza Joaquin Almunia. La Commissione aveva già detto che non può escludere che si tratti di aiuto di stato e dunque va notificato.
Lupi: risponderemo a Ue, senza giustificarci – ’’Stiamo lavorando per rispondere anche all’Ue non dovendoci giustificare’’. Così il ministro dei trasporti Maurizio Lupi a proposito della richiesta dell’Ue di informazioni sull’operazione Alitalia-Poste. ’’Presenteremo tutta la documentazione richiesta per permettere di verificare che non è un aiuto di Stato ma un grande progetto industriale’’.
Tajani,si dimostri Poste agisce con logica mercato – La normativa europea ’’non discrimina le società controllate dallo Stato, si deve però dimostrare che l’investimento avviene secondo una logica di mercato. Questa è la chiave per valutare la partecipazione di Poste alla proprietà azionaria di Alitalia’’. Così il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, ha risposto ai cronisti che gli chiedevano un commento sulla possibilità che l’intervento di Poste nella compagnia aerea si possa configurare come aiuto di Stato. Per Alitalia, ha detto in seguito Tajani, ’’bisogna trovare un partner industriale che permetta all’impresa di essere competitiva e guardare con grande attenzione alle scelte collegate a un aumento delle presenze turistiche, con riferimento in modo particolare a Expo 2015’’.
Passera, può ancora farcela, da Letta cosa giusta – “Con 75 milioni di sola garanzia il governo ha ’costretto’ i soci privati a metterne almeno 225, forse 300. Alitalia vuol dire almeno 30.000 posti di lavoro ed è un elemento fondamentale dei trasporti e del turismo italiani. Sorprende sentir dire che tutto ciò non vale neppure un centesimo di soldi pubblici”. Lo spiega al Messaggero l’ex ministro Corrado Passera, che alla domanda se ce l’abbia con Monti o con Carlo De Benedetti, replica: “Alcuni parlano senza sapere. Non è mai una buona notizia dover intervenire con risorse pubbliche in situazioni di crisi, ma è poco saggio non tener conto del costo pubblico del non intervenire. Se anche dovesse sottoscrivere tutta la sua parte, lo Stato, attraverso Poste, si troverà a detenere una quota di capitale simile a quello dello Stato francese in Air France, vale a dire il 16%”. “La scelta – ammette Passera sul coinvolgimento di Poste – ha meravigliato anche me. Ma credo sia stata una conseguenza del fatto di non disporre di strumenti pubblici o privato-pubblici più adatti”. Alla domanda se non ci fossero alternative, Passera osserva: “La soluzione del commissario avrebbe comportato la chiusura di fatto: 15.000 lavoratori a rischio, probabilmente almeno altrettanti nell’indotto,gli aerei sequestrati in giro per il mondo,fuga precipitosa dei passeggeri verso altre compagnie. Le casse pubbliche avrebbero dovuto sostenere un onere enorme, ben superiore a 75 milioni. Per non parlare delle conseguenze sugli hub italiani”.
Sulla possibilità che Alitalia riesca a trattare alla pari con Air France, Passera afferma:”Senza questo aumento di capitale sarebbe molto più difficile far valere gli interessi del nostro Paese. Da una cessione con il cappello in mano ci si può solo aspettare un forte restringimento della compagnia e dell’hub di Fiumicino. Air France vive una situazione problematica di per sé, e difficilmente potrebbe sostenere, da sola, il rilancio di Alitalia. Probabilmente la trasformerebbe in un puro fornitore di passeggeri per Parigi. Anche in questo caso oneri pubblici di gran lunga superiori ai 75 milioni della garanzia”. “Da anni – sottolinea poi Passera – su Alitalia si fa tanta disinformazione. Berlusconi non fu determinante, senza i patrioti lo stato avrebbe speso molto di più”.
IL CASO
Restano le turbolenze in Alitalia anche dopo il tormentato via libera alla manovra di salvataggio da complessivi 500 milioni varata dai soci, di cui 300 in aumento di capitale, che però Air France ha tentato di stoppare votando contro la copertura delle perdite. La liquidità urgente per far fronte a pagamenti impellenti, attesa per ieri da parte di tre soci e delle banche, non sarebbe arrivata, creando nuovo nervosismo. A valle dell’assemblea terminata alle 3,30 di martedì 15, Immsi, Intesa Sanpaolo e Atlantia avevano preso l’impegno a concedere 65 milioni come anticipo dell’aumento.
E subordinatamente a ciò, Intesa e Unicredit avrebbero concesso un anticipo del bridge to equity (la garanzia sull’aumento di capitale) di pari importo. Questa mattina, in una call fra i vertici di Cai, i suoi legali (Sergio Erede), i rappresentanti dei tre soci e quelli delle due banche affiancati dall’avvocato Antonio Segni, si dovrebbe trovare una via d’uscita e consentire ad Alitalia di far fronte ai pagamenti. «Le vendite hanno registrato un progressivo deterioramento anche per il timore del blocco di attività», si legge nell’intervento di Gabriele Del Torchio letto in assemblea e allegato al verbale. «Enac ha monitorato la situazione minacciando ieri (lunedì scorso) l’applicazione della provvisorietà della nostra licenza e grazie al lavoro del vicedirettore Schisano è stata per il momento evitata. Inoltre tesissimi sono i rapporti con alcuni fornitori strategici». Tutti questi motivi, «incidono significativamente sul risultato dell’esercizio, peggiorandolo rispetto alle previsioni»
ALLARME DEI SINDACI
Ma la strada verso un atterraggio morbido è ancora accidentata. Come si legge nel verbale dell’assemblea redatto dal notaio Nicola Atlante di Roma, durante la trattazione del secondo punto relativo all’aumento da 300 milioni, il presidente Roberto Colaninno ha dato la parola a Erede. Il legale «riferisce di una lettera di Intesa Sanpaolo e Unicredit relativa alla rappresentazione data dal cda dell’11 ottobre sulla disponibilità a erogare nuove linee di credito». E qui la novità. Le due banche «intendono sostenere la ricapitalizzazione ma saranno disposte ad esaminare un incremento dell’esposizione finanziaria (i 200 milioni annunciati dal cda, ndr) solo dopo aver preso conoscenza del piano industriale, nella sua forma eventualmente rivista e i relativi fabbisogni finanziari e purché siano fornite adeguate garanzie». Insomma se ne parlerà ai primi del 2014. Ma prima di questo, l’assemblea ha approvato (ai sensi dell’articolo 2446 del codice civile) la situazione patrimoniale al 30 giugno procedendo alla copertura delle perdite del primo semestre 2013 (pari a 171,9 milioni), della perdita 2012 (pari a 225,1 milioni) e delle perdite riportate a nuovo da precedenti esercizi pari a 511,7 milioni. In totale 908,8 milioni. I soci hanno deciso l’utilizzo delle riserve per 501,1 milioni risultanti dalla situazione patrimoniale al 30 giugno 2013 e la riduzione del capitale da 668,3 a 260,6 milioni. Ed ecco la sorpresa: l’assemblea ha approvato con il voto contrario di Air France-Klm (e con l’astensione di Acqua Marcia). Riguardo la manovra di salvataggio, la relazione del collegio sindacale presieduto da Giovanni Barbara ha posto le seguenti condizioni: «Ai fini della continuità aziendale è necessario che l’attuazione della manovra finanziaria e la disponibilità dei soci a sostenere la società trovino formale manifestazione mediante assunzione di impegni entro ottobre e si proceda, anche prima, a versamenti anche parziali ma idonei a fronteggiare la situazione di illiquidità».