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ALLA RICERCA DELL’ANIMA

Il concetto di anima è uno dei temi più antichi e profondi della riflessione umana, un nodo centrale che intreccia filosofia, religione e scienza. Da sempre l’uomo si è interrogato sull’essenza della propria esistenza, sulla natura di quel principio vitale che sembra animare il corpo e trascendere i confini della materia tangibile. La filosofia ha a lungo considerato l’anima come il nucleo immateriale dell’individuo, una forza che definisce l’essere e orienta le sue scelte. Platone, ad esempio, la descriveva come un’entità eterna, proveniente dal Mondo delle Idee, che aspira a liberarsi dai vincoli corporei per tornare al suo stato originario di purezza. Al contrario, Aristotele vedeva l’anima come una realtà inseparabile dal corpo, definendola la forma di un essere vivente, ciò che ne consente la vita e le funzioni essenziali. Questi due approcci hanno segnato le radici della riflessione occidentale, generando una dialettica tra l’immateriale e il materiale che influenza ancora oggi il pensiero di quanti continuano a interrogarsi sull’arcano.

Con l’avvento della modernità, il concetto di anima è stato ripensato alla luce del razionalismo e del metodo scientifico, o almeno questo è ciò che si è tentato di fare. Cartesio, ad esempio, la identificava con il pensiero stesso, separandola nettamente dal corpo materiale. Questo dualismo ha dominato per secoli, ma con lo sviluppo delle neuroscienze e della psicologia, l’anima è stata progressivamente ricondotta alla coscienza, esplorata attraverso l’osservazione empirica delle funzioni cerebrali. Oggi, molti scienziati considerano il cervello come il centro delle esperienze umane, il luogo dove nascono il pensiero, il desiderio e la volontà. Tuttavia, questo approccio riduzionista lascia aperti interrogativi che non trovano alcuna risposta:
Cosa rende possibile la consapevolezza di sé?
Come si spiegano esperienze che sembrano trascendere la materia, come i sentimenti profondi, l’intuizione o il senso del sacro?
Nonostante i progressi, la scienza fatica a rispondere a queste domande, rivelando i limiti di una visione esclusivamente materialista e, probabilmente, quelli dello stesso metodo scientifico.

Le tradizioni orientali offrono una prospettiva differente, spesso complementare. Nella filosofia indiana, ad esempio, l’anima è vista come parte dell’immutabile principio universale, una scintilla del divino che pervade ogni essere. Il concetto di Atman, il sé profondo, è strettamente connesso al Brahman, l’assoluto. Qui l’anima non è separata dal corpo, ma partecipa di una realtà più vasta e interconnessa. Considerando questa corrente filosofica, tra l’altro tra le più antiche, è lecito affermare che la natura umana non può essere compresa pienamente senza un’apertura al trascendente, un tema che risuona anche nelle tradizioni mistiche occidentali ma che la scienza non contempla.

Nelle religioni abramitiche, ad esempio, il concetto di anima assume caratteristiche specifiche in ciascuna tradizione. Nell’Ebraismo, l’anima è vista come il principio vitale donato direttamente da Dio, rappresentato dal termine nefesh, che indica la vita e la coscienza. Questa visione è ampliata dal Cristianesimo, che considera l’anima immortale e destinata a un giudizio divino dopo la morte, in base al comportamento terreno. Sant’Agostino, influenzato dal pensiero greco, definiva l’anima come l’essenza dell’uomo, dotata di razionalità e capace di relazione con Dio. Mentre nell’Islam, l’anima (ruh) è descritta nel Corano come il soffio di Allah infuso nel corpo umano, un’entità eterna che ritorna al suo Creatore. In tutte queste tradizioni, l’anima è rappresentata idealmente come un ponte tra l’umano e il divino, ossia tra il mondo materiale e il trascendente.

Nel contesto dello spiritismo, che reputo opportuno citare in quanto corrente filosofica relativamente recente, l’anima è considerata un’entità immortale che attraversa un percorso evolutivo attraverso molteplici esistenze. Allan Kardec, il principale esponente dello spiritismo moderno, definì l’anima come lo spirito incarnato, una scintilla divina che vive esperienze terrene per progredire moralmente e spiritualmente. Questo ciclo di reincarnazioni ha lo scopo di perfezionare l’anima, rendendola sempre più vicina alla perfezione divina. Lo spiritismo attribuisce grande importanza alla comunicazione con gli spiriti, considerati anime disincarnate che possono interagire con i vivi per trasmettere conoscenze o influenze morali. In questa visione quindi, l’anima è un agente attivo in un miltiverso in cui i vari piani (cronotopi) sono interconnessi.

Come unire scienza e filosofia?

La mia personale concezione della realtà animica parte dal presupposto che l’intera realtà percepita e vissuta dall’essere umano sia, in verità, illusoria: un ologramma quantistico sviluppato dalla mente, utile per incrementare l’esperienza indispensabile affinché la coscienza primordiale possa esplorare ogni possibile situazione, sperimentando così ogni aspetto di se stessa e delle sue infinite potenzialità. In quest’ottica, l’anima può essere vista come una frequenza che trasporta informazioni, fungendo da ponte tra il corpo (hardware) e la coscienza primordiale (sistema operativo). La coscienza umana, invece, agisce come un software secondario: interpreta il vissuto nel contesto olografico, riceve e trasmette l’esperienza e permette il funzionamento dell’hardware corporeo. L’anima, essendo una frequenza, ossia energia pura, è immortale ed eterea, capace di muoversi attraverso diversi piani dimensionali. La quantità e la qualità delle informazioni trasportate dall’anima determinano le caratteristiche del “personaggio” nell’esperienza olografica: umano, divino, alieno o altro.

La scienza e la filosofia dovrebbero entrambe abbandonare i vecchi schemi per espandere la loro comprensione dell’anima e dell’intera realtà umana, una realtà che, in ultima analisi, esiste solo per se stessa: un mezzo indispensabile alla crescita e all’esplorazione della coscienza primordiale, che possiamo chiamare Dio.

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Data:

1 Dicembre 2024