Traduci

ALLARME INUIT

Per gli Inuit, l’Artide non è un luogo desolato o una frontiera da esplorare. È casa. Fin dalla notte dei tempi, vivono lassù isolati dal mondo, protetti dai ghiacci, in profonda connessione con la Natura. Grazie a tecniche di sopravvivenza tramandate di generazione in generazione, sono stati in grado di abitare per millenni uno dei luoghi più inospitali della Terra. Tuttavia, nel corso degli ultimi vent’anni, il cambiamento climatico ha rapidamente minato il loro tradizionale stile di vita e ora questo incredibile popolo indigeno si ritrova ora costretto a lottare ogni giorno per sopravvivere.

cms_3214/foto_2_.jpg

Secondo le Nazioni Unite, sono circa 160 mila gli Inuit che abitano le remote regioni artiche in Canada del Nord, Alaska, Groenlandia e Chukotka, nell’estremo nord-est della Russia. Oggi, queste popolazioni sono le prime vittime della rapida trasformazione del clima globale che sta letteralmente sciogliendo il loro ecosistema a un ritmo impressionante. Mentre i governi mondiali ancora dibattono e divergono sulle misure da adottare, per gli Inuit il cambiamento climatico è già una minacciosa realtà.

cms_3214/foto_3.jpg

In passato, gli anziani erano in grado di predire con precisione i fenomeni atmosferici e insegnavano ai più giovani a orientarsi nella sconfinata tundra artica osservando le stelle del cielo. Oggi invece, il clima dell’Artide è diventato totalmente imprevedibile e il paesaggio irriconoscibile.

cms_3214/foto_4_.jpg

D’inverno, le banchise, sempre più sottili e spezzate, rendono pericoloso il viaggio anche ai cacciatori più esperti; d’estate, fluttuano lontane sul mare, portandosi con sé foche e altri animali vitali per il sostentamento degli Inuit. Le ghiacciate autunnali tardano, il disgelo primaverile arriva prima e le tempeste di neve, più intense e frequenti, compromettono la pesca di sussistenza della popolazione.

cms_3214/foto_5_.jpg

Le alte temperature estive stanno sciogliendo il permafrost – lo strato di terreno perennemente ghiacciato che, in alcuni punti, può raggiungere centinaia di metri di profondità – su cui si reggono intere comunità indigene. Case, strade e porti cominciano a crollare, costringendo la popolazione a spostarsi nell’entroterra. Lungo le coste dei mari e le sponde dei laghi, giganteschi blocchi di ghiaccio crollano continuamente versando milioni di metri cubi d’acqua dolce nell’Oceano Artico. Nuove specie di pesci e volatili (come salmoni, rondini, tordi) sono state avvistate per la prima volta, mentre l’afflusso crescente di mosche e zanzare sta seriamente minacciando la vita umana e animale.

cms_3214/foto_6_.jpg

Questa repentina trasformazione climatica è confermata dalla NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), secondo cui l’Artide si sta surriscaldando a una velocità almeno doppia rispetto al resto del pianeta e, di questo passo, è destinata a sciogliersi completamente entro fine secolo. Uno scenario catastrofico. L’ecosistema artico, infatti, rappresenta un vero e proprio “barometro climatico”, poiché modera il clima globale attraverso costanti e prevedibili modelli atmosferici anno dopo anno. Riflettendo il calore all’esterno della Terra (attraverso il cosiddetto Albedo Effect), l’Artide ha mantenuto basso e costante il livello degli oceani per migliaia di anni e, intrappolando il carbonio nel ghiaccio marino e nel permafrost, ha agito finora da scudo contro il surriscaldamento globale. Ora invece, il permafrost si scioglie e le grandi quantità di diossido di carbonio immagazzinate vengono rilasciate nell’atmosfera, aumentando ulteriormente il surriscaldamento globale.

cms_3214/foto_7_.jpg

A peggiorare la situazione, c’è il rischio che la diminuzione dei ghiacci promuova e acceleri lo sviluppo industriale in una delle zone più fragili e vulnerabili del pianeta. Da un lato, un Artide disgelata potrebbe essere sfruttata come nuova rotta navale attraverso il Passaggio nord ovest – che collega l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico nell’Emisfero Boreale – accorciando di migliaia di chilometri i commerci intercontinentali. Dall’altro, con il 25 per cento del petrolio e del gas globale rimanente sepolto lì, sotto centinaia di metri di ghiaccio, la casa degli Inuit rischia di diventare l’ennesima miniera da spremere fino all’osso.

Autore:

Data:

2 Gennaio 2016