Se c’è un errore che oggi commettiamo è ritenere il mondo dei social come se fossero un posto a parte, avulso dal resto del contesto. La maggior parte degli utenti delle piattaforme di condivisione scambiano le proprie bacheche social come se fossero le loro stanzette private nelle quali ogni cosa è permessa, ogni parola o frase consentita. Comportarsi senza alcun riguardo per le conseguenze pratiche e morali di ciò che viene affermato sui social network rischia di trasformarsi però in un boomerang.
Spiare il profilo di un qualsiasi utente social è ormai pratica diffusissima sia per semplici curiosi sia per chi cerca di apprendere maggiori e, forse, più certe informazioni sul nostro conto. È il lavoro del recruiter, una professione in aperta evoluzione, a braccetto con l’affermarsi del web 2.0 e, con l’avvento dei social media, ancor più centrale nelle fasi di ricerca di personale. Se prima il lavoro del responsabile risorse umane o comunque di colui che si occupava di selezionare il personale per un’azienda era svolto in un primo momento con un’analisi dei curricula e poi con l’eventuale colloquio faccia a faccia, oggi vi è una professionalità, il recruiter, con un’abilità tecnologica come componente aggiuntiva in grado di relazionarsi sui social con potenziali candidati e clienti. Sono definiti perciò “Social Recruiter”, figure oggi molto giovani, abituate a utilizzare gli strumenti social nel quotidiano e che hanno cominciato a soppiantare il vecchio ruolo all’interno delle risorse umane delle aziende.
La possibilità di operare una selezione del candidato ideale attraverso i social accelera di molto i tempi e nel contempo pubblicizza la stessa azienda agli occhi dei candidati facendola apparire come un brand che offre lavoro, e dunque in buona salute e con una buona reputazione, attrattivo per potenziali candidati. Recrutare attraverso i social o anche con i social significa non aspettare che il giusto candidato risponda a un annuncio, ma vuol dire riuscire a intercettarlo prima ancora che si metta a cercare un nuovo impiego. Il recruiter 2.0 deve padroneggiare i social tutti, deve saperli usare in modo adeguato, conoscere i linguaggi di ognuno, capire dove cercare i candidati più adeguati per arrivare infine a identificarli senza che questi siano ancora a conoscenza di essere idonei per questa azienda. Per queste ragioni è oggi indispensabile curare la propria immagine social, la propria reputazione digitale, in maniera tale da non farsi trovare impreparati e soprattutto per costruire nella maniera più opportuna il proprio personal branding (non dimentichiamo che nell’ondata innovativa e tecnologica abbattutasi sull’intero pianeta, tutti noi siamo stati reificati e spersonalizzati).
La visibilità dei contenuti diffusi a un pubblico esteso è il cardine di un social network, il presupposto ineludibile del rapporto tra visibilità e socialità che costituisce l’ambiente digitale. Il proliferare di contenuti online appalesa una realtà in cui si è definitivamente allentato il rapporto tra intimità e identità a favore di una manifestazione esteriore di aspetti della propria riservatezza a scopo di consenso e tale da accrescere la stima di sé. Dimentichi della coalescenza tra pubblico e privato, ci dirigiamo a mostrare facce e modi della nostra esistenza che spesso sarebbe meglio rimanessero rinchiusi e protetti per non mettere a rischio la nostra professione. Presente e futura.