Brexit, May: “Lavoro per uscire il prima possibile
“Ho chiesto una proroga” della Brexit fino “al 30 giugno”. Ma “quello che conta è che qualsiasi proroga ci consenta di uscire nel momento in cui avremo ratificato l’accordo di ritiro, così potremo uscire il 22 maggio e costruire un futuro migliore. Lavoro per uscire il prima possibile in modo fluido e ordinato”. Lo dice il primo ministro britannico Theresa May, arrivando a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario sulla Brexit. “Avremmo potuto lasciare l’Ue, ma il Parlamento non ha approvato l’accordo e abbiamo bisogno di tempo extra per far passare l’accordo in Parlamento, cosa che ci consentirà di uscire in modo ordinato”.
Ad ogni modo, spiega una fonte diplomatica francese, in vista del Consiglio, più sarà “lunga” l’estensione del periodo concesso alla Gran Bretagna per uscire dall’Ue “più saranno strette le condizioni” che verranno poste a Londra, perché non “ostacoli” il funzionamento dell’Unione europea.
Anche se tra gli Stati membri ci sono diverse sfumature, continua il diplomatico, “nessuno dice che vorrebbe che il funzionamento dell’Ue venisse intralciato” dai britannici. “Quale che sia il calendario”, continua, “dev’essere chiaro” che la permanenza del Regno Unito nell’Ue “non può ostacolare il funzionamento dell’Ue”.
“Servono dei chiarimenti politici sulle elezioni europee, il punto ’cieco’”, che nel Regno Unito “vengono trattate come se fossero una materia secondaria”. Invece, “May ha deciso veramente di partecipare alle elezioni europee? Se sì, allora bisogna discuterne. Non è affatto una materia secondaria o accessoria”. Sarà anzitutto necessario ascoltare che cosa dirà il primo ministro May, ma “se i chiarimenti non saranno esaustivi”, allora, conclude la fonte, “sarà necessario” avere un altro Consiglio Europeo prima delle elezioni europee. In ogni caso, il summit “non sarà breve”.
Per la Francia, secondo fonti dell’Eliseo, un “rinvio lungo” della data fissata per la Brexit “senza garanzie serie non avrebbe l’accordo della Francia e credo anche di altri Paesi”.. Sul concetto stesso di rinvio lungo, spiegano, “molti capi di Stato e di governo stanno sottolineando gli interrogativi e le questioni che pone questa opzione”.
L’Ue non può assumersi “il rischio” di avere un periodo “lungo”, nel quale il Regno Unito “stia al tavolo e i lavori a 27 non siano garantiti”, aggiungono le fonti. La preoccupazione sul buon funzionamento dell’Ue “percorre molti Stati membri” e non possiamo avere “una situazione confusa al momento delle elezioni europee”. Questa è una “sensazione sempre più condivisa”. E “non possiamo permetterci di fare dei summit a ripetizione, per parlare di Brexit ogni volta”. Il primo ministro britannico Theresa May ha detto che “non è suo desiderio” organizzare le elezioni europee, ma che nel contempo “le prepara. Ma questo vuol dire che abbiamo due opzioni: bisogna che sappiamo molto rapidamente se ci saranno elezioni europee nel Regno Unito o no, e che decidiamo se desideriamo che ci siano”, aggiungono le fonti.
“Non possiamo lasciare tutto nell’incertezza: c’è un fatto nuovo, la data del 12 aprile, permesso dalla pressione della Francia”, che ha fatto partire le discussioni tra la May e Jeremy Corbyn. Cosa che non è sufficiente, per le fonti, per avere “una specie di fuga in avanti, con un rinvio lungo, senza garanzie, in cui non sappiamo che cosa succede nei mesi a venire”. Il summit di Sibiu del 9 maggio “è un summit a 27 consacrato all’avvenire dell’Europa”, e non alla Brexit. “Sarebbe incongruo parlare dell’avvenire dell’Europa, senza avere chiarezza sulla Brexit: per questo occorre avere chiarezza sulle elezioni europee e garanzie sul funzionamento dell’Ue”. Altri Paesi dell’Ue, tra cui l’Austria, il Lussemburgo, la Danimarca e il Belgio avrebbero perplessità su un rinvio lungo della Brexit.
Amato e odiato, la quinta volta di ’re Bibi’
’Bibi’ è ancora re. Benyamin Netanyahu è ormai a un passo dal suo quinto mandato. Una “vittoria enorme”, come l’ha definita il premier uscente e allo stesso tempo in pectore, un “traguardo inimmaginabile”. Primo ministro per 4 volte, di cui tre successive negli ultimi dieci anni, il 69enne sta per diventare il capo di governo più longevo della storia d’Israele.
Leader del partito conservatore Likud, è arrivato alle elezioni con il pesante bagaglio di una possibile incriminazione per corruzione, ma si proclama innocente e vittima di una campagna di “caccia alle streghe” da parte dei media di sinistra. Nato a Tel Aviv nel 1949, Netanyahu ha trascorso parte della giovinezza negli Stati Uniti, dove suo padre Benzion ha ricoperto incarichi accademici. All’età di 18 anni, il giovane ’Bibi’ è tornato in Israele per servire nell’esercito, ma dopo cinque anni da militare ha completato gli studi al Mit di Boston. Nel 1976, suo fratello maggiore Jonathan morì durante il raid per gli liberare gli ostaggi israeliani all’aeroporto di Entebbe, in una vicenda che segnò profondamente il futuro primo ministro.
Nel 1982 Netanyahu diventò numero due dell’ambasciata israeliana a Washington e poi rappresentante presso l’Onu nel 1984. Spesso invitato in televisione negli Stati Uniti, era già un personaggio noto quando ritornò in Israele nel 1988 e scelse di entrare in politica. Vice ministro degli Esteri accanto al suo mentore Moshe Arens, fu eletto leader del Likud nel 1992. Diventò primo ministro nel 1996, sconfiggendo il laburista Shimon Peres dopo l’assassinio di Yitzhak Rabin. Critico degli accordi di Oslo, firmò tuttavia l’intesa per la cessione ai palestinesi dell’80% di Hebron. Il suo governo durò solo 17 mesi. Sconfitto alle elezioni dal laburista Ehud Barak, Netanyahu si dimise dalla guida del Likud. Ministro degli Esteri e delle Finanze nel governo di Ariel Sharon, Netanyahu si dimise nel 2005 per protesta contro la decisione del ritiro unilaterale da Gaza. Tornato alla guida del Likud quando Sharon fondò il partito centrista Kadima, Bibi diventò primo ministro nel 2009 e da allora ha mantenuto l’incarico, vincendo di nuovo le elezioni nel 2013 e nel 2015.
Amato e odiato, ’re Bibi’ divide l’opinione pubblica israeliana, ma è riuscito a mantenere il potere, malgrado il declino del peso elettorale del Likud, grazie ad alleanze con i partiti alla sua destra. Negli anni ha assunto posizioni sempre più nazionaliste, riuscendo a spostare l’attenzione dalla questione palestinese alla minaccia iraniana. I rapporti con il presidente americano Barack Obama erano pessimi e toccarono il punto più basso quando Netanyahu attaccò l’accordo sul nucleare iraniano in un discorso al Congresso degli Stati Uniti. Con Donald Trump c’è invece totale sintonia. E Bibi porta in dote alle elezioni lo spostamento dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme e il riconoscimento americano della sovranità israeliana sul Golan. Vicino a leader della destra populista come il primo ministro ungherese Viktor Orban e il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, Netanyahu può vantare anche buoni rapporti con il leader del Cremlino Vladimir Putin. Negli anni è riuscito a sconfiggere ogni tentativo di altri politici israeliani -come Avigdor Lieberman e Naftali Bennett- di prendere la guida del blocco delle destre. E, anche se rischia di essere incriminato per corruzione nei prossimi mesi, come ha chiesto il procuratore generale Avichai Mandelblit, continua a mantenere l’appoggio di molti israeliani. Nel 1991, Netanyahu si è sposato in terze nozze con Sara Ben Artzi, da cui ha avuto due figli. Ha una figlia dal primo matrimonio.
Fmi richiama l’Italia
Allarme e richiamo dell’FMI per i timori sulle fragilità del sistema italiano, a causa dei forti portafogli di titoli di Stato detenuti dagli istituti. A causa di downgrade sui rating del credito sovrano, ad esempio su quello dell’Italia, “la percentuale di titoli di Stato con rating basso detenuti da banche italiane e portoghesi, in particolare, è aumentata” scrive il Fondo Monetario Internazionale nel ’Global Financial Stability Report’, in cui si evidenzia come “nello scenario peggiore forti aumenti dei rendimenti dei titoli di Stato genererebbero perdite significative per le banche in particolare in Italia, Portogallo e Spagna”.
Nel nostro Paese, inoltre, l’indice della liquidità Bloomberg sul mercato delle obbligazioni sovrane italiane “è stato costantemente elevato negli ultimi anni, mentre un indice simile per i bund tedeschi è rimasto stabile” ma “ciò potrebbe essere in parte dovuto a fattori non legati al rischio di liquidità, dal momento che le obbligazioni italiane fuori bilancio hanno recentemente riflesso maggiori rischi di credito e di ridenominazione” rispetto agli altri titoli sovrani in circolazione, scrive l’FMI, aggiungendo come il differenziale fra domanda e offerta sul mercato obbligazionario italiano “sembra essere diventato più volatile anche durante i periodi in cui gli spread sovrani erano relativamente ridotti e stabili”.
E ancora, nell’area dell’euro, dove “il rimbalzo dei mercati finanziari all’inizio dell’anno ha contribuito ad attenuare il peggioramento delle condizioni finanziarie” registrato alla fine dello scorso anno, “i problemi di bilancio in Italia hanno riacceso le preoccupazioni sul legame fra titoli di Stato e banche e questo ha portato ad un ampliamento degli spread sovrani nella seconda metà del 2018″ scrive il Fondo, tornando a lanciare l’allarme sulle fragilità cui il nostro sistema bancario è esposto per via dei forti portafogli di titoli di Stato detenuti dagli istituti.
A livello di Eurozona, segnala l’FMI, “i coefficienti patrimoniali bancari sono ora più elevati e sono state intraprese azioni per ridurre i prestiti in sofferenza sui bilanci delle banche”. Ma “se i rendimenti dei titoli di Stato dovessero aumentare drasticamente – ammonisce il Fondo – i legami forti delle banche con i titoli sovrani nei Paesi con un debito governativo elevato potrebbero tradursi in perdite significative sui portafogli delle obbligazioni bancarie”.
E questo, “insieme a potenziali perdite su prestiti non performanti, potrebbe comportare un significativo impatto sul capitale di alcune banche”. Ma, si sottolinea nel Report, “anche le compagnie di assicurazione potrebbero rimanere coinvolte da questo legame”. In questo contesto, si legge nel documento, “vi è il rischio che le tensioni nel settore finanziario possano essere trasferite a società e famiglie, con implicazioni negative per la crescita economica”.
A livello globale, rispetto allo scorso autunno, “le condizioni finanziarie si sono irrigidite ma rimangono relativamente accomodanti, in particolare negli Stati Uniti” dove “l’approccio più paziente della Federal Reserve alla normalizzazione della politica monetaria” ha sostenuto “l’inversione di tendenza del mercato”, che è rimbalzato a inizio 2019 “dopo i bruschi cali nel quarto trimestre del 2018” dice ancora il Fondo Monetario Internazionale, evidenziando tuttavia come “le vulnerabilità finanziarie, come leva finanziaria e liquidità, possono continuare a crescere, aumentando i rischi a medio termine per la stabilità finanziaria globale”.
Con un riferimento indiretto all’Italia, il Fondo segnala come le fragilità del sistema finanziario “sono già elevate in diversi Paesi di importanza sistemica”. E “un improvviso forte irrigidimento delle condizioni finanziarie potrebbe fare evidenziare queste fragilità e sollevare rischi alla stabilità finanziaria a breve termine”. Fra debito in scadenza e nuovo deficit continua a salire il fabbisogno annuo che l’Italia deve rifinanziare: se quest’anno il totale sarà pari al 23,7% del Pil, nel 2021 l’ammontare che il nostro Paese dovrà cercare sui mercati sarà del 24,7%, in pratica un quarto del Pil annuo. A certificare questo poco invidiabile record mondiale – fra le principali economie solo Usa e Giappone fanno peggio ma entrambi con un trend in calo al 2021 – è il Fondo Monetario Internazionale nel ’Fiscal Monitor’. Per l’Italia il fabbisogno da rifinanziare sarà dato nel 2019 da un 21% di debito in scadenza, cui si aggiungerà un 2,7% di deficit: valori che nel 2021 dovrebbero salire rispettivamente al 21,2 e al 3,5% del Pil.
Per un Paese come l’Italia – “con una necessità di aggiustamento dei conti particolarmente rilevante se gli spread rimangono alti e le esigenze di finanziamento sono elevate – sarà importante indicare l’intenzione di ridurre credibilmente il debito a medio termine e adottare misure” adatta allo scopo “come la riforma delle pensioni” si legge nel ’Fiscal Monitor’, con cui l’FMI torna a suggerire al nostro Paese – “per salvaguardare la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico” – la necessità di interventi che lo rendano più ’stringente’. Laddove, si ricorda con un riferimento a ’Quota 100’, “sono state alleggerite le norme sul prepensionamento per un periodo di prova di tre anni”.
Ma il Fondo torna anche su una ’storica’ proposta, quella di “tassare la ricchezza attraverso la tassa di proprietà sulle prime case“. Fra le altre misure suggerite al nostro Paese – con l’obiettivo in particolare di sostenere le fasce più deboli della popolazione – il Fondo indica la riduzione degli incentivi energetici ’a pioggia’ (indicazione peraltro condivisa con Norvegia, Finlandia e Lettonia).