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Flat tax all’italiana, una storia lunga 25 anni

Flat tax all’italiana, una storia lunga 25 anni

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Da 25 anni in Italia si parla di flat tax, della ’tassa piatta’ per 40 milioni di contribuenti. Il primo fu Silvio Berlusconi che nel 1994 decide la ’discesa in campo’ e conquista gli italiani anche con la promessa di un’unica aliquota al 33%. Ovviamente, il progetto non è mai stato realizzato anche se, negli anni, diverse forze politiche hanno cercato di conquistare i cuori – e i portafogli – degli italiani annunciando l’intenzione di introdurre un sistema fiscale più semplice e meno vessatorio. L’ultima in ordine cronologico è la Lega, partita con un progetto ben più ambizioso: Irpef al 15%, punto e basta.

I dubbi di costituzionalità, e forse anche di spesa, hanno fatto ’ripiegare’ il leader del carroccio Matteo Salvini su una doppia imposta piatta (del 15% e del 20%). La Costituzione, con l’articolo 53, stabilisce che ’’tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività’’. Ma anche le simulazioni sul costo di un’unica aliquota al 15%, che c’è chi stima fino a 80 miliardi di euro, lasciano poche speranze sulla possibilità di introdurre in Italia la flat tax ’secca’.

Va osservato che anche l’Agenzia delle Entrate, nel suo vocabolario del fisco, dà una definizione che consente di utilizzare il termine anche nel caso in cui, alla fine, si dovessero avere due aliquote: ’’Sistema di tassazione del reddito non progressivo, caratterizzato da un numero limitato di aliquote (una o due al massimo)’’. Se da un lato, la possibilità di introdurre una (doppia) tassa piatta sembra si stia concretizzando, con l’annuncio del governo di voler procedere in tal senso in occasione dell’approvazione del Def, dall’altro è tutto da dimostrare l’annunciato affetto positivo che avrà sull’economia del Paese.

L’Italia ovviamente non sarebbe la prima a introdurre la flat tax, che si trova in Paesi molto diversi come: il ’paradiso fiscale’ delle Seychelles che prevede un’aliquota al 15%; l’ottava economica più grande del mondo, la Russia, dove l’imposta è al 13%; l’isola più grande del pianeta, la Groenlandia, dove si paga dal 36 al 44% a seconda del comune.

Ci sono poi diversi Paesi che hanno optato per un sistema ibrido, come le Isole Vergini britanniche o l’Arabia Saudita, dove non esiste una vera imposizione sul reddito ma dei sistemi che comunque prevedono il prelievo (sui salari o sul patrimonio) con un’aliquota unica. Infine vale la pena ricordare che alcuni Stati hanno sperimentato la flat tax ma hanno deciso di tornare indietro, al sistema proporzionale. In quest’ultimo gruppo rientrano, tra gli altri, l’Islanda, la Giamaica, le Mauritius, l’Albania, la Lettonia, l’Ucraina.

Reddito, arrivano i primi pagamenti
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“Il 15 aprile invieremo i flussi di pagamento a Poste Italiane per il caricamento sulle card, come previsto”. Così il direttore generale dell’Inps, Gabriella Di Michele, a margine di un convegno di consulenti del lavoro e Anpal al Senato, ha spiegato ad AdnKronos/Labitalia gli ultimi aggiornamenti sull’erogazione del reddito di cittadinanza. “Le sfide ci piacciono – ha aggiunto – le stiamo portando avanti”.

Tasse in busta paga al top

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L’Italia al terzo posto della graduatoria internazionale dell’Ocse 2018 per il peso del cuneo fiscale ovvero le tasse che gravano sulla busta paga. La media Ocse delle tasse sul lavoro ha segnato un calo al 36,1% lo scorso anno (-0,16 pp su anno).

Dando uno sguardo alla classifica complessiva, i tassi di carico fiscale maggiore sui salari di lavoratori single senza figli a carico sono stati registrati in Belgio (52,7%), Germania (49,5%), Italia (47,9%), Francia (47,6%) e Austria (47,6%).

“Lavoriamo più di Salvini”

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Non è una novità, un mistero, che qui lavoriamo più di Salvini“. Questa, a quanto apprende l’Adnkronos, la battuta fatta da Luigi Di Maio nel corso dell’assemblea congiunta M5S, in relazione alle richieste, avanzate dai parlamentari, di presenza sui territori in campagna elettorale perché lì “viene Salvini”.

“Nei prossimi 10 giorni – indica quindi il vicepremier – due parlamentari per regione dovranno sondare i territori e fare assemblee con attivisti“. Per Di Maio tuttavia “le europee non sono le nazionali. I capilista sono capilista dal punto di vista della posizione non della probabilità di essere eletti perché ci sono le preferenze”.

Il capo politico del M5S passa quindi al nodo liste civiche: “Qualsiasi apertura – dice – avrà bisogno di tempo”. E parlando della riorganizzazione a livello locale, Di Maio sottolinea che “ci devono essere persone a livello regionale”. La prossima assemblea congiunta M5S sarà convocata dopo le assemblee ’regionali’.

Dopo il discorso d’apertura del leader, la parola passa ai parlamentari, i quali, nell’Auletta dei gruppi di Montecitorio, hanno illustrato le loro proposte con tanto di slide proiettate sul maxischermo della sala. “Apprezzo totalmente l’idea di Luigi. I referenti nazionali sarebbero molto utili per creare maggiore sinergia tra Movimento e governo”. Così il deputato M5S Michele Gubitosa. “Riapriamo un confronto con quel mondo riformista, con i cattolici, con i movimenti meridionalisti”, cooptando “le migliori intelligenze del Paese”, il parere espresso in assemblea M5S dal deputato Giorgio Trizzino.
E mentre si parla anche della piattaforma Rousseau, non mancano gli interrogativi sollevati dagli eletti. “Chi è lo staff che si cela dietro Rousseau quando si certificano le liste?”, chiede ad esempio il deputato Riccardo Ricciardi.

Def, nodi al pettine dopo le Europee

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(Luana Cimino) – La flat tax relegata ad un annuncio e relative risorse, le invise clausole Iva, il debito-monstre: le criticità sollevate dal Defaspettano il governo al varco dopo il voto di maggio. A occhio e croce, per far fronte alle promesse fatte, serviranno quasi 40 miliardi per la nuova Legge di Bilancio, tra tassa piatta e sterilizzazione Iva, senza considerare tutte le altre misure da rifinanziare.

FLAT TAX – Dopo il Def che relega la flat tax ad un mero annuncio, la Lega blinda la tassa piatta e assicura che arriverà in autunno in Legge di Bilancio. Ma l’estensione del regime d’imposta sulle persone fisiche a due aliquote del 15 e 20%, secondo la bozza, a partire dai redditi più bassi, è arduo e potrebbe costare fino a 15 miliardi.

DETRAZIONI – Risorse che difficilmente il governo potrà reperire sfoltendo la giungla delle oltre 400 deduzioni e detrazioni, capitolo altamente sensibile perché tocca direttamente le tasche dei contribuenti, nel quale hanno fallito tutti gli ultimi governi. Ad ogni modo anche nel più ambizioso dei piani, dal taglio delle agevolazioni è difficile risparmiare più di un paio miliardo.

SPETTRO IVA – Tema di scontro tra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il Movimento 5S che chiedeva maggiori rassicurazioni, le clausole di salvaguardia sono disposizioni che scattano in automatico in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di deficit. Ogni anno sono state neutralizzate usando tutto il margine di flessibilità concesso dall’Ue. Per il prossimo anno servono 23 miliardi, ma questa volta sarà difficile che Bruxelles conceda un margine così ampio.

REGOLA DEBITO – All’origine delle criticità del Def ci sono i numeri, le stime. La crescita flebile programmata per quest’anno (0,2%) compromette gli impegni per il risanamento dei conti, facendo salire il deficit (2,4%) e il debito (132,6%). L’Italia dunque non ottempererebbe né alla regola del deficit, né del debito e corre ai ripari attivando la clausola sul congelamento di 2 miliardi di spesa.

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Data:

12 Aprile 2019