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Scontro sul ’Salva Roma’

Scontro sul ’Salva Roma’

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Il ’Salva Roma’ accende lo scontro nel governo. “Nessuna norma salva Raggi. Non esistono comuni di serie A e serie B. O si aiutano tutti i comuni e i sindaci in difficoltà o nessuno. La Lega non vota norme che creano disparità. Bene il decreto crescita con le misure per i risparmiatori truffati, per abbassare le tasse alle imprese, riduzione della burocrazia per gli enti territoriali” dicono fonti della Lega dopo che anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, questa mattina ha ribadito: “Se in tanti hanno dei problemi aiutiamo tutti quelli che hanno dei problemi: altrimenti non ci sono quelli più belli e quelli più brutti, anche perché a Roma mi sembra che ci sia un sindaco che non ha il controllo della città”.

Dura la replica da fonti M5S: “Siamo di nuovo costretti a puntualizzare, perché la Lega con Matteo Salvini è inciampata in una grandissima gaffe senza saperlo. Il provvedimento di cui parlano, che loro chiamano ’Salva Roma’, poi ’Salva Raggi’ quando capiscono che il primo epiteto non paga in termini elettorali, è totalmente a costo zero. Non andiamo oltre, ci fermiamo qui, sarebbe paradossale spiegare qualcosa che capirebbe anche un bambino”. Già in precedenza le fonti avevano sottolineato che “sul cosiddetto ’Salva Roma’ la Lega forse non ha capito di cosa si tratta, visto che parliamo della chiusura di un commissariamento a costo zero che permetterà ai romani di non pagare più gli interessi su un debito vecchio di 20 anni che creò proprio il centrodestra con Berlusconi al governo. Piuttosto la Lega pensi a Siri e alle indagini sui fondi che riguardano anche il loro tesoriere, invece di fare di tutto per nasconderlo”.

Prova a gettare acqua sul fuoco la vice ministra dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli: “Voglio rassicurare il ministro Salvini, non c’è nessun ’Salva Roma’”. “Non c’è sempre bisogno di un nemico, perché in questo caso non c’è un nemico. I comuni vanno salvati tutti, perché così si salvano i servizi ai cittadini, l’ho detto anche nei giorni scorsi e lo confermo” aggiunge Castelli per poi ribadire in serata: “Sui comuni per me non c’è nessuna guerra con gli alleati di governo, e non c’è la necessità di una resa dei conti, mi dispiace che qualcuno della stampa voglia raccontarla così. Stiamo facendo un grande lavoro per ridare dignità a tutte le Amministrazioni comunali, e agli Enti Locali più in generale, qualunque sia il colore politico di chi le guida. Nel Decreto Crescita, in conversione, come abbiamo fatto ogni volta che ce n’è stato bisogno, verranno inserite norme utili a risolvere le problematiche di molti comuni, ognuno con una specificità. Ma in tanti casi non serve una norma di legge, e per questo stiamo lavorando su tanti tavoli. I problemi dei comuni, che lo ripeto sono problemi dei cittadini, a cui si rischia di tagliare servizi essenziali, vanno lasciati fuori dalla campagna elettorale. Per questo mi auguro che si possano rasserenare gli animi. Anche su questo tema stiamo remando tutti nella stessa direzione”.

Legittima difesa, attesa la decisione di Mattarella

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Non è stata ancora firmata e promulgata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la legge sulla legittima difesa, approvata in via definitiva dal Senato il 28 marzo scorso. In settimana sono dunque attese le decisioni del Capo dello Stato, visto che, in base all’articolo 73 della Costituzione, ha un mese di tempo per promulgare il provvedimento, a meno che, con messaggio motivato, non ne chieda un nuovo esame al Parlamento.

Dal Quirinale, complici anche i giorni di festa, trapela poco o nulla su quelle che potrebbero essere le decisioni del Presidente della Repubblica, che si concederà ancora qualche ora di riposo, prima di rientrare al Colle e riprendere in mano il dossier, sul quale comunque è stata già avviata l’istruttoria.

Come ha più volte ricordato lo stesso Mattarella, il Capo dello Stato può chiedere alle Camere di riesaminare il testo qualora ravvisi “evidenti profili di illegittimità costituzionale”, fermo restando che, in base all’articolo 74 della Costituzione, la legge va promulgata se riapprovata in modo identico.

Finora una sola volta nel corso del suo mandato l’attuale Presidente della Repubblica ha rinviato al Parlamento una legge, quella sulle mine antiuomo il 27 ottobre 2017.

Può tuttavia accadere che il Capo dello Stato, per varie ragioni tecniche e politiche, decida di promulgare comunque una legge, accompagnando però la sua decisione con lettere ai presidenti delle Camere e del Consiglio, nelle quali si registrano rilievi che si ritiene debbano restare in ogni caso agli atti.

Da ultimo è accaduto il 29 marzo scorso, quando Mattarella ha accompagnato la promulgazione della legge che istituisce la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, con una lettera ai presidenti del Senato, Elisabetta Casellati, e della Camera, Roberto Fico, per ricordare i limiti d’azione dell’organismo parlamentare rispetto all’attività creditizia.

In precedenza Mattarella, il 4 ottobre dello scorso anno, nell’emanare il decreto legge sicurezza, aveva scritto al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, avvertendo “l’obbligo di sottolineare che, in materia, come affermato nella Relazione di accompagnamento al decreto, restano ’fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato’, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’articolo 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia.

Leva obbligatoria, Difesa replica a Salvini
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“Pensiamo al futuro non al passato e del resto il ministro Trenta è già stato molto chiaro: il ritorno alla leva obbligatoria è un’idea romantica ma inapplicabile, visto che le dinamiche sono cambiate e oggi il Paese vanta dei professionisti tra le forze armate”. Così fonti della Difesa in replica a Matteo Salvini che oggi ha rilanciato sulla leva obbligatoria.

A intervenire è anche Roberta Pinotti, ex ministra della Difesa: “Salvini oggi si mette la felpa degli alpini e rilancia il tema della leva obbligatoria (solo per gli alpini pare). Dal ministero della Difesa rispondono che non si può fare. Ha ragione la Difesa perché oggi la difesa della patria, che si esplicita in particolare nelle missioni all’estero e nella lotta al terrorismo, ha bisogno di professionalità che non possono realizzarsi con un tempo limitato di formazione”. “Il tema invece di un impegno di tutti i ragazzi e le ragazze in un servizio civile obbligatorio, che io immagino europeo, con una formazione sulla Costituzione e sui valori fondamentali dell’Europa e della nostra comunità, e una formazione specifica su quello su cui i ragazzi potrebbero impegnarsi (ambiente, sociale e cultura), è invece – aggiunge – un progetto che ritengo qualificante e importante per le prospettive del nostro Paese e dell’Europa”.

Contratti, un codice unico contro accordi pirata

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E’ stato annunciato in Aula al Senato il disegno di legge S. 1232 del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro per la creazione di un codice unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) da realizzare in collaborazione con Inps.

Il ddl, presentato ai sensi dell’art. 99, comma 3, della Costituzione, approvato dall’Assemblea del Cnel nella seduta del 27 marzo 2019, relatore il consigliere Michele Faioli, “definisce il codice unico di identificazione dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nazionali depositati e archiviati, attribuendo una sequenza alfanumerica a ciascun contratto o accordo collettivo – recita il testo – Il codice Ccnl è altresì inserito dall’Inps nella disciplina relativa alla compilazione digitale dei flussi delle denunce retributive e contributive individuali mensili, con relativo obbligo del datore di lavoro di indicare per ciascuna posizione professionale il codice Ccnl riferibile al contratto o accordo collettivo applicato”.

Il codice unico è necessario è urgente per arginare il fenomeno della proliferazione di contratti pirataregistratosi nel corso dell’ultimo decennio. Si tratta di un mondo ancora poco esplorato e che può avere conseguenze al momento non chiare sul sistema delle relazioni industriali. Oggi al Cnel risultano depositati ben 888 accordi suddivisi per i diversi settori lavorativi per cui esiste un corrispondente contratto collettivo nazionale. Di questi 229 solo nel commercio e 110 in istituzioni private, enti assistenziali, sanitari e terzo settore”, dichiara il presidente Tiziano Treu.

“Con la presente proposta, a costo zero per le casse dello Stato, il Cnel assume il potere di attribuire ai contratti collettivi depositati un codice unico alfanumerico, in cooperazione con l’Inps alla luce della rinnovata collaborazione istituzionale per mettere a sistema le rispettive informazioni e costituire il primo nucleo di un’anagrafe comune dei contratti collettivi organizzata in un’ottica di servizio pubblico. In questo modo, viene identificata in capo al Cnel la titolarità della funzione di codifica dei contratti attraverso l’unificazione delle rispettive procedure esistenti. L’Inps, di conseguenza, utilizzerebbe tale numerazione per le proprie finalità istituzionali (verifica del rispetto dei minimali contributivi, etc.), ottenendo dal Cnel la mappatura costantemente aggiornata dello stato della contrattazione collettiva di livello nazionale. Tale proposta tiene conto di una ricognizione della legislazione vigente e della prassi amministrativa”.

Nel nostro ordinamento, i datori di lavoro privati non hanno l’obbligo di applicare in azienda un determinato contratto. Possono benissimo coesistere molteplici accordi collettivi nazionali nello stesso settore di riferimento. Ogni organizzazione è libera di auto-definirsi rappresentativa e di concludere con una controparte un accordo “nazionale” nello stesso settore già coperto da altri accordi “nazionali” firmati da organizzazioni concorrenti.

L’assetto e il funzionamento del sistema di relazioni industriali nel nostro Paese hanno implicazioni che producono sugli operatori effetti di natura giuridica ed economica. Ciò rende necessario individuare parametri utili a identificare quale o quali contratti collettivi di lavoro possano essere considerati il riferimento all’interno di un medesimo settore, ad esempio a fini giudiziali, e costituire un benchmark utile a tracciare la linea di demarcazione fra pluralismo contrattuale e pratica sleale.

La struttura dell’anagrafe definita da Cnel e Inps è valida anche come base di riferimento per ridisegnare i settori produttivi e i rispettivi confini, e per associare i codici Cnel dei Ccnl ai codici AtEco delle attività produttive fino alla sesta cifra. A regime, l’attività comune Cnel-Inps consentirà di associare a ciascun contratto reperibile nell’archivio del Cnel il numero di lavoratori dipendenti ai quali è applicato, sulla base del flusso di comunicazioni Uniemens che i datori di lavoro trasmettono all’Inps.

“Per mettere ordine in questa situazione senza regole occorre formare una ‘visione pubblica’ delle dinamiche delle relazioni industriali nel settore privato, a partire da una banca dati affidabile. Bisogna pensare e rendere operativo un sistema unico, trasparente e accessibile, di deposito e codifica dei contratti sottoscritti dalle organizzazioni di rappresentanza a livello nazionale”, conclude il presidente Treu.

Imam Catania: “Salvini? Giusto ’prima gli italiani’”

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“Noi non abbiamo nulla contro Salvini. Non mi cambia nulla se viene prima l’italiano. Anzi, è giusto così. Io mi sento ospite qui in Italia, in Sicilia e a Catania. Naturalmente si dà la preferenza agli italiani, logicamente”. Lo ha detto Mufid Abu Touq, storico Imam ‘indipendente’ di una delle sei moschee di Catania. Parlando con l’Adnkronos, Abu Touq ha aggiunto che “se ad esempio un italiano con un posto di lavoro sottomano avesse un figlio, una nuora o un genero disoccupato, sarebbe assolutamente giusto che lo desse ai suoi parenti e non ad uno straniero”.

“Questo vale – ha evidenziato Abu Touq – anche per una casa e per ogni altra cosa. Siamo venuti a casa vostra ed è giusto adeguarsi alle vostre leggi. Per ogni musulmano che mette piede in territorio italiano deve valere la legge italiana”.

In vista delle elezioni europee, lo storico Imam del capoluogo etneo ha assicurato: “Non ci spaventano gli ipotetici risultati post elettorali che arriveranno con questi venti sovranisti. Non ci spaventano destra e sinistra. L’Europa – ha sottolineato – è la vostra patria e noi musulmani non entriamo negli affari interni dell’Italia e degli altri Paesi europei”. “Se la democrazia dice che chi viene scelto dal popolo governa, noi ‘ci stiamo’. Per me poi nessun problema: in tanti anni – ha concluso – mi hanno invitato ai convegni sia da destra che da sinistra”.

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23 Aprile 2019