L’Austria striglia l’Ue
“Nel caso dei governi nazionalisti e populisti come quello italiano, l’Europa dovrebbe reagire in un modo più unitario e più forte”. E’ quanto sostiene il ministro delle Finanze austriaco Hartwig Loeger, a margine dell’Eurogruppo a Bruxelles. “Ci sono state discussioni in Italia – continua – ben prima della campagna elettorale, ci sono state anche discussioni con la Commissione”. “Pertanto, sono irritato – prosegue – perché vediamo che se la Commissione agisce in modo flessibile, questo viene usato. Abbiamo chiarito da tempo che ci aspettiamo che la Commissione trovi una linea chiara. Mi aspetto che la Commissione reagisca in modo più forte, in linea con quanto detto dal cancelliere Sebastian Kurz. Dobbiamo assicurarci che le regole vengano rispettate in futuro e che sanzioni chiare, anche automatiche, siano applicate. Perché non possiamo discutere per mesi di sanzioni, non funziona”. Per Loeger “non si può semplicemente passare sopra a quello che l’Italia ha fatto per mesi, solo in vista delle prossime elezioni. E’ un comportamento costante, da parte dell’Italia, che non possiamo accettare”. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, aggiunge, “è un uomo di scienza, un vero esperto. Fin dall’inizio del suo mandato ha espresso alcune opinioni chiare, che erano critiche nei confronti delle dichiarazioni di Matteo Salvini. Purtroppo, noto che Tria è stato più morbido ultimamente, in particolare all’interno dell’Italia”. Quanto a Salvini, conclude il ministro austriaco: “Il suggerimento è di pensare prima di parlare”.
Usa, Huawei nel mirino
Con un ordine esecutivo Donald Trump dichiara lo stato di emergenza nazionale a tutela delle reti di comunicazione, una decisione – rende noto la Casa Bianca – in linea con l’impegno assunto dal presidente di proteggere servizi e tecnologia delle informazioni e delle telecomunicazioni degli Stati Uniti.
L’ordine autorizza il Dipartimento per il Commercio ad impedire alle società statunitensi di trattare con determinati fornitori esteri. Poco dopo la firma da parte di Trump dell’ordine esecutivo, il Dipartimento per il Commercio ha reso noto di aver aggiunto la cinese Huawei e i suoi affiliati alla lista delle società considerate potenzialmente a rischio per la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera. Huawei ha replicato assicurando che la compagnia desidera trattare con il governo americano “misure efficaci a tutela della sicurezza dei prodotti”.
LA REPLICA – Le limitazioni alla commercializzazione di prodotti Huawei negli Stati Uniti “sono irragionevoli e non renderanno il Paese più sicuro o più forte; anzi, lo limiteranno e lo obbligheranno a cercare alternative inferiori e più costose” è la risposta del colosso cinese. Secondo l’azienda di telecomunicazioni, la scelta dell’amministrazione Usa “lascerà il Paese in ritardo nella distribuzione del 5G, danneggiando gli interessi di aziende e consumatori americani”.
Huawei si è detta “disposta a impegnarsi con il governo degli Stati Uniti nel proporre misure efficaci per garantire la sicurezza del prodotto”. Inoltre, conclude l’azienda, “queste restrizioni irragionevoli violeranno i diritti di Huawei e solleveranno altri gravi problemi legali”.
LA UE – Dal versante europeo, spetta agli Stati membri dell’Ue “valutare il rischio connesso ad ogni proposta a salvaguardia della sicurezza nazionale ed europea” del cyberspazio, incluse le reti 5G. “Incoraggiamo tutti gli Stati a prendere queste preoccupazioni molto sul serio” dice Nathalie Vandystadt, portavoce della Commissione, in merito alle conseguenze per l’Ue della decisione dell’Amministrazione Usa.
“L’Ue – prosegue la portavoce, a Bruxelles durante il briefing con la stampa – ha un dialogo regolare con gli Usa sulla sicurezza informatica. In questi scambi discutiamo del bisogno crescente di coordinamento e cooperazione globale, per salvaguardare un cyberspazio sicuro, aperto e stabile. Per queste ragioni, la Commissione Europea ha adottato misure legislative e politiche che mirano a salvaguardare l’integrità delle reti 5G”.
Filippine contro Canada, ’guerra dei rifiuti’
Il Canada non si riprende la spazzatura spedita 5 anni fa nelle Filippine e Manila per protesta richiama il proprio ambasciatore. Il ministro degli Esteri filippino, Teodoro Locsin Jr, ha reso noto di aver inviato lettere ad una serie di diplomatici, compreso l’ambasciatore. Per tutti, l’ordine è perentorio: “Prendete il primo aereo” per lasciare il Canada.
In un tweet, Locsin ha spiegato che “il Canada non ha rispettato la deadline del 15 maggio. Manterremo una rappresentanza diplomatica ridotta in Canada fino a quando la spazzatura non tornerà lì”. Quindi, ai funzionari si è rivolto in maniera lapidaria: “Avete i vostri ordini. Siete richiamati. Salite sul primo aereo”.
Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, aveva fissato l’ultimatum per il 15 maggio. Entro tale data, il Canada avrebbe dovuto riprendersi i rifiuti inviati nelle Filippine tra il 2013 e il 2014. In caso di mancata risposta, aveva avvertito Duterte, sarebbe esploso un caso diplomatico. E così è stato. Inizialmente il Canada aveva assunto l’impegno di farsi carico delle spese per il recupero dei rifiuti.
Ieri, però, il governo delle Filippine ha ricevuto da Ottawa una comunicazione relativa ad un ’’leggero ritardo’’ legato a procedure burocratiche. Manila non ha voluto sentire ragioni e l’ambasciatore è stato richiamato. “Più si ritarda, più persone torneranno indietro”, ha detto Salvador Panelo, portavoce di Duterte.
“L’atto di richiamare” l’ambasciatore “dimostra quanto sia seria la richiesta affinché si riprendano i rifiuti. In alternativa, siamo pronti a interrompere i rapporti con loro”. Il braccio di ferro ruota attorno a 100 container canadesi: rifiuti domestici, bottiglie, buste e persino pannolini per adulti sono stati spediti nelle Filippine e definiti dal mittente ’residui di plastica’.
Il Canada ha sempre sostenuto che l’invio dei rifiuti sia stato il risultato di una transazione privata, senza la partecipazione del governo. Duterte, ad aprile, ha prospettato un ulteriore passo: rispedire tutto in Canada, anche se questo dovesse portare ad un drastico peggioramento delle relazioni.
Ucraina, rockstar Vakarchuk scende in campo e fonda nuovo partito
La rock star ucraina Svyatoslav Vakarchuk scende in campo e annuncia la nascita del nuovo partito politico “Holos” (Voce) in vista delle elezioni Parlamentari del prossimo ottobre, denunciando che la Verkhovna Rada – il Parlamento di Kiev – si è trasformata in “uno stagno tossico che inghiotte il nostro futuro”. “Dobbiamo cambiare lo stato delle cose”, ha detto il front man del gruppo Okean Elzy ai suoi sostenitori a Kiev. Il programma del nuovo partito è “tolleranza zero contro la corruzione”, economia libera, niente spazio alle interferenze di Mosca nelle questioni interne dell’Ucraina e maggiore integrazione euroatlantica. “Holos” se la dovrà vedere con “Servo del Popolo”, il partito fondato dal presidente eletto, l’ex attore Volodymir Zelensky. Vakarchuk, che aveva sostenuto attivamente la rivoluzione arancione del 2004-2005, era poi stato eletto alla Rada nel 2007 ma aveva lasciato l’anno successivo.