“Troppi decreti”, Fico scrive a Conte
Un numero di decreti inferiore rispetto al passato ma “comunque piuttosto consistente” ovvero “ventuno decreti-legge in un anno” tanto da “incidere sensibilmente sulla programmazione dei lavori parlamentari, soprattutto in presenza di decreti legge connotati da una particolare ampiezza e complessità di contenuti e che intervengono su una pluralità di settori”. E’ quanto si legge nella lettera che il presidente della Camera, Roberto Fico, ha inviato al premier Giuseppe Conte e consegnato ai capigruppo di Montecitorio.
Fico richiama l’attenzione del presidente del Consiglio su due casi recentissimi: lo Sblocca cantieri, approvato nei giorni scorsi, e il Dl crescita tutt’ora all’esame dell’aula della Camera. Il primo è stato trasmesso dal Senato dopo 50 giorni di iter a palazzo Madama, con la conseguenza che Montecitorio ha avuto solo 10 giorni per l’esame. Nel caso del Dl crescita sarà invece il Senato ad avere tempi compressi visto che il decreto scade il 29 giugno. In entrambi i casi, poi, in corso d’opera i provvedimenti si sono ampliati: lo Sblocca cantieri è passato da 30 a 49 articoli e il Dl crescita da 51 a 117 articoli.
“Dimensioni molto ampie dei decreti – osserva Fico – risultano difficilmente compatibili con i ridotti tempi di esame parlamentare imposti dalla scadenza costituzionale dei provvedimenti d’urgenza e rischiano di determinare una eccessiva compressione presso la Camera chiamata per seconda ad esaminare il provvedimento, ove l’iter presso la prima si prolunghi ben oltre i trenta giorni”. Conclude il presidente della Camera rivolto a Conte: “Sono certo che sarà possibile per il futuro garantire condizioni più equilibrate nell’esercizio della potestà legislativa tra governo e Parlamento”.
Crescono rumors su rimpasto
Innanzitutto ci sono le caselle vacanti. Quelle lasciate ’vuote’ dagli ormai ex sottosegretari leghisti Armando Siri ed Edoardo Rixi. A queste si aggiunge la ’poltrona’ del ministro agli Affari europei, ’orfana’ di Paolo Savona dopo il passaggio del professore ai vertici Consob. E intanto nei Palazzi romani crescono rumors di un rimpasto di governo vicino, ma soprattutto inevitabile, voci sorte all’indomani della defaillance del M5S alle elezioni europee e del trionfo della Lega, rumors rafforzatisi di giorno in giorno.
In un confronto risalente a ieri l’altro sarebbe stato il vicepremier leghista, Matteo Salvini, a nominare la parola tabù in un colloquio con l’altro vice, Luigi Di Maio. Ma senza passare all’incasso chiedendo nuove poltrone, bensì solo accennando alla necessità di rivedere la squadra di governo in casa Carroccio. “In realtà, tutti lo vogliono ma nessuno lo chiede: a livello di comunicazione, nessuno vuole intestarsi l’apertura della pratica”, spiega un’autorevole fonte di governo grillina.
L’idea che serpeggia in casa 5 Stelle è comunque quella di attendere prima di rimettere mano alle caselle. Con una deadline più o meno definita, riferiscono fonti di governo all’Adnkronos: la nomina del commissario Ue che potrebbe spettare all’Italia. Un tassello, questo, giudicato fondamentale ma che va conquistato faticosamente vista la questione della procedura di infrazione sul debito che grava sul lavoro diplomatico.
Se l’Italia dovesse spuntarla, nel governo potrebbe liberarsi un nuovo posto, magari quello del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, il ’Richelieu’ della Lega, e a quel punto ci sarebbe una ’giustificazione’ materiale all’avvio del rimpasto, partendo dalle caselle vacanti ma coinvolgendo anche i pezzi di governo considerati ’claudicanti’, sia in casa Lega che in casa M5S.
Tra i grillini si partirebbe da quei 4-5 sottosegretari che sembrano proprio non funzionare e che, soprattutto, fanno storcere il naso ai parlamentari impegnati nei lavori delle diverse commissioni. Ma chissà che, una volta dato il via alle danze, nel ’calderone’ non finisca anche qualche ministro, anche per dare un segnale di cambiamento dopo la frenata registrata alle urne.
Del resto l’idea di temporeggiare si sposa con la volontà del premier, Giuseppe Conte, di tenere ben salde a sé le deleghe del ministero degli Affari europei, una casella che spetterebbe alla Lega, ma che Conte, viene spiegato da fonti vicine al presidente del Consiglio, al momento non vuole cedere per evitare ’incidenti’ nella difficile trattativa sul debito con l’Europa.
Nuovi vice ai Servizi Segreti
Il generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri Angelo Agovino e il superpoliziotto Vittorio Pisani sono i nuovi vicedirettori della nostra Intelligence. Agovino, brillante ufficiale dell’Arma con una lunga carriera alle spalle al Comando Generale di viale Romania, diventa il numero due dell’Aise guidato dal generale Luciano Carta. Pisani, responsabile dell’immigrazione e già noto per aver arrestato i boss dei Casalesi Iovine e Zagaria, è il nuovo braccio destro del generale Parente all’Aisi, l’intelligence ’interna’ del nostro Paese. Due nomi di assoluto prestigio sui quali hanno concordato tutti gli esponenti di governo, per entrambi un giusto riconoscimento a una brillante carriera, sempre in prima linea nella lotta al crimine.
Il generale Angelo Agovino, 61 anni, è originario di Salerno. Nella sua carriera è stato tra l’altro comandante provinciale a Latina e Torino, oltre che comandante della Legione Lazio. Presso il Comando Generale ha guidato, tra l’altro, il 5° Reparto Relazioni esterne e comunicazione e il 1° Reparto Organizzazione delle Forze. Nella sua carriera anche il Comando del Cutfaa (Comando Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare).
Vittorio Pisani, che nel 2010, da capo della Squadra Mobile di Napoli, aveva condotto le indagini che portarono alla cattura di Antonio Iovine, superlatitante del clan dei Casalesi, finì sotto inchiesta a causa delle dichiarazioni calunniose di un collaboratore di giustizia. Un collaboratore di giustizia ed ex boss, Salvatore Lo Russo, lo accusò di aver favorito alcuni imprenditori impegnati in attività di riciclaggio in alcuni ristoranti. In seguito alle sentenze che lo riabilitarono e lo scagionarono da tutte le accuse, Vittorio Pisani nel 2016 è stato promosso al ruolo di dirigente superiore, con decorrenza dal 2011, cioè dall’anno dell’inizio della vicenda giudiziaria che lo aveva coinvolto a causa dell’accusa, poi rivelatasi falsa, del boss pentito.
Dl Sicurezza, Consulta: “Inammissibili ricorsi Regioni”
La Corte costituzionale, che si è riunita oggi in camera di consiglio per esaminare i ricorsi delle Regioni Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che hanno impugnato numerose disposizioni del Decreto sicurezza lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze, ha giudicato inammissibili tali ricorsi. La Corte ha anche esaminato alcune disposizioni del Titolo II del ’Decreto sicurezza’ e ha ritenuto, in particolare, “che sia stata violata l’autonomia costituzionalmente garantita a comuni e province. Pertanto, ha accolto le censure sull’articolo 28 che prevede un potere sostitutivo del prefetto nell’attività di tali enti”.
In attesa del deposito della sentenza, fa sapere l’Ufficio stampa, “la Corte ha ritenuto che le nuove regole su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e Sprar sono state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato in materia di asilo, immigrazione, condizione giuridica dello straniero e anagrafi (articolo 117, secondo comma, lettere a, b, i, della Costituzione), senza che vi sia stata incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali”. “Resta impregiudicata ogni valutazione sulla legittimità costituzionale dei contenuti delle norme impugnate”, sottolinea la Corte.
Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, commenta: “Prendiamo atto della sentenza della Corte, che non è entrata nel merito della legittimità costituzionale delle norme, ma si tratta soltanto del primo tempo della battaglia che abbiamo intenzione di combattere contro chi, come il ministro Salvini, calpesta i diritti umani più elementari”. “Infatti abbiamo già in discussione in Consiglio regionale della Toscana una proposta di legge presentata dalla giunta che individua le modalità generali di erogazione dei servizi per garantire livelli minimi di dignità umana a tutti. Li abbiamo chiamati diritti samaritani – continua Rossi – La legge sarà presto approvata e domani con il capogruppo del Pd Leonardo Marras terremo una conferenza stampa per spiegarne i contenuti di fondo”. “Sfidiamo il governo a ricorrere, se vorrà, contro questa legge, convinti della legittimità costituzionale di ciò che andiamo sostenendo”, conclude il governatore della Toscana.
Autostrade, cosa cambia con il nuovo sistema pedaggi
L’Italia – secondo Aiscat – “presenta tariffe autostradali tra le più basse in Europa a fronte dei maggiori investimenti per ammodernare la rete autostradale, costruita per la maggior parte negli anni ‘50 e ‘60”: in effetti il costo medio chilometrico per le autovetture – secondo una comparazione con i principali gestori europei – mostra sulla rete Aspi un valore di 8,18 centesimi (7,45 per la sola Aspi) contro gli 8,37 del Portogallo, gli 8,73 della Francia, fino ai 16,02 che si pagano sulla M6 britannica. Un distacco che resta anche per i mezzi pesanti con 14,51 centesimi al km (13,19 per Aspi) contro i 14,73 della Germania i 20,92 del Portogallo, i 26,40 della Francia e addirittura 37,67 in Austria sulla rete Asfinag. Su queste tariffe – frutto di sei diversi sistemi tariffari e del meccanismo dei loro aggiornamenti annuali – oggi si innestano le novità varate ieri dall’Authority dei trasporti, che sono il risultato delle disposizioni introdotte dalla legge 109/2018 di conversione del Decreto Genova, con cui è stata estesa la competenza regolatoria ART anche alle concessioni in essere e non solo a quelle nuove, come stabiliva la legge 214/2011 istitutiva dell’Autorità di regolazione dei trasporti.
Per quanto riguarda le concessioni in essere il sistema tariffario conferma i criteri ed i parametri del modello già applicato per alcune concessioni autostradali scadute e da riaffidare, come la A22 Autobrennero e la A4 Autovie Venete. Il sistema definito dall’Autorità è basato sul metodo del ’price-cap’, con determinazione dell’indicatore di produttività a cadenza quinquennale e punta a definire obiettivi di maggiore efficienza dei costi operativi, secondo parametri di “performance”, basati sul confronto competitivo con le migliori pratiche del settore. Quanto all’altra componente ’regolata’ dei pedaggi, ovvero i costi per investimenti gli investimenti da realizzare, l’Autorità riconosce una remunerazione sul capitale investito (WACC) pari al 7,09% mentre per le opere già “cantierate” continuerà ad essere applicato il “TIR-tasso interno di rendimento” previsto dal sistema tariffario previgente. Il nuovo sistema ART prevede anche verifiche annuali sull’effettiva realizzazione degli investimenti programmati, con la possibilità di diminuzioni del pedaggio in caso di mancato rispetto dei cronoprogrammi.
AISCAT – Aiscat risponde alla delibera dell’Autorità con una nota. “Esprimiamo la nostra più grande preoccupazione – si legge – e la ferma opposizione alle deliberazioni sui sistemi tariffari delle concessioni autostradali comunicate oggi dall’ART, all’esito di una consultazione meramente formale nella quale è stato chiesto ai concessionari di riempire un formulario con proprie osservazioni, senza possibilità (nonostante le nostre richieste) di un reale confronto, peraltro dovuto trattandosi di modifiche unilaterali a contratti di durata”. Aiscat sottolinea che “la procedura di consultazione – contro la quale hanno fatto ricorso tutti i concessionari interessati, pubblici e privati, aderenti ad Aiscat – e soprattutto gli esiti della procedura stessa vìolano i più basilari principi giuridici della certezza dei contratti e delle regole stabiliti sia a livello comunitario che nazionale, indebolendo fortemente l’immagine di affidabilità del sistema Italia”.
TONINELLI – Ma il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, sottolinea che “siamo di fronte all’inizio della rivoluzione che avevamo promesso sin dal nostro insediamento e che aveva mosso i suoi primi passi con la pubblicazione integrale, mai avvenuta prima, degli allegati delle convenzioni autostradali, quelli contenenti le formule che arricchivano i concessionari privati a scapito dei cittadini. Se Aiscat oggi attacca così, vuol dire che siamo sulla strada giusta. Perché qui non si tratta di bloccare chi fa davvero gli investimenti e merita il giusto profitto. Si tratta solo di non ingrassare più chi gli investimenti li promette senza farli, con ripercussioni a volte gravissime per la sicurezza di chi viaggia. Sblocchiamo i lavori e fermiamo le mangiatoie”. “Il nuovo sistema Art appena pubblicato – ricorda il ministro – entra in vigore il primo gennaio prossimo, vale intanto per le 16 concessioni i cui Piani economico finanziari (Pef) quinquennali sono già scaduti, ma via via sarà allargato a tutti i nuovi Pef e le nuove convenzioni. Il cambiamento è sostanziale”.
“Finora i sistemi tariffari – spiega Toninelli – non consentivano di distinguere la quota di remunerazione legata all’attività di costruzione da quella derivante dall’attività di gestione. Quindi non si potevano calibrare in modo mirato gli adeguamenti dei pedaggi, incentivando il concessionario all’efficienza della gestione e alla rapida realizzazione degli investimenti”. “Adesso la tariffa al casello, di base, sarà invece composta da una componente di costruzione (fondata sugli investimenti realizzati e programmati) distinta da un’altra di gestione (determinata dai costi operativi pertinenti ed efficienti)”, prosegue il ministro, sottolineando come “sul fronte della gestione, il pedaggio vedrà applicare un indicatore di produttività che sarà fondamentale per raggiungere una cosiddetta ’frontiera di efficienza’”.
DI BATTISTA – Su Fb interviene Alessandro Di Battista, secondo il quale “recuperare il controllo delle autostrade farà entrare nelle casse dello Stato miliardi di euro da investire nella diminuzione del carico fiscale o nell’abbassamento dei pedaggi. Si può fare, purché si abbia il coraggio”. “Questo è il momento di riprendere il controllo delle autostrade, la battaglia non è semplice – sottolinea – Ovviamente se la Lega decidesse di combatterla sarebbe tutto più facile ma la Lega tace. La Lega non è un partito pericoloso, fascista o squadrista. E’, e lo dico con dispiacere, un partito conformista, allineatissimo al sistema, esattamente come il PD e, infatti, come il PD (DS + Margherita), la Lega, nel 2006, si è fatta finanziare la campagna elettorale proprio dai Benetton”.
Toti-Carfagna: “Fi va cambiata, no a fusione con Lega”
“Nessuna fusione con la Lega”, Forza Italia “va cambiata entro la fine dell’anno” per riportarla a “una doppia cifra abbondante’’, quella dei tempi d’oro. Bisogna guardare al centro moderato, “Salvini resta nostro alleato’’. Lui in classico abito blu scuro, lei in giacca di lino rosa shocking su maglietta bianca. Giovanni Toti e Mara Carfagna sfidano la calura estiva e scelgono piazza Montecitorio alle 17.30 per la prima uscita pubblica da neo coordinatori nazionali di Forza Italia. Improvvisano una conferenza stampa on the road. Sorridono. Stanno attenti a non sovrapporsi e contraddirsi sul futuro del partito. Davanti a tv e taccuini vogliono dare l’immagine dell’unità per provare a risalire la china e dimostrare che ’’cambiare si può’’.
Il governatore ligure sa che i tempi sono stretti, i malumori interni non sono affatto sopiti, molti ce l’hanno con lui che fino all’altro ieri chiedeva l’azzeramento della classe dirigente: ’’Abbiamo poco tempo, dobbiamo aprire le frontiere di Forza Italia e conquistare i cuori e le menti di tanti sostenitori e amministratori che hanno scelto strade diverse. Ieri – assicura – è stato fatto un passo avanti, tutti hanno compreso la necessità che questo Paese si apra al nuovo, a un percorso più inclusivo”. Toti giura: ’’Non ho mai parlato di fusione con la Lega, non ne ho mai parlato con Salvini. Siamo e restiamo alleati. Fi deve tornare ad essere la casa, il condominio comune di tutte le sensibilità del centrodestra’’.