Autonomia, si tratta ancora
Si tratta ancora. Il vertice sulle autonomie a Palazzo Chigi si conclude, dopo oltre tre ore, con un nuovo rinvio: Conte, i due vice e i ministri interessati si riaggiorneranno giovedì mattinaalle 8.30. Benché il dialogo proceda in un “clima positivo”, di fatto anche oggi non esce un testo definitivo sull’autonomia differenziata.
“Stiamo facendo dei passi avanti, ma c’è ancora molto da fare” ha detto il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio. “Una riunione utile, ci sono riflessioni in corso. Io sono ottimista per natura” il commento del ministro dell’Interno, Matteo Salvini. “Abbiamo trovato dei bei punti d’incontro, non lascio il tavolo finché non si finisce” ha detto la ministra per le Autonomie Erika Stefani, al termine del vertice. “Abbiamo fatto grandi passi in avanti, in materia di salute, di ambiente, ma anche in tema di lavoro e di istruzione – ha sottolineato – Domani avremo qualche altro incontro, oggi abbiamo modificato qualche altro inciso”. “Noi – ha assicurato la leghista – andiamo avanti a oltranza, finché non si chiude la questione, oggi comunque siamo riusciti a fare una carrellata di tutti gli articoli”. Stefani ha spiegato che “la parte delle risorse è stata aggiornata, il testo base sulla normativa finanziaria è stato modificato, per cui oggi non si è discusso nel merito” della parte economica del testo sulle autonomie.
Dal fronte M5S, a quanto apprende l’Adnkronos, tanti ancora i nodi da scogliere. In particolare, riferisce una fonte di primo piano, il M5S non è d’accordo sul cosiddetto costo medio, uno dei temi centrali nella partita autonomie. E anche sulla parte finanziaria, dove nel vertice della settimana scorsa sembrava essere stata raggiunta un’intesa, in realtà – stando a fonti M5S e Lega – alcuni nodi sarebbero ancora da sbrogliare e, proprio per questo, si attende la presenza al tavolo del ministro Giovanni Tria, oggi assente all’appuntamento a Palazzo Chigi perché impegnato all’Eurogruppo a Bruxelles. Stando almeno alla lunga lista snocciolata sui punti di disaccordo, la strada appare ancora lunga prima di chiudere. Una dilazione dei tempi che potrebbe acuire le tensioni tra i due alleati di governo. E soprattutto far lievitare i malumori dei governatori interessati – Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – che già nei giorni scorsi non hanno mancato di sottolineare il loro disappunto per i continui rinvii.
TRA NODI ASSUNZIONE DIRETTA DOCENTI REGIONI – Tra i nodi che il vertice non è riuscito a sbrogliare c’è anche l’istruzione. In particolare, a quanto si apprende, nel corso della riunione è stato sollevato il tema dell’articolo 12 del testo Stefani sull’assunzione diretta dei docenti che, in sostanza, prevede i concorsi regionali. Un punto sempre criticato dal M5S, ritenuto dai grillini “dannoso” per le altre Regioni, “con il rischio di istituire scuole di serie A, serie B e persino C”. Il sottosegretario 5 Stelle Salvatore Giuliano, riferiscono alcune fonti, nel corso del vertice ha evidenziato una sentenza della Consulta del 2013 che definiva “incostituzionale” il principio su una richiesta già espressa in passato dalla Lombardia. Si tratta, nello specifico, della sentenza 76/2013 con cui la Corte Costituzionale si pronunciava sulla legge regionale lombarda 19/2007 art. 8 sull’assunzione diretta dei docenti. Ma c’è anche un’altra questione relativa all’istruzione, quella sulle norme generali non cedibili rispetto a cicli, piano di studio, valutazioni di sistema, alternanza scuola-lavoro, formazione degli insegnanti, contenuto dei programmi, norme sulla parità scolastica, organizzazione su offerta formativa. Sempre a quanto si apprende, oggi si è anche deciso che le Sovraintendenze culturali non possono essere trasferite alle Regioni, con ogni probabilità anche le Ferrovie e le Autostrade: su questi punti non è stato trovato un accordo. Da fare, viene inoltre spiegato, anche valutazioni sull’impatto ambientale.
LEP E FONDO PEREQUAZIONE – Fonti M5S fanno trapelare “ottimismo e fiducia sull’ipotesi di trovare la quadra a partire da una proposta più equilibrata”, livellata in base a due principi cardine. Il primo è l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, ovvero i Lep, livelli di servizi che “devono essere garantiti ad ogni italiano indipendentemente da dove vive”. Il secondo riguarda il Fondo di perequazione: una volta trasferita una quota di gettito alla Regione, “se la situazione economica dello Stato dovesse cambiare è necessario che parte del maggiore gettito venga indirizzata alle altre Regioni, proprio per garantire stessi servizi da un estremo all’altro della Penisola”, spiegano le stesse fonti.
Tria: “Stabilizziamo debito nell’interesse dell’Italia”
“Noi stiamo facendo quello che dobbiamo fare per l’economia italiana e per stabilizzare il debito pubblico. Non è soltanto per rispondere a quello che ci chiede l’Europa. Lo facciamo fino a a quando noi pensiamo che questo coincida con l’interesse dell’Italia”. A sottolinearlo è il ministro dell’Economia Giovanni Tria, a margine della riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles.
“In genere bisogna arrivare a un qualche aggiustamento strutturale, ma lo sforzo grosso lo abbiamo fatto quest’anno. E questo varrà. Ovviamente bisogna continuare in quella direzione: l’importante è la stabilizzazione e poi la discesa del rapporto debito/Pil. Vedremo come andrà l’economia nel secondo semestre e lì prenderemo le decisioni ultime”, aggiunge Tria rispondendo alla domanda se l’Italia migliorerà di almeno 0,1 punti percentuali il deficit strutturale nel 2020.
La legge di stabilità per il 2020 “la decideremo in ottobre, naturalmente in linea con le regole di bilancio dell’Ue”, ha detto ancora il ministro dell’Economia aggiungendo: “Non credo” che oggi ci saranno critiche nell’Eurogruppo alla Commissione europea per la decisione di non raccomandare l’avvio di una procedura per debito nei confronti dell’Italia. “Poi ognuno ha la libertà di parola”, ma “credo che non ci sia nulla da discutere”.
La Commissione europea “ha deciso di non raccomandare l’avvio di una procedura per deficit eccessivo legata al debito nei confronti dell’Italia, considerando che gli impegni presi dal governo italiano sono sufficienti perché procediamo in questo senso. Bisognerà che” oggi a Bruxelles “Giovanni Tria dal canto suo illustri questi impegni, perché sta anche a lui convincere i suoi pari, ma ho fiducia che l’Eurogruppo sosterrà la posizione della Commissione”, affermato dal canto suo il commissario agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici, a margine dell’Eurogruppo a Bruxelles. “E’ molto chiaro – continua Moscovici – che non è interesse di nessuno aprire una procedura simile. Non è interesse dell’Italia e non è interesse della zona euro. Preferisco di gran lunga il fatto che abbiamo ottenuto le rassicurazioni del caso con un dialogo molto serrato, per il 2019 e il 2020, perché la procedura oggi non sia necessaria. Bisognerà continuare a osservare la situazione da vicino, nel momento in cui il governo presenterà la legge di bilancio per il 2020, per assicurarsi che sia conforme al patto di stabilità. Il 15 ottobre esamineremo il Documento programmatico di bilancio”, cosa che “sarà uno degli ultimi compiti di questa Commissione”.
“Spero, spero davvero che tutti abbiano capito in Italia che è meglio discutere insieme, dialogare insieme, rispettare le regole, applicate in modo intelligente, piuttosto che stare in uno scontro che trovavo sterile e inutile, ma che ha finito per dare frutti”, ha poi aggiunto Moscovici
Taglio vitalizi, bocciato ricorso
“Vi ricordate il taglio dei vitalizi degli ex parlamentari che abbiamo fatto nei mesi scorsi? Qualcuno ha fatto ricorso per conservare il privilegio che percepiva ingiustamente da anni. Ma oggi è arrivata una bellissima notizia: la Cassazione ha bocciato il ricorso!”. Lo scrive Luigi Di Maio su Fb. “Perché sui vitalizi e sulle indennità parlamentari decidono solo gli organi dell’autodichia, a garanzia dell’autonomia del Parlamento. E gli Uffici di Presidenza delle Camere, anche grazie ai nostri portavoce, hanno deciso di tagliare questi privilegi assolutamente iniqui. Con l’eliminazione dei vitalizi sapete quanto andremo a risparmiare? Circa 280 milioni, tra Camera e Senato, a legislatura. Soldi che invece di finire nelle tasche di pochi privilegiati potranno essere usati a favore degli italiani”, conclude Di Maio.
“Il superamento dei vitalizi è una misura importante di cui vado orgoglioso” scrive su Twitter il presidente della Camera, Roberto Fico. “L’ordinanza emessa dalla Cassazione – dice il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro – ribadisce l’autonomia delle Camere e stabilisce che il Parlamento è l’organo legittimato a determinare il taglio dei vitalizi secondo il principio dell’autodichia. Ci dicevano che sarebbe stato impossibile ma ancora una volta i fatti ci danno ragione. I vitalizi furono introdotti poco prima di Natale del 1954, di notte, con una delibera approvata in gran segreto dall’Ufficio di Presidenza della Camera. Oggi, 65 anni dopo, con lo stesso strumento e alla luce del sole, li abbiamo cancellati”. Fraccaro si augura “che, dopo questo pronunciamento della Suprema Corte, non ci siano altri tentativi di ritorno al passato per ripristinare insopportabili ingiustizie sociali che i cittadini non sono più disposti a tollerare. A nessun livello. Dopo il taglio dei vitalizi alla Camera e al Senato, la stessa misura si sta infatti adottando in tutti i consigli regionali d’Italia, un risultato storico per il nostro Paese”.
Paolo Armaroli, come il mugnaio di Potsdam che confidava nel giudice di Berlino, confida nei giudici della Corte Costituzionale. Già parlamentare di An, docente di diritto pubblico, vede nell’ordinanza della Cassazione “un bicchiere mezzo pieno”. E il motivo è presto detto. “E’ vero – afferma il giurista all’Adnkronos – che viene ribadito il principio dell’autodichia delle Camere, in base al quale Camera e Senato sono giudici legittimati in materia” ma se “sono giudici, e non un plotone di esecuzione al quale farebbero pensare le parole del vicepremier Luigi Di Maio che in tv aveva detto ’rassegnatevi’ ai titolari di vitalizi, allora qualsiasi ricorrente potrà adire la Corte Costituzionale in via incidentale”. All’osservazione che la normativa si basa su documenti degli Uffici di Presidenza interni delle Camere, e non su una legge, Armaroli non si scompone: “Infatti: si tratterà di individuare, grazie a bravi avvocati che sono già al lavoro, la norma interposta su cui si basano le regole dei vitalizi. Insomma, se ci sono giudici a Montecitorio e al Senato, ben ci saranno – conclude – dei giudici alla Corte Costituzionale”.
Stretta sulle scorte
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha firmato una nuova direttiva sulle scorte. Il provvedimento, spiega il Viminale, mira a razionalizzare le misure di protezione esistenti e a fornire criteri più stringenti per un’analisi rigorosa delle situazioni che richiedono le tutele personali.
“Siamo impegnati per garantire la massima tutela per chi è davvero a rischio – afferma Salvini – ma siamo determinati a recuperare centinaia di donne e uomini delle Forze dell’Ordine per assicurare la sicurezza a tutti gli altri cittadini”. L’obiettivo è “rendere più efficiente il servizio sia per personale impiegato che per risorse utilizzate. Competenti a decidere sulle scorte sono appositi uffici all’esito dei riscontri informativi. Si tratta di atti amministrativi e non politici”.
Al 1° giugno 2018, prosegue il Viminale, le misure per le tutele personali ammontavano a 618, con l’impiego di 2.218 donne e uomini delle forze di polizia, oltre a circa 230 agenti utilizzati per le cosiddette vigilanze fisse ad abitazioni e luoghi di lavoro, 434 le auto blindate fornite, 266 le vetture non specializzate.
Esattamente un anno dopo al 1° giugno 2019, all’esito di un primo intervento che ha portato ad una razionalizzazione dell’esistente, le misure di sicurezza sono 569 con un calo di circa il 9% del numero di agenti utilizzati sia per le scorte personali che per le vigilanze fisse. Per l’esattezza 2.015 le unità delle forze di polizia impiegate (203 in meno rispetto a dodici mesi prima), oltre a 211 per le vigilanze fisse, 404 le vetture blindate e 234 le non specializzate.
Le categorie maggiormente tutelate: magistrati, imprenditori e diplomatici, oltre a politici, giornalisti e alti dirigenti dello Stato. In particolare, al primo giugno 2018 risultavano protetti 274 magistrati, 82 politici, 45 imprenditori e 28 diplomatici. Dopo un anno il numero dei magistrati tutelati non ha subìto variazioni, i politici sono scesi a 58, gli imprenditori a 32 e i diplomatici a 27.
I NUMERI – Aumentano i giornalisti sotto scorta mentre diminuiscono i politici. Stabili i magistrati e i religiosi. Al primo giugno 2019 i giornalisti scortati sono 22 a fronte dei 18 dello scorso anno, i politici 58 rispetto agli 82 del 2018; stabili i 274 magistrati protetti così come gli 11 religiosi. In calo anche gli imprenditori sotto scorta: 32 rispetto ai 45 dello scorso anno.
Lieve il gap, invece, nelle altre categorie: tra le altre quella dei familiari dei collaboratori di giustizia, 6 quelli che dal primo giugno scorso si sono ritrovati senza protezione (1 nel 2019, erano 7 nel 2018); 10, poi, gli ex testimoni di giustizia che lo scorso anno godevano della tutela, cinque in meno rispetto al 2019.
E’ il Lazio la regione dove si abbatte con più violenza la scure del Viminale. Qui, ancor più che nel “solito” Meridione, secondo i dati del Ministero dell’Interno, il taglio delle scorte è evidente con 173 personaggi protetti contro i 209 dello scorso anno: 36 quelli che dal primo giugno scorso hanno iniziato una nuova vita da “non protetti”. A seguire la Sicilia, dove quest’anno sono in 124 a godere della vigilanza rispetto ai 142 del 2018. Due persone in più, invece, in Lombardia (40 sui 38 dello scorso anno) e in Campania (70 sui 68 del 2018). Due in meno, invece, in Calabria (67 rispetto ai 69 dello scorso anno).
“Alex confiscata”
“Questa mattina la Guardia di Finanza ha contestato una seconda violazione del Decreto sicurezza bis: un ingresso accidentale di Alexnelle acque territoriali che sarebbe avvenuto venerdì mattina”. Lo ha scritto Mediterranea in un tweet, aggiungendo che si tratta di un “pretesto del tutto illegittimo”. “Intanto – ha aggiunto la Ong – le conseguenze sono una seconda sanzione per un totale di 65mila euro di multa e il sequestro amministrativo con la confisca di Alex”.
“Se pensano di fermare così Mediterranea si illudono di grosso – conclude Mediterranea sul social – stiamo già preparando i ricorsi e con il sostegno di tutti voi torneremo presto in mare”.
“Il ministro Salvini vive perennemente in campagna elettorale, dove si può dire qualsiasi cosa, tanto nessuno ti chiede mai conto. Bene, allora andiamo in un luogo in cui si possa verificare fino in fondo se quello che afferma è giusto o meno”, ha detto ai microfoni di Radio Capital Alessandro Metz, armatore di Mediterranea. “Voglio arrivare ad un processo in cui si verifichi se io sono veramente uno scafista, un trafficante, così come mi ha appellato”, ha continuato Metz, “oppure, se non lo sono, magari Salvini diventa un finanziatore involontario di Mediterranea, perché dovrà darci dei soldi e con quelli faremo delle nuove operazioni e magari salveremo anche delle vite”. Metz ha ringraziato il ministro “per quello che afferma, però vorrei che questa volta non scappasse dal processo, che venisse in un luogo dove si può determinare fino in fondo se quello che afferma è vero o meno”.
L’armatore dell’Ong ha poi espresso la sua gratitudine per la solidarietà dimostrata dai sostenitori di Mediterranea: “La parte bella del tutto è che nonostante si parli sempre del consenso a Salvini, alla linea dura, alla Lega ed ai porti chiusi, vedi che nel momento del bisogno e di maggiore repressione c’è una risposta enorme di migliaia di persone a sostegno di invece chi ancora oggi auspica e pratica la possibilità di un paese diverso. E’ possibile sostenerci sul sito di Mediterranea. Il nostro obiettivo è di tornare il prima possibile in mare”, ha concluso.