App Immuni è utile? Cosa dicono gli esperti
Da oggi è possibile scaricare in tutta Italia la App Immuni per il contact tracing, ritenuto uno dei pilastri di questa fase dell’emergenza coronavirus. Ma l’applicazione serve? L’Adnkronos Salute l’ha chiesto a 9 esperti in prima linea nella lotta a Covid-19.
Secondo Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e professore emerito di Microbiologia dell’università di Padova, Immuni “ha una serie di limitazioni: non sappiamo quanto vicina deve essere una persona per essere captata, il sistema operativo deve essere aggiornato, l’hotspot sempre acceso, ci deve essere la volontarietà dell’individuo e dovrebbero averla scaricata almeno il 70% degli italiani. Secondo me sono molte limitazioni – osserva – Questo progetto è un ’wishful thinking’: se copro il 30-40% della popolazione è come non coprire nulla”.
Dell’applicazione il virologo dell’università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco evidenzia “il limite della volontarietà”, ma anche quello “della voglia di far sapere di essere soggetti che magari hanno avuto un contatto stretto” con una persona Covid-positiva, “per il conseguente isolamento forzoso”.
E se non sembra interessato allo strumento Alberto Zangrillo, direttore delle Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell’ospedale San Raffaele di Milano, secondo cui “l’osservazione clinica è la base di ogni ragionamento”, esprime perplessità su due diversi fronti il virologo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova e direttore dell’Unità operativa complessa di microbiologia e virologia dell’azienda ospedaliera patavina.
“Primo – elenca Crisanti – non sono convinto che se il 60% degli italiani scarica l’App, questa sia in grado di funzionare. La probabilità che due persone che ce l’hanno sul telefonino si incontrino sarebbe così del 36% e quindi è più o meno inutile. L’altro aspetto che onestamente a me dà abbastanza fastidio è relativo alla governance dell’App Immuni: non sono contento che chi l’ha sviluppata la gestisca anche. Perché poi come utente mi trovo in una situazione totalmente asimmetrica in termini di potere e di controllo”.
“Io voglio – aggiunge Crisanti – che l’App sia gestita da un organismo totalmente indipendente e terzo rispetto a chi l’ha sviluppata. In questo momento non è così e questo secondo me non va bene. C’è un problema serissimo di governance. E se lo sviluppatore è anche il gestore, se cambia un codice in un sistema complicatissimo chi lo controlla? Chi gestisce l’App deve essere diverso da chi l’ha sviluppata perché non c’è una legge che la regola, è basata sulla buona fede delle persone e non capisco perché le persone non debbano essere tutelate. Sono anzi sorpreso che questo problema non sia stato sollevato”.
“La App potrebbe essere uno strumento utile solo se scaricata dalla maggioranza dei cittadini – evidenzia dal canto suo l’immunologa Antonella Viola – e accompagnata da un servizio che, in caso di contatto con un positivo, accompagni il cittadino verso il percorso giusto”, raccomanda la direttrice scientifica dell’Irp (Istituto di ricerca pediatrica)-Città della speranza di Padova.
Possibilista sull’efficacia di Immuni Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma: “E’ una App sul modello coreano molto utile nel rintracciare i contatti di un soggetto positivo a Covid-19, che può certamente aiutare in questo senso anche se, personalmente, troverei più utile e vantaggiosa una epidemiologia di territorio che può fare questo lavoro. Vediamo che risultati ci può dare”.
Secondo Pierluigi Lopalco, epidemiologo dell’università di Pisa, l’applicazione “può essere un ottimo supporto alle attività di tracciamento”.
“La tecnologia, se serve a far del bene, usiamola”, è anche l’invito del genetista dell’Università di Tor Vergata Giuseppe Novelli.
Favorevole in generale alle applicazioni come valido strumento per il ’tracing’ si è detto anche il virologo Roberto Burioni. In un intervento a ’Che tempo che fa’ su Rai2, in vista delle riaperture ha esortato: “Serve fare tamponi, tantissimi test, perché questa malattia può durare anche un mese. E poi servono le App per tracciare tutti i contatti”, ha aggiunto il docente dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Focolaio San Raffaele, indaga la procura di Roma
I pm della Procura di Roma indagano sul caso dei contagi da covid-19 all’Irccs San Raffaele alla Pisana dove nei giorni scorsi è scoppiato un focolaio. A piazzale Clodio è stato aperto un fascicolo, al momento un modello 45, senza indagati né ipotesi di reato. Le indagini, con gli accertamenti delegati ai carabinieri del Nas, sono finalizzate a verificare se siano state rispettate tutte le norme in materia sanitaria. Intanto proseguono le indagini su fascicoli aperti nelle scorse settimane sulla casa di cura Villa Fulvia e sulla casa di riposo Giovanni XXIII.
Il focolaio dell’Irccs S.Raffaele Pisana “raggiunge un totale di 111 casi positivi e 5 decessi correlati. Il sistema dei controlli ha funzionato e si è risposto con grande tempestività, ma non dobbiamo mai abbassare la guardia perché sono situazioni che possono ripresentarsi”, ha intanto evidenziato l’assessore alla Sanità e l’Integrazione sociosanitaria della Regione Lazio Alessio D’Amato, in una nota, al termine dell’odierna videoconferenza della task-force regionale per il Covid-19 con i direttori generali di Asl, Aziende ospedaliere, Policlinici universitari e ospedale pediatrico Bambino Gesù. I 2 casi segnalati oggi e riferiti al cluster sono relativi alla Asl Roma 5. “In settimana verranno nuovamente eseguiti i test a tutti i dipendenti e tutti i pazienti rimasti”, conclude D’Amato.
Zaia: “Entro 15 luglio piano per ’Fase 4’ in autunno”
“Stiamo preparando un piano di sanità pubblica per la prossima ’Fase 4’, in autunno che sarà comunque complicata, perché anche se non tornerà un’epidemia aggressiva del Covid 19 ci sarà comunque il ritorno dell’epidemia influenzale e quindi dovremo dividere i malati Covid dai ’No Covid’. L’Unità di crisi della Regione Veneto definirà questo piano per il 15 luglio, che sarà poi validato dal Comitato tecnico scientifico regionale”. Lo ha annunciato il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha quindi spiegato che se ritornerà il Covid “noi terremo pronta ’l’artiglieria pesante’ con i potenziali 1600 posti in malattia infettiva, e saremo pronti a riaprire in tempi brevi 5 ospedali ora chiusi”.
Per quanto riguarda invece la fase 3 “in settimana – ha fatto sapere Zaia – avremo un incontro con i colleghi presidenti di Regione per affrontare il discorso delle ultime linee guida, vista la continua evoluzione: siamo tutti convinti che il 15 luglio sia la dead line per decidere l’ulteriore allentamento delle ultime restrizioni oppure la loro fine definitiva”. Lo ha annunciato il presidente del Veneto, Luca Zaia oggi nel punto stampa. “Infatti rimane aperta la partita degli spettacoli, teatri, discoteche. E soprattutto, entro domani, dopodomani al massimo contiamo di riaprire in Veneto le case di riposo, permettendo l’accesso ai parenti degli ospiti delle case di riposo”, ha spiegato.
“Certo, l’apertura delle frontiere è un rischio, ma è un rischio che dobbiamo correre in questa fase di convivenza con il virus. D’altra parte – ha concluso il governatore – ogni volta che prendiamo una decisione si rischia e si butta il cuore oltre l’ostacolo…”.
Ascoli Piceno, 8 pazienti uccisi in Rsa: arrestato infermiere
E’ accusato di omicidio aggravato, continuato e di tentato omicidio aggravato, continuato e lesioni gravi, l’infermiere 57enne, già in servizio presso la R.S.A. di Offida, finito al centro delle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Ascoli Piceno che hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Ascoli Piceno. Il 57enne è accusato di aver volontariamente causato, a partire dal gennaio 2017 al febbraio 2019, “il decesso di otto pazienti di quella struttura, tentando di causarne altri quattro, somministrando illecitamente farmaci in dosaggi tossici o letali e comunque incompatibili con le terapie prescritte”.
L’indagine ha avuto inizio nel settembre 2018, quando la stazione dei carabinieri di Offida ha segnalato alla procura di Ascoli Piceno alcune informazioni raccolte su decessi sospetti, avvenuti nella struttura sanitaria che ospita anziani non autosufficienti e con necessità di assistenza di tipo sanitario.
Dalle indagini, durate diversi mesi e condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Ascoli Piceno, supportato nelle fasi iniziali dalla compagnia di San Benedetto del Tronto e dalla stazione dei carabinieri di Offida, sono emersi i primi riscontri quando dalle preliminari analisi sul sangue di alcuni pazienti deceduti nella struttura sono emerse concentrazioni di promazina (farmaco neurolettico), a livelli tossici ed assolutamente incompatibili con le terapie prescritte per quei pazienti.
All’inizio del 2019, dall’esame autoptico di due salme, di cui una riesumata, è emerso che uno dei pazienti era morto per una somministrazione di promazina in dosi letali e l’altro per somministrazione di insulina in un soggetto non diabetico. L’indagine, di spiccato livello tecnico-scientifico, si è sviluppata, oltre che con attività tecniche, con attente analisi di decine di cartelle cliniche acquisite per numerosi pazienti delle struttura e con l’escussione di un molte persone informate sui fatti (tra cui medici, infermieri ed operatori socio sanitari).
Sono emersi, fanno sapere i carabinieri di Ascoli Piceno, “gravi e concordanti indizi di responsabilità sul conto di W.L., un infermiere 57enne in servizio nella Rsa di Offida, per aver volontariamente causato, a partire dal gennaio 2017 al febbraio 2019, il decesso di otto pazienti di quella struttura, tentando di causarne altri quattro, somministrando illecitamente farmaci in dosaggi tossici o letali e comunque incompatibili con le terapie prescritte”.
Le complesse indagini dirette dalla Procura Repubblica di Ascoli Piceno sono state svolte dai carabinieri in costante coordinamento con l’Unità Operativa di Medicina Legale di Ascoli Piceno, mentre l’odierno indagato, da mesi, a seguito dei primi atti d’indagine, era stato trasferito ad altro incarico non a contatto diretto con i pazienti.
Terremoto, nuova scossa a Lampedusa
Nuova scossa di terremoto a Lampedusa. A darne l’annuncio è il sindaco Salvatore Martello. “È la seconda in pochi giorni, dopo quella di venerdì – dice il sindaco – l’intensità è stata pari a 3.0 gradi della scala Richter. L’epicentro è stato individuato ad una profondità di 37 chilometri, ad una distanza di circa 11 chilometri dalla nostra isola. Molti lampedusani hanno avvertito la scossa ma non ci sarebbe nessun ferito, stiamo verificando se vi siano stati danni agli immobili”.