Esperimento sociale, sfida digitale nel mercato dei social, utopia distopica che si auto avvera. O tutte e tre assieme. Comunque la si veda e da qualsiasi angolazione la si guardi, la nuova piattaforma senza esseri umani al momento attira curiosità e qualche perplessità. SocialAI è la nuova nata all’interno del mercato dei social, e non una novità di poco conto, perché si presenta sotto vecchie vesti, ovvero come un nuovo X, ma in realtà ha una tecnologia assolutamente inedita: opera senza l’intervento di esseri umani e con chatbot alimentati dall’intelligenza artificiale. L’idea è semplice e, nello stesso tempo, provocatoria, ovvero creare uno spazio in cui gli utenti possono interagire solo con bot AI, evitando problematiche e disagi tipici dei social media tradizionali come mancanza di interazioni e trolling, “difetti” che per la verità si stanno ormai affermando a macchia d’olio e sono sempre più spesso denunciati dagli stessi utenti (e da genitori preoccupati). Una volta iscritti attraverso una scelta su varie tipologie di “follower”, l’utente sarà subito dentro il flusso di interazioni generate dall’IA, che risponde ai post in base alle caratteristiche scelte. La volontà del CEO Michael Sayman, è di far sì che la piattaforma aiuti le persone a sentirsi ascoltate ed evitare la spiacevole sensazione di isolamento che ormai da alcuni anni molti utenti provano sulla propria pelle (si veda l’uso passivo dei social attraverso lo scrolling continuo).
Social IA si presenta dunque come un social anticonvenzionale sotto molti aspetti, da quello tecnologico a quello riguardante la qualità delle interazioni. Fiumi di parole, commenti, like a profusione, l’utente si trova introiettato all’interno di un mondo in cui è preso seriamente in considerazione, senza il rischio di isolamento volontario o involontario. Il singolo utente viaggerà però in solitudine, in uno spazio interattivo fatto di feedback e commenti provenienti non da suoi altri simili, ma da apposite ed effervescenti intelligenze artificiali pronte a stimolare la discussione su qualsiasi tema proposto. Su Social IA non vi è il dubbio su chi stia effettivamente rispondendo ai nostri commenti o su chi abbia messo un like, perché sin da subito vi è la specifica dichiarazione d’intenti che accerta che ogni conversazione proviene da un bot intelligente. Importanti questioni però vengono sollevate, a partire da quelle di ordine etico e sociale circa i pericoli di ulteriore isolamento, crescita di camere dell’eco e bolle artificiali, sino ad arrivare alla inevitabile constatazione della crescita senza limiti della capacità dell’IA nel simulare conversazioni umane. D’altra parte, in un’epoca in cui i social sono spesso tacciati di far crescere ansia, odio e inquietudini adolescenziali, Social IA sarebbe una ventata di aria fresca nell’offrire una comfort zone in cui l’utente possa essere finalmente se stesso, senza il timore, di subire attacchi personali dopo un’esternazione pubblica.
La prospettiva di Social IA può dunque apparire consequenziale alle derive social degli ultimi tempi; una provocazione mascherata però da intenti futuristici sull’applicazione dell’IA in un settore, i social, in cui vi sono miliardi di potenziali utenti con il loro preziosissimo carico di dati portati in eredità alle piattaforme. Le ombre presenti e future si addensano attorno al rischio di un ulteriore impoverimento del senso delle relazioni umane e sul reale significato da dare a tale genere di novità. È chiaro che trattasi di un’evoluzione in senso tecnologico del genio umano; si tratta però d’altra parte anche di un’involuzione della crescita emotiva tipica della nostra razza. Gratificare hic et nunc senza tempi morti un individuo, lo trasporta in un mondo sempre più soppesato da like e follower in cui ognuno di noi è chiamato a fare esperienze senza un feedback umano carico di sfumature emotive e pieno invece di artificiosità robotica. Le relazioni umane sono troppo imprevedibili e complesse perché un IA, seppur ben studiata e architettata all’uopo, possa coglierne le sfumature di senso, l’empatia e la creatività, a meno che non siamo scientemente noi a rinunciare alle nostre peculiarità per farci guidare alla scoperta eterodiretta di un mondo di cui abbiamo rinunciato a comprenderne le più complesse e diverse sfaccettature, lasciandoci andare invece al flusso di una polarizzazione ormai in atto. L’applicazione dell’IA, resa esplicita nell’uso di una piattaforma, ricorda molto da vicino l’organizzazione del lavoro taylorista: assegnare al lavoratore un compito ben definito e dove il lavoro è stabilito a priori dalla direzione in tutti i suoi dettagli. L’esecutore materiale (l’utente) offre una cosiddetta gentile collaborazione all’esecuzione (i suoi dati) e alla produzione (donando il suo tempo e la sua attenzione) a un meccanismo che è stato già definito come scientifico e dunque ontologicamente razionale in sé.