PARIS FASHION WEEK HAUTE COUTURE SPRING-SUMMER 2020

TRA ONIRICO E FEMMINISMO

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La ville lumiere è in pieno fermento fashion; si è appena conclusa la fashion week dedicata alle collezioni menswear per il prossimo autunno-inverno che si è già catapultata nelle sfilate dedicate all’haute couture per questa primavera-estate. Hanno sfilato trentacinque collezioni con i loro abiti da sogno che vedremo indosso alle star nelle prossime serate di gala tra cui l’attesissimo red carpet degli Oscar. Anche quest’anno ci saranno le maison del Made in Italy come Schiapparelli, Giambattista Valli, Giorgio Armani Privè e Valentino che hanno deciso di presentare a Parigi le loro collezioni di haute couture e dove, d’altro canto, ha brillato per assenza la “francesissima” maison Louis Vuitton. Il designer Jean Paul Gaultier ha annunciato che dopo cinquant’anni di carriera darà definitivamente addio al fashion system con una sfilata che è stata un omaggio al suo lavoro e ai suoi capi più iconici come il corsetto creato per la pop star Madonna per il suo tour mondiale nel 1990 e che tutte le fashion addicted ricorderanno perfettamente.

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L’attrice italiana Ornella Muti a sessantaquattro anni fa il suo debutto come modella per la designer Ulyana Sergeenko sfilando con un abito metal “camice da dottore” che arriva da un altro pianeta, ma con un tocco da geisha dato dall’acconciatura. L’attrice meritava un outfit meno confuso, meno buttato lì; vogliamo parlare dei guanti troppo grandi inelegantemente arricciati o delle décolleté silver sotto un abito rose gold?

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L’haute couture parigina si apre con la sfilata della maison Schiapparelli e la collezione creata dal designer Daniel Roseberry chiamato ad aprile dello scorso anno a sostituire il designer Bertrand Guyon; Roseberry ha tutta l’intenzione di riportare in passerella il tratto onirico e surreale tanto cari alla fondatrice, Elsa Schiapperelli. La donna “ideale” per il designer è la donna che riesce a catalizzare su di sé gli sguardi degli altri quando entra in una stanza scegliendo di indossare capi originali dai dettagli onirici, colorati ed esclusivi per tessuto e fattura. Secondo il designer deve essere superato il fashion diktat giorno-sera, una donna deve indossare sempre qualcosa di chic ed unico da mattina a sera, anche un piccolo accessorio come può essere un bottone gioiello può fare la differenza. La palette colori si arricchisce di tonalità neutre (inusuali per la maison), di tanto classic blue per arrivare, a fine sfilata, ai colori pop tanto amati da Elsa Schiapparelli come il celeste, il rosso e l’iconico rosa Schiapparelli. La collezione è destinata ad una donna estremamente chic nel suo tailleur pantalone, ma che non rinuncia ad indossare outfit surreali come l’abito a rete dove restano impigliati preziosi orecchini o l’abito rainbow.

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Se la sfilata di Schiapparelli è stato un viaggio attraverso un sogno surrealista, la sfilata della designer Maria Grazia Chiuri che dà voce e creatività alla maison Dior è stata un inno alla femminilità e al femminismo, un fil rouge di tutte le collezioni della designer. Nel bellissimo giardino del Musée Rodin di Parigi ha sfilato una collezione di haute couture ispirata fortemente dall’artista femminista Judy Chicago; la passerella si è trasformata in un tappeto fiorito e dove sono state installati drappi finemente ricamati con gli slogan più popolari dell’artista: “e se governassero le donne?” “Dio potrebbe essere una donna?” oppure “uomini e donne potrebbero essere uguali?”. Il capo cult della maison restano gli abiti da sogno che hanno reso la designer ambitissima dalle star, abiti impalpabili e femminili dalle linee fluide che sono un omaggio all’antico peplo, abiti sedotti dalle frange e dal monospalla che trasformano le donne in dee, ma perfettamente attaccate al presente e alle sfide di oggi. La palette colori ha due vincitori indiscussi, il bianco e l’oro spesso in total look, poco presente il classic blue, ma sono presenti accenti di azzurro, rosa, grigio e verde nella sua nuance più pop come il lime. Una collezione senza superflue esagerazioni, una collezione portabilissima o perlomeno per le poche fortunate che potranno acquistarla; la designer Maria Grazia Chiuri si conferma una dei più bravi designer presenti nel fashion system di oggi.

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Al concettuale ed esteta designer Giambattista Valli una passerella può essere apparsa “riduttiva” scegliendo di trasformare l’hotel di Parigi Shanri La quasi in un museo che porta, attraverso i suoi abiti, a conoscere l’arte certosina e sapiente dell’haute couture. Indosso a manichini colorati si possono ammirare abiti dai volumi imponenti, ruches, fiocchi, piume, micro cristalli, bellissimi fiori tridimensionali, strati di taffetà di seta ed impalpabile chiffon; la palette colori è da togliere il fiato fatta da colori e nuance vivissime con incastri del tutto inaspettati. Sono abiti onirici quelli del designer Giambattista Valli perfetti per i red carpet più prestigiosi e per le donne che attraverso un abito vogliono “indossare” il sogno senza però indulgere nel suo lato più stucchevole.

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La sfilata della maison Chanel è in un Grand Palais trasformato in un bucolico giardino dove l’intera collezione è un inno alla coppia più chic del fashion: black and white. Questa è stata la seconda collezione di haute couture disegnata dalla designer Virginie Viard dopo la scomparsa di Karl Lagerfeld e anche in questa occasione le aspettative sono rimaste deluse. Niente di nuovo sotto il Grand Palais, si (ri)vedono gli iconici tailleur bouclé senza pretesa di una rivalsa moderna, gonne in tulle e abiti in organza ricamata, una collezione monacale a tratti collegiale identificata dai calzettoni bianchi e mocassino d’ordinanza. Il feticcio che Chanel propone per la prossima primavera sono i collant bianchi che, a mio modesto parere, possiamo anche farne a meno.

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Al Pavillon Vendome il designer Giorgio Armani per la sua collezione Armani Privè si lascia ispirare dall’antica tecnica di lavorazione ikat del tessuto diffusa soprattutto in Indonesia e Malesia; lo stesso designer ha affermato di essere stato da sempre affascinato dal folk e dalla lavorazione ikat che appaga la voglia di bello e di arte. Nelle mani di Giorgio Armani il mood folk diventa lusso, glamour ed eleganza con contaminazioni occidentali come le frange, le micro perle, i cristalli che rendono ancora più preziosa ed esclusiva questo tipo di lavorazione. L’idea sublime del designer è stata “velare” il tessuto ikat da uno strato di tulle che ha reso i settant’otto outfit usciti in passerella davvero suggestivi, capi unici che possono arrivare a costare più di quarantamila euro. La palette colori composta dal bleu, dal verde, dal rosa, dal rosso, dal nero e dall’immancabile greige (fusione di grigio e beige) viene “dissolta” dalla lavorazione ikat dando vita a nuance inedite e sofisticatissime e fanno sì che l’abito non abbia bisogno di null’altro.Le modelle hanno sfilato quasi senza un bijoux, con un make up natural ed indossando una parrucca uguale per tutte, perché anche un piccolo dettaglio potrebbe spezzare il perfetto equilibrio stilistico tra tessuto e colori. Nella collezione haute couture Giorgio Armani Privè l’onirico prende sostanza nel tessuto e non servirà nient’altro alle fortunate donne che indosseranno questi splendidi abiti.

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La maison Givenchy rende omaggio all’allure francese e in particolar modo alla Costa Azzurra e ai suoi outfit più cool. In passerella sfilano prendisole super chic in candido pizzo, grandi cappelli, gonne a ruota e long dress a balze. Una collezione d’antan che rievoca quella che fu la regina per eccellenza della Costa Azzurra, Brigitte Bardot, dei suoi outfi e del suo colore preferito; ma la Brigitte 2020 sceglie di indossare non solo il bianco, come amava fare la Bardot, ma anche colori vividi che lasciano il segno come l’argento, il rosa Schiapparelli, il giallo e il total black. La donna è vista dalla designer Clare Waight Keller come un fiore e da questo assunto nella seconda parte della sfilata salgono in passerella abiti, destinati alla sera, a corolla che imitano i fiori, le loro forme e la loro leggerezza grazie all’organza, al chiffon, al tulle. La palette colori è sovrastata dal bianco in total look e dal black and white che innegabilmente regalano allure e leggerezza agli outfit. Anche per Givenchy, come per molti designer, la prossima primavera-estate saranno dominate dal bianco e dal nero destinati a creare tanti assoli, ma anche tanto gioco di coppia; che sia haute couture o pret-a-porter il trend sarà fortissimo. Anche la maison Givenchy porta in passerella il collant bianco, se pur trapuntato da micro cristalli come aveva fatto la maison Chanel; il bianco sarà pur un trend alert, ma il collant bianco non dona ad anima viva.

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E poi nell’ultima giornata di haute couture arriva lui, l’italianissimo designer Pierpaolo Piccioli ed incanta tutti, i parigini, i fashion editor e il suo pubblico. La collezione creata per la maison Valentino è tutta nelle parole che il designer lascia sul suo profilo Instragram: “Questa collezione è stata ispirata dal mistero del mondo inconscio, perché quello che nascondiamo, a volte, può essere la nostra più grande forza. Devo ringraziare tutti i membri del mio atelier per aver messo coraggiosamente così tanto loro stessi in quello che fanno. Passione, lacrime, notti insonni, mani e occhi stanchi. Potresti non vederlo, ma è tutto lì. Nell’incredibile magia dell’alta moda”. Inutile dire che gli abiti che hanno sfilato hanno perfettamente incarnato l’onirico che è l’essenza dell’haute couture che oggi, sempre più, cerca di avvicinarsi al pret-a-porter e alle esigenze di mercato. La pulizia e la struttura, a tratti apparsa troppo rigida, delle linee vengono rese eteree dalle ruches, dai maxi fiocchi e da una palette colori strepitosa fatta di rossi, di rosa, di bleu, di viola, e di gialli che danno vita a commistioni inedite ed originali e che da tempo è il tratto distintivo del designer. Pierpaolo Piccioli non si è risparmiato nel creare una collezione dove ha deciso di aggiungere (vedi i maxi orecchini) invece di sottrarre senza trasmettere però un senso di opulenza o di eccesso; l’haute couture questo deve e continuare ad essere, l’onirico che prende vita in un abito e suscitare il sogno di indossare un abito del genere.

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A chiudere con macabra e scanzonata nonchalance la fashion week parigina ci ha pensato il designer Jean Paul Gaultier con il suo fashion show di addio all’haute couture dopo che già nel 2014 aveva detto addio al pret-a-porter. La sfilata si è aperta con una bara per poi diventare una festa allietata dalla voce dell’amico e cantante pop Boy George; è stata una lunga cavalcata attraverso i suoi cinquant’anni di carriera e dei suoi capi più iconici come i bustier, gli abiti guepiere, le maxi cinture, il mood marinière, il grande amore per il denim e il camuflage. In passerella c’erano le top model degli anni novanta e quelle di oggi e dove la sua grande amica Dita Von Teese, eccezionalmente modella per un giorno, ha sfilato fasciata in un mini dress guepiere color cipria. Il fashion system deve dire addio a uno dei designer più dissacranti ed irriverenti che personalmente non ho mai amato particolarmente, ma che per onestà intellettuale è giusto dire che attraverso la sua moda ha mutato, assieme ai designer Franco Moschino e Vivienne Westwood, la concezione di fashion fatto solo di eleganza e di glamour per aggiungerci quel pizzico di scandalo e sana provocazione.

T. Velvet

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