L’ISIS E L’ARMAGEDDON

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In Italia non c’è tregua, perché c’è passione. Qualcosa che stani gli animi dai torpori profondi viene creata sagacemente dal nulla oppure si impone da sola all’attenzione perché evoca un qualcosa di irresistibile che accomuna. Ecco, è il sentire comune che mi interessa analizzare.

cms_1921/Sanremo.jpgSiamo reduci delle sbornie provocate dalle melodie sanremesi, che sembrano studiate per sollecitare i gusti decisamente meno raffinati che albergano in chiunque (anche in chi si è poi avvicinato a stilemi più evoluti), e dai bagordi mediatici per l’elezione di un Presidente della Repubblica che tuti sanno avere un peso, nei fatti, pari a quello che ha il “due” a briscola.

cms_1921/Sergio-Mattarella_tram.jpgE difatti, per far parlare di sé, il Nostro se ne va a zonzo in tram tentando di sollecitare improbabili associazioni tra “Il potere” e la “gente comune”, contribuendo così a pizzicare le corde emotive degli animi più semplici. Eppure, attorno al sostanzialmente effimero, inutile, si è creata comunque una passione, e quasi tutti hanno detto la propria sulla canzone più bella o sul nome meno sgradito dei candidati alla Presidenza. Tutti uniti, a prescindere dal merito delle cose, per condividere lo stesso argomento, come fosse una coperta sotto la quale ci si può stare tutti insieme, a parlare di nulla, forse, ma comunque a comunicarsi qualcosa, sia pure con la consapevolezza che poco di significativo ne resta.

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È importante che tutti siano consapevoli che questa capacità, questa passione, esiste e che può essere utilizzata, incanalata anche in direzioni decisamente più importanti, come quello che riguarda la minaccia dei fondamentalisti di matrice islamica. In questo caso la sollecitazione della passione che accomuna e fa parlare ad oltranza le persone mentre si trovano sul posto di lavoro, al bar, nelle riunioni di condominio ed anche a letto, è più difficile, perché il fenomeno viene raccontato troppo superficialmente a mo’ di storiella per minori; la storiella è che ci sono pochi cattivi che minacciano i buoni, mentre il fenomeno è ben più proteiforme e articolato.

cms_1921/micacce_isis_roma.jpgCi sintetizzano che un gruppo di esaltati ha deciso di far guerra agli “infedeli” e che si è organizzato militarmente conquistando territori e nazioni intere o quasi, tra cui la Libia, ed è pronta, a suon di attentati, minacce e atrocità, a sottomettere chiunque, Italia in primis. In parte è anche così, ma la questione è altra. L’Isis sarà anche nata con quelle macchinazioni frutto di una razionalità distorta, ma non penso affatto che gli stessi ideatori dello Stato Islamico prevedessero il successo che la loro iniziativa avrebbe generato in termini di fascino e consenso.

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Già, perché il vero motivo che rende la “guerra” decisamente insolita è che non siamo al cospetto di una entità ben definita e individuabile in termini di persone schierate in trincea; no, abbiamo a che fare con una idea che ormai vive in modo astratto, e affabula e convince singoli e gruppi che stanziano in parti diverse del mondo. Cellule dormienti, simpatizzanti, gruppi di disperati che approfittano dell’organizzazione altrui per raggiungere anche i propri scopi, come in Libia, terroristi “a prescindere”, persino donne masochiste pronte a immolarsi anche come schiave del sesso.

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Una sorta di “blob” che avanza, ingloba e digerisce ogni cosa, ingrossandosi ogni giorno di più. È appena il caso di accennare che la questione religiosa è solo una scusa per cementare tra loro menti già pronte a fare un fronte unico per i più disparati motivi, anche economici, naturalmente, visto che i teatri di guerra vera e propria sono sempre quelli dove ancora oggi il petrolio rappresenta la principale fonte di guadagno.

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Ma costoro, pur avendo obiettivi diversi, si sono dotati di quella “coperta” di passione comune di cui in occidente ci serviamo troppo spesso solo per le futilità. Prospettare poi la cosa, come in tanti sostengono, come una sorta di resa dei conti tra Occidente buono versus Oriente cattivo è ancor più suggestivo. Armi pronte, dunque? Sarà la volta che ci riprendiamo Istanbul dopo sei secoli circa e la ribatezziamo “Costantinopoli”? Ci ritroveremo tutti nell’Armageddon vagheggiato nell’Apocalisse di Giovanni? Il fatto è che in quella visione biblica le forze del male e quelle del bene che si fronteggiano per la battaglia finale costituiscono due schieramenti ben riconoscibili. Nella nostra situazione, invece, se è abbastanza netto lo schieramento dove alberga il male, quando cerco di riconoscere l’altro per mettermi sotto la coperta del bene, continuo ad avere freddo perché mi sa che è troppo corta, anche perché la risposta che serpeggia è sempre la stessa: “enola gay” o giù di lì.

cms_1921/aerei_da_guerra.jpgOra, contro le idee forti l’uso delle armi è solo una opzione tra tante, ma non può mai essere una strategia definitiva. Contro le idee che affondano le radici in una passione comune bisogna combattere con una passione altrettanto forte, la stessa che, ahimé, da noi sembra agire solo per le cose che contano quanto il due a briscola. Nemmeno il valore simbolico della cultura di tutta l’umanità distrutta a suon di picconate in Iraq sembra smuovere le coscienze. Tutti ci impegniamo molto a guardare i format strutturati con precisione logaritmica per non-pensanti inebetiti, cotti per bene e pronti poi a ingurgitare partite di calcio che ormai-sembra-sempre-domenica, e guai a chi ci disturba con sciocchezze come arte o cultura. Che ci pensino i governanti a bloccare i cattivi per evitare che rompano pietre vecchie o peggio, il nostro nuovo televisore di sedicimila pollici, ultra piatto e con una definizione di immagine che quasi quasi la preferiamo a ciò che vediamo dal vivo. Mai sia! Bombe, bombe e chi s’è visto s’è visto. E ditemi se non è così.

Nicola D’Agostino

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