STORIA DI STORIE DIVERSE (XLVI)

Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione

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cms_21642/Foto_1.jpg“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana. Partendo da una discussione sulle questioni di più stretta attualità, negli articoli della rubrica si affronteranno anche le problematiche più generali del sistema scolastico, con una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.

Manca poco più di un mese alla fine di un anno scolastico che non potremo dimenticare perché, per le difficoltà incontrate, è come se avessimo lavorato, senza interruzione, per due o tre anni di seguito. La didattica è mutata completamente: immaginate di dover svolgere una lezione unicamente con strumenti informatici, senza saperli usare o sapendoli usare poco.

Si parla di lavagna interattiva multimediale, la Jamboard sulla piattaforma Meet di Google, una lavagna che appare sullo schermo mentre gli studenti sono collegati. Abbiamo imparato a fare videolezioni persino di musica con il computer, con alunni a casa e in classe che si esercitano a suonare lo strumento.

Sono stati creati PowerPoint come schemi-guida delle lezioni, alcuni insegnanti hanno anche utilizzato una tavoletta grafica da collegare al pc per cui, ciò che si scrive con una penna, è visibile sullo schermo. Abbiamo imparato a programmare riunioni, a svolgere colloqui con i genitori a distanza, rigenerando il codice di ogni incontro per garantire accessi singoli.

Si assegna il lavoro da svolgere e lo si corregge, esclusivamente sulla piattaforma Google. Le schede di valutazione arrivano per posta elettronica: ogni docente ed ogni famiglia ha un indirizzo con il quale accedere alla piattaforma educativa e agli incontri istituzionali. Abbiamo seguito corsi avanzati di informatica per acquisire familiarità nell’uso di nuove applicazioni educative, come Classroom per le lezioni a distanza. Sappiamo caricare file, video compresi, utili per gli approfondimenti.

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Cosa abbiamo perso? Moltissimo.

Il contatto umano con gli alunni: non li abbiamo più visti in classe. Le loro belle testoline, il desiderio di intervenire, il dialogo con l’insegnante, il rapporto affettivo che precede l’apprendimento. Il distanziamento sociale è stato psicologico, è stato solitudine, abbandono, paura.

Ora rientrati a scuola c’è fame di relazioni, desiderio di normalità: un anno di vuoto non è facile da cancellare, un anno di crescita perso, un anno di vita, per chi è più in là con l’età, un anno di insensibilità da parte di insegnanti che, nel pieno disinteresse verso gli alunni, hanno pensato al programma e a come continuare a sentirsi bravi, nel vuoto e nella pochezza delle loro menti che non si sono adattate alle situazioni, che non hanno mostrato plasticità. Più che sopravvivere, con la leggerezza che una situazione dura richiede, la si è aggravata oltremodo.

Più è difficile fare compiti, a distanza, più compiti si assegnano per mettere in crisi le famiglie e per far stancare gli alunni, già straniti dalle lezioni a distanza. Mia nipote di nascosto giocava; non era giusto, si può dire, ma era il suo modo di reagire a ore e ore di lezioni a distanza. Un massacro per i bimbi, che non avevano nemmeno il diversivo di poter svolgere attività extrascolastiche, di poter uscire e stare con gli amichetti.

La pandemia è stata difficile ma l’ottusità dei miei colleghi inqualificabile e imperdonabile. Gente senza nessuna preparazione iniziale, senza studi alla spalle, senza conoscenze di natura psicologica e pedagogica: hanno superato un concorso, nella migliore delle ipotesi, e di lì hanno costruito la loro carriera senza cognizione di causa, senza intelligenza, senza sensibilità. Io, purtroppo, devo assistere alle lezioni di queste persone mentre vorrei solo scappare via; immagino come siano noiose per i poveri alunni mai ascoltati, mai interpellati: potrebbero anche non esserci, la lezione procederebbe comunque.

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L’insegnamento non è questo, è fervore, amore, energia. È capacità di trascinare, entusiasmare. Un buon maestro, qualsiasi cosa insegni, la rende amabile ed assimilabile. Ma tutto si basa su una relazione di amore e di passione verso gli alunni, un’autentica ricerca di un benessere comune, una gioia di stare insieme che ha come fine la crescita globale della persona e non solo ciò che essa sa.

Vincenza Amato

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