RILEGGENDO POESIA – GIANCARLO MAJORINO
"O mia città" - In ricordo del poeta, scomparso ieri

Le città dei poeti: Milano fu un’idea di Milo De Angelis e Isabella Vicentini: “né folclore, né topografia verseggiata,” affermava De Angelis “né estetico compiacimento di un poeta-turista, né Baedeker della propria poesia: con queste Città si vuole dare voce alla muta geografia psichica dei poeti perché emerga per ciascuno il proprio luogo.” (n. 50/anno V, aprile 1992)
In quell’occasione fu pubblicato un testo straordinario di Giancarlo Majorino, che vorremmo riproporre non prima di esserci soffermati sulla biografia e sulle opere di un poeta dal percorso straordinario, intrapreso quasi settant’anni fa, e che ieri, 20 maggio 2021 si è purtroppo interrotto con la morte del poeta: aveva 93anni. Giancarlo Majorino (da: https://www.casadellapoesia.org/poeti/majorino-giancarlo/biografia) Poeta e critico (Milano, 1927 – Milano 2021), insegnava alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. È stato cofondatore e redattore responsabile della rivista culturale Il corpo, della rivista Manocomete e cofondatore e direttore della rivista di poesia Incognita. Tradotto in inglese, francese, russo, spagnolo, figura in più antologie straniere; suoi testi e saggi interpretativi sono apparsi sulle più importanti riviste italiane e su alcune riviste straniere. Numerosi i suoi testi teatrali, più volte rappresentati.
È stato Presidente della Casa della Poesia di Milano, che ha sede presso la Palazzina Liberty di Largo Marinai. Majorino inizia a scrivere molto presto, valendosi pure di un clima familiare molto aperto. Per un certo periodo si dedica anche alla pittura. Durante la guerra sfolla con la sua famiglia a Crema, città che rimarrà un punto di grande riferimento per la sua vita poetica. Studia giurisprudenza e si laurea. Nel ’50 conosce Enrica Villain, che diventerà la sua “con-sorte”. Nel ’54, nonostante tutti i tentativi per evitarlo, fa il servizio militare. La leva però si rivela essere non del tutto negativa, anche per l’amicizia subito nata con l’astronomo Dino Proverbio. Nel ’56 entra a lavorare in banca e contemporaneamente si prepara al concorso di filosofia. Nello stesso anno conosce il filosofo Luciano Amodio, che era al centro di un gruppo molto agguerrito di intellettuali, tra cui lo psicanalista Fachinelli e il poeta Pagliarani. Nel ’59 esce presso l’editore Schwarz la sua prima opera, La capitale del nord; Vittorini pubblicherà nel 1963, sulla sua prestigiosa rivista Il Menabò, un gruppo di poesie. Nello stesso anno vince il concorso di filosofia. Con l’avvio dell’insegnamento di storia e di filosofia nei licei, lascia la banca. Per un anno, secondo la prassi, dovendo insegnare fuori Milano, sceglie Crema. Tornato, insegna all’Ottavo Liceo Scientifico, dove rimarrà 15 anni. Nel ’71 è tra i firmatari dell’Appello del settimanale L’Espresso contro il commissario Calabresi. Nel ’76 sua mamma si ammala gravemente e muore nel 1980.
Nel 1982 lascia l’insegnamento e nel 1983 muore anche suo padre. Impegnato di nuovo nell’insegnamento agli inizi del ’90 (alla Nuova Accademia di Belle Arti), pubblica vari libri di poesia, partecipa a numerosi incontri in Italia e all’estero. Nel 2007 gli è stato riconosciuto l’Ambrogino d’oro. Ha diretto La Casa della poesia di Milano. Ha preso parte ai vari progetti e festival di Casa della poesia (Il cammino delle comete, Incontri di Sarajevo, Napolipoesia, Salernopoesia) ed è stato ospite della struttura nel 2002. Se la vista non c’inganna, abbiamo contato 26 sillogi poetiche, 4 antologie e 9 opere teatrali.
Torniamo alla poesia di cui parlavamo all’inizio: è tratta da La capitale del nord (come poteva essere altrimenti?) e risale al 1959. Era attualissima nel 1992, anno in cui – dicevamo – Milo De Angelis s’inventò questa rubrica e invitò Giudici, Kemeny, Rossi e appunto Majorino. È estremamente attuale anche oggi. Com’è possibile, dal momento che Milano, come tutte le metropoli, è giocoforza profondamente cambiata nel corso degli anni, diventando “globale”, multietnica, post-industriale? Non è possibile rispondere in poche righe: ci vorrebbe un saggio di Silvio Ramat o un’illuminazione di Angelo Lumelli.
Quando un giorno torneremo a incontrarci, per lasciarci definitivamente alle spalle la forzata vita domestica che la pandemia ci ha imposto, se ci sarà occasione glielo chiederemo. Giancarlo Majorino aveva affermato: «Scrivendo mi sento ogni volta portato in salvo». Oggi, commossi, lo salutiamo così: è leggendo poesie come questa che anche noi possiamo essere portati in salvo.
"O mia città"
O mia città vedo le porte gli archi
che un tempo limitavano il tuo cauto
intrecciarsi di case strade parchi
oggi spezzarti come una frontiera
o come una catena di pontili
congiungere le tue zone più vili
ai box del centro dove grandi banche
rivali o consociate in busta chiusa
dan vita o morte in crediti d’usura
legate col cordone ombelicale
del capitale e in loro trasformate
e quelle in queste ritmica simbiosi
le sedi razionali dell’industria
con l’asino alla mola e i nuovi impianti
la rapida salita - la discesa
più rapida - la sedia dei trent’anni
intorno curve schiene di negozi
la Galleria col tronco fatto a croce
in fondo oltre la Scala la gran piazza
Cavour congestionata la questura
la pietra dell’Angelicum trapassi
violenti e luminosi in via Manzoni
il tufo è ancora base ai grattacieli?
(continua su: https://web.tiscali.it/paroladipoeta/majorino_poesie/majorino_apertura.htm)
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