RILEGGENDO POESIA – DARIO BELLEZZA
Nella mia notte…

Dario Bellezza, e le sue Invettive e licenze, era uno dei protagonisti della rubrica I libri di POESIA del febbraio 1992, n. 48/anno V.
In quell’occasione Davide Bracaglia scriveva: “È la costellazione del negativo, l’ombra dell’infelicità gettata dal nulla sul mare della soggettività quella che Dario Bellezza, in questo Invettive e licenze, ripubblicato dopo vent’anni, esplora. È la tragedia di un gesto continuamente mancato nel suo appuntamento con la parola dell’altro, l’essere umano: il dramma del delirio dell’io, l’allucinato teatro di una soggettività scissa.” Come spesso ribadiamo, sarebbe utilissimo proporre ai nostri lettori l’articolo per intero: questo tuttavia non è possibile poiché la nostra proposta è finalizzata soprattutto a far conoscere l’autore (o l’autrice) in questione e, quando si tratta di un contemporaneo, evidenziarne il più possibile il percorso.
Dario Bellezza, nato a Roma nel 1944, è scomparso già da molti anni, nel 1996. Voce importantissima del secondo ’900 fu scoperto da Pier Paolo Pasolini.
Si è imposto all’attenzione del grande pubblico con l’Innocenza, romanzo breve presentato da Alberto Moravia.
Ha pubblicato, di poesia: Invettive e licenze (Garzanti, 1971), Morte segreta (Garzanti, 1976, Premio Viareggio), Morte di Pasolini (Mondadori, 1981), Libro d’amore (Guanda, 1982), Io 1975-1982(Mondadori,1983), Serpenta (Mondadori, 1987), Libro di poesia (Garzanti, 1990), L’avversario (Mondadori, 1994), Proclama sul fascino (Mondadori, 1996), Poesie (1971-1996), Milano, Oscar Mondadori, 2002). Di narrativa: L’innocenza (De Donato, 1970), Lettere da Sodomia (Garzanti, 1972), Il carnefice (Garzanti, 1973), Angelo (Garzanti, 1979), Storia di Nino (Mondadori, 1982), Turbamento (Mondadori, 1984), L’amore felice (Rusconi, 1986), Nozze col diavolo(Marsilio, 1995). Di teatro: Salomè (Libria, 1991), Testamento di sangue (Garzanti, 1992). Di saggistica: Il poeta assassinato. Una riflessione, un’ipotesi, una sfida sulla morte di Pier Paolo Pasolini (Marsilio, 1996). Per Garzanti ha tradotto l’intera opera di Arthur Rimbaud, suo poeta di riferimento soprattutto negli anni della giovinezza. Malato di AIDS, è morto nel 1996 a Roma.
(da:https://www.italian-poetry.org/dario-bellezza/)
Molti versi delle poesie di Dario Bellezza sono autobiografici “ fra i quali spicca l’amore omosessuale (vissuto con un sofferto atteggiamento maledettista, nella ricerca ossessiva di un ‘bellissimo assassino’ fra drogati e prostituti), risentendo inizialmente dell’influenza dei poeti simbolisti e dell’opera di Sandro Penna.” Ma non dimentichiamo che gli spunti autobiografici, in letteratura, sono soltanto un punto di partenza: ciò che conta è la visione del mondo, della storia, della contemporaneità (non certo intesa in senso cronachistico), dell’assoluto (o della sua mancanza). Bellezza ha infatti recuperato una classicità “interna” (e propria), il mito, una certa ancestrale dimensione della realtà, con un linguaggio poco novecentesco; la sua è una lingua che affonda in un altrove lontano e ‘altro’. Per affrontare il tema dell’amore del titolo e attraverso esso sviscerare temi diversi quali il rapporto con la vita, le generazioni passate e presenti, ma anche con la critica, con una vena polemica sempre aperta, Dario Bellezza ha guardato alla tradizione della poesia di Sandro Penna, riferimento pregnante e calzante ma non totalizzante; Penna è un padre da cui prendere le distanze, dal momento che l’amore di Bellezza è “dolente fino allo spasimo […] bianco lutto […] osceno”, come recita la quarta di copertina e non ha quasi nulla di “lieve e gioioso”. Il desiderio omoerotico che il poeta esprime non può relegarlo, tuttavia, in una nicchia: sarebbe una forzatura, una delimitazione; per l’appunto, esso diventa pretestuale per parlare di vita e di molto altro. (Alessandra Trevisan) “Se stiamo in mezzo a ipocriti, io in mezzo a ipocriti non ci voglio stare!”. Queste alcune delle sue parole durante il celebre scontro fra Aldo Busi e Dario Bellezza a Mixer Cultura (https://www.youtube.com/watch?v=iBth-0ja0Io) del 1986, non sappiamo quanto spontaneo e quanto volutamente costruito (audience is audience). Preferiamo l’opinione di Biancamaria Frabotta che ha scritto di lui: «Ne scrisse di versi, perfetti e indimenticabili, che bisognerà rassegnarsi, prima o poi, a considerare tra i più belli del Novecento italiano.»
Nella mia notte il pessimo tuo mattino
sul lastrico mentre io vado a dormire
e tu non hai casa. Sei solo nel temporale.
Sì, nel lastrico, i marciapiedi a camminare,
sonno mai dormito per te. Invano io
nel letto e le sudate coperte
e tu mendichi a me piangendo la tua giornata
per accontentare la mia primordiale ferocità.
Che ora costringo il mio cattivo giorno all’aria
fino al castello delle tue ossa che un amante
inglese scrocchia.
Non c’è lutto per te, letto, usate
brande o mutande…
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