GIUSTIZIA, INGIUSTIZIA E DIRITTI UMANI

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Platone definisce la giustizia a partire dal confronto con il suo opposto: “L’ingiustizia sorge quando gli uguali sono trattati in modo ineguale, ed anche quando gli ineguali sono trattati in modo uguale”,

Le leggi, libro VI, 757

C’è una relazione tra i diritti umani e i bisogni umani?

L’idea di “bisogni fondamentali” è costruita intorno al fatto che la negazione della loro soddisfazione è la sofferenza. C’è dunque un aspetto dell’essere umano che deve in qualche modo essere rispettato e tutelato.

Il tentativo di pervenire ad una definizione universalmente riconosciuta dei diritti umani come riconoscimento dei bisogni fondamentali attraversa l’intera storia dell’umanità, al punto che essa può essere letta come una costante lotta per l’affermazione di concezioni diverse, non di rado antitetiche, spesso considerate definitive da coloro che le professano, essendo esse modellate sulla loro determinata visione della vita tout court e della vita in società.

Basta affrontare la concezione del mondo dei talebani, con cui siamo obbligati a confrontarci in questi giorni, basata sull’interpretazione integralista del ‘libro’ che rappresenta l’unica fonte ispiratrice del diritto, ovvero di un insieme di norme per l’azione, proclamate, applicate e garantite dalla sua autorità, che nella sua interpretazione più estrema, impone una visione immutabile e rigida dei rapporti sociali.

cms_22919/1.jpgNel designare l’essere umano come colui che sa solo obbedire, privato di libertà e responsabilità, esiste una chiara negazione della dignità. Il modo migliore di comprendere la natura della giustizia è dunque quello di partire dall’osservazione dell’ingiustizia, nel tentativo di darne una definizione concettuale.

Da questo punto di vista, la giustizia è un’esigenza che postula un’esperienza personale; l’aspirazione alla giustizia nasce dall’esperienza dell’ingiustizia e dal dolore che ne deriva, nel percepire l’ingiustizia insita nello sfruttamento, nella violenza e nella reificazione degli esseri umani da parte di altri esseri umani.

Ma, è possibile definire concettualmente la (in)giustizia, nella maniera più universale possibile, senza per questo assoggettarla ad ideali, ideologie o utopie?

La definizione dello statuto concettuale e pratico della giustizia, del diritto e dei diritti umani, si pone come uno dei primi e imprescindibili compiti che ogni società umana deve soddisfare, anche se, sebbene la chiarificazione di dette questioni sia indispensabile per una pacifica convivenza umana, ogni loro specifica definizione è costantemente “precaria”, in quanto storicamente determinata.

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La politica si pone come il “filtro” tramite il quale avviene il passaggio dal piano etico-valoriale a quello pratico-istituzionale, quando la politica si occupa di conquistare e mantenere il potere che, a sua volta, rappresenta il primario mezzo per la concretizzazione-istituzionalizzazione dei valori.

cms_22919/3.jpgLa voce della giustizia chiama sì all’osservanza della legge, ma sempre in nome di ciò che supera la legge e di cui essa è espressione. In una simile prospettiva, i diritti umani fondamentali sono da intendersi come una modalità di minimizzazione delle sofferenze non desiderate e di massimizzazione delle possibilità di soddisfazione; ma oltre ad individuarne tale funzione, è anche possibile offrirne una definizione?

M. Ginsberg afferma, in ‘On Justice in Society’, che “non esistono diritti naturali nel senso di diritti presociali, o diritti dell’uomo allo stato di natura”, ma precisa che “esistono diritti naturali -ergo fondamentali- nel senso di ‘diritti razionalmente giustificabili’”. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, si pone come il moderno manifesto di tali diritti, tuttavia, è necessario considerare che ogni atto umano -anche quello che volesse esprimere un’istanza universale come, per l’appunto, la Dichiarazione- è sempre influenzato dal contesto storico-geografico in cui si svolge.

Se è vero però, che oggi il problema cruciale dei diritti umani non è solo quello filosofico della loro fondazione, ma quello politico della loro attuazione, è altrettanto vero che quest’ultimo problema -che sorge nell’istante in cui i diritti umani vengono filosoficamente fondati-, si manifesta correntemente con una modalità diversa rispetto al Novecento, nel quale la violazione dei diritti umani era legata a doppio filo alla categoria della cittadinanza ed al fenomeno dell’apolidismo, come la Arendt ha ampliamente mostrato.

cms_22919/4.jpgLegando i diritti umani alla categoria di cittadinanza, essi vengono a coincidere con i diritti elargiti dallo Stato, come i diritti civili, che tutelano l’esistenza di ciascun singolo individuo, i diritti sociali, che tutelano l’esistenza dei gruppi etnico-culturali ed i diritti politici, che tutelano la libertà d’azione individuale e collettiva, cosicché, non appartenendo ad uno Stato, si è privi di qualsiasi diritto.

Attualmente, i diritti umani sono scissi dall’appartenenza statale, potendo così essere riconosciuti anche a chi è privo di una cittadinanza nazionale, in nome di quella che, sempre di più, viene chiamata cittadinanza globale; essi vengono considerati diritti conferiti all’uomo senza altra specificazione, senza frontiere, senza confini e senza ulteriori definizioni sociali.

Anche se nella considerazione dei diritti dell’uomo possiamo notare una persistente ambiguità e contraddittorietà, essi sono percepiti come assoluti, come esigenze imprescindibili, come valori irrinunciabili sotto ogni cielo e in ogni tempo. La Dichiarazione è al tempo stesso universale, moderna ed occidentale: essa è universale per lo spirito che la anima, moderna ed occidentale per l’humus che la genera; si potrebbe dire, universale nei principi, moderna ed occidentale nelle prescrizioni.

cms_22919/5.jpgUna Dichiarazione che vuole essere universale non si può mai considerare definitiva, sia perché se la si considerasse conclusa oggi, il mondo moderno-occidentale che l’ha concepita, peccherebbe di presunzione nei confronti di altre realtà storico-geografiche. E tuttavia, vale la pena sostenere il movimento che si sta delineando nell’ambito delle Nazioni Unite per impedire che la religione sia strumentalizzata e usata come arma politica di ‘pressione’ e ‘oppressione’.

Nell’era della globalizzazione e del cosmopolitismo, la Dichiarazione rappresenta tuttavia la visione che, dei diritti umani, ha l’umanità in un dato momento storico, visione, pertanto, mutabile nel tempo. Ciononostante, non si deve disconoscere la realtà di universali esigenze umane, che esistono e sono antropologicamente fondate e affermare che a tali esigenze universali corrispondono modalità particolari di tutela, che oggi deve manifestarsi non tanto attraverso una loro elaborazione e/o revisione, quanto nella necessità di far leva sul comune sentire umano e concordare le regole e le pratiche che, di circostanza in circostanza, lo istituzionalizzano.

Attualmente i diritti umani sono scissi dall’appartenenza statale, potendo così essere riconosciuti anche a chi è privo di una cittadinanza nazionale, in nome di quella che, sempre di più, viene chiamata cittadinanza globale; in altre parole, essi vengono considerati diritti conferiti “all’uomo senza altra specificazione, senza frontiere e senza confini, senza ulteriori definizioni sociali”.

Oggi la violazione dei diritti umani sembra piuttosto risiedere nella mancata comprensione del fatto che c’è una relazione tra i diritti umani e i bisogni umani; nell’idea di “bisogni fondamentali”, è insito il fatto che “avere un diritto” significa che c’è un aspetto dell’essere umano che deve in qualche modo essere rispettato e tutelato nello svolgimento della vita individuale, sociale e politica.

Se la giustizia è la tematica centrale intorno alla quale si impernia l’etica, si potrebbe dire che la giustizia rappresenta il “motore” dell’etica, da cui nascono le etiche, intendibili come soluzioni diverse ad una medesima domanda.

Per mettere in pratica la giustizia, si è dato luogo ad una sua istituzionalizzazione mediante il diritto, all’interno del quale si pongono i diritti umani che, pertanto originano da una interrogazione etica. Ecco perché, mentre da un lato, la tutela di tali diritti, significa soddisfacimento dei bisogni primari, dall’altro i diritti umani, come vediamo nella presente congiuntura internazionale, necessitano di riconoscimento, legittimazione, tutela e implementazione, dando al Diritto internazionale, il ruolo che si merita.

Gabriella Bianco

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