ALLA SCOPERTA DELLA CAPPELLA SISTINA (XVIII)

LA GENESI (Parte Prima)

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Michelangelo dipinse le Storie nei riquadri centrali della volta, come è noto procedendo da est verso ovest, cioè in maniera contraria allo sviluppo delle storie sulla Genesi, dalla porzione sopra l’ingresso cerimoniale fino all’altare.

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Furono necessarie due fasi, per via del ponteggio che copriva metà della cappella e che dovette essere smontato e rimontato. La metà dei lavori doveva essere probabilmente all’altezza originaria della transenna marmorea, più o meno al centro della cappella, di solito indicato in corrispondenza della Creazione di Eva nella quinta campata. La prima fase andò dal 1508 al 1510; la seconda dall’autunno del 1511 all’ottobre del 1512.

Le due fasi sono diverse anche dal punto di vista stilistico: la prima mostra figure piuttosto piccole e composte in scene articolate; la seconda, dipinta dopo che Michelangelo ebbe modo di vedere gli affreschi dal basso, ha invece figure più grandi e possenti, con gesti più eloquenti e uno stile pittorico più sintetico, ma non per questo meno efficace. Nella prima fase inoltre l’artista fece ricorso ad aiuti, soprattutto nel Diluvio universale, che vennero poi licenziati per l’insoddisfazione del maestro riguardo al loro lavoro.

I nove riquadri centrali mostrano Storie della Genesi, disposte in ordine cronologico partendo dalla parete dell’altare. La scelta degli episodi venne forse ispirata (secondo E. Steinmann) alle dodici "profezie" intonate dal coro della cappella nel Sabato Santo[1]. Essi sono raggruppabili a tre a tre in sette categorie: Storie della Creazione, Storie dei progenitori e Storie di Noè. Come scrisse Mariani (1964), le scene della Genesi non sono una pedestre illustrazione del testo sacro, ma "una profonda interpretazione plastica dello spirito dell’Antico Testamento".

A partire da sempre un riquadro piccolo alle estremità, si alternano uno grande e uno minore. Quello minore è contornato dalla cornice architettonica illusoria, ravvivata da Ignudi e medaglioni con Scene bibliche.

  1. Separazione della luce dalle tenebre, 1512 circa (Genesi 1,1-5[2])
  2. Creazione degli astri e delle piante, 1511-1512 circa (Genesi 1,11-19[3])
  3. Separazione della terra dalle acque, 1511-1512 circa (Genesi 1,9-10[4])
  4. Creazione dell’uomo 1511 circa (Genesi 1,26-27[5])
  5. Creazione della donna, 1510 circa (Genesi 2,18-25[6])
  6. Peccato originale e cacciata dal Paradiso terrestre, 1510 circa (Genesi 3,1-13.22-24[7])
  7. Sacrificio di Noè, 1508-1510 circa (Genesi 8,15-20[8])
  8. Diluvio Universale, 1508 circa (Genesi 6,5-8,20[9])
  9. Ebbrezza di Noè, 1508 circa (Genesi 9,20-27[10])

Esse sono anche da leggere come prefigurazione del Nuovo Testamento, come suggerisce la presenza dei Veggenti: ad esempio l’Ebbrezza di Noè prefigura il Cristo schernito, il Diluvio il Battesimo, il Sacrificio di Noè la Passione e così via fino alla Separazione della luce dalle tenebre che simboleggia il Giudizio Universale[1].

Ricollegandomi a quanto parzialmente accennato in precedenza ALLA SCOPERTA DELLA CAPPELLA SISTINA (XII) LA VOLTA La separazione della luce dalle tenebre – La Separazione della luce dalle tenebre - La Creazione degli astri e delle piante - La separazione della terra dalle acque International Web Post - International Web Post illustro, di seguito, dettagli e curiosità relativi a ciascuno dei riquadri.

Separazione della luce dalle tenebre

cms_24655/2_1643775956.jpgLa Separazione della luce dalle tenebre è un affresco (180x260 cm) di Michelangelo Buonarroti, databile al 1512 circa e facente parte della decorazione della volta della Cappella Sistina, nei Musei Vaticani a Roma, commissionata da Giulio II e fu quindi l’ultima delle scene principali ad essere dipinta, pur essendo la prima in ordine di lettura.

Michelangelo, pressato dalle richieste papali sempre più esigenti per un rapido completamento, arrivò a ultimare il ciclo in sorprendente rapidità. La Separazione della luce dalle tenebre venne ad esempio realizzata in appena una "giornata" d’affresco, sintetizzando al massimo lo stile pittorico senza però per questo compromettere la riuscita del prorompente effetto dinamico dell’insieme. Il disegno venne trasferito dal cartone con l’incisione diretta.

La scena fa parte del gruppo di tre scene legate alla Creazione del mondo, con la Creazione degli astri e la Separazione delle acque dalla terra. In queste tre scene domina la rappresentazione l’Eterno in volo sopra spazi sconfinati, avvolto dall’ampio mantello rosato. La concezione unitaria delle tre scene ha fatto pensare a un’allusione alla Trinità, ma è più probabile che vi si possa leggere un’allegoria derivata dai testi di sant’Agostino legata rispettivamente all’opera svolta dalla Chiesa nel mondo (acque e terra), alla seconda venuta di Cristo (astri e piante) e al Giudizio finale (tenebre e luce).

Nella Separazione della luce dalle tenebre Dio, che da solo riempie la quasi totalità della scena, fluttua impegnato nell’atto generativo che è alla base del mondo. La sua figura è vista dal basso e roteata, con le braccia alzate mentre dà forma al caos, originando onde di luce tra le tenebre incombenti.

La gamma cromatica è ridotta, come tipico nelle figure della seconda fase della volta, con le sfumature del viola e le tonalità fredde (bianchi, azzurri, grigi) accordate in passaggi dal chiaro allo scuro di estrema cura. Il viola dopotutto era il colore dei paramenti indossati durante le celebrazioni dell’Avvento e della Quaresima, tra le ricorrenze più solenni celebrate nella cappella. Anche la composizione appare semplificata, con l’unica grande figura divina, che acquisisce così una monumentalità grandiosa. La pennellata, almeno nelle Storie che sono più lontane dello spettatore, diventa più essenziale e scabra, con una lavorazione a tratti intrecciati, simile all’effetto che, in scultura, si ottiene con lo scalpello dentato. Ciò aumenta l’effetto visionario delle storie, soprattutto per contrasto con le figure dei Veggenti e degli Ignudi, pittoricamente più dense e levigate

Creazione degli astri e delle piante

cms_24655/3.jpgLa Creazione degli astri e delle piante è un affresco di Michelangelo Buonarroti, databile al 1511-1512 circa e facente parte della decorazione della volta della Cappella Sistina, nei Musei Vaticani a Roma, commissionata da Giulio II.

La scena fa parte del gruppo di tre scene legate alla Creazione del mondo, con la Separazione della luce dalle tenebre e la Separazione della terra dalle acque. L’ordine sequenziale del testo biblico vedrebbe la Separazione della terra dalle acque come seconda storia, ambientata nella seconda giornata, ma venne riservato alla Creazione degli astri e delle piante (terzo e quarto giorno della creazione) un riquadro maggiore, rompendo quindi la successione "storica".

Su uno sfondo di un luminoso cielo Michelangelo raffigurò due scene consecutive della Creazione, con un’essenzialità di grande impatto. Dio è rappresentato due volte mentre, con la tipica "terribilità" michelangiolesca, crea gli astri, spalancando le braccia con un gesto perentorio (a destra) e mentre dà vita alle piante sulla Terra stendendo la mano destra (a sinistra). L’Eterno è colto da un vento impetuoso che gonfia i panneggi e gli scompiglia capelli e barba, simbolo della potenza generatrice divina. Le due immagini sono strettamente complementari e fortemente dinamiche e potenti, alternate in "controcampo", una volta frontale e una da terga. Le due metà non sono esattamente simmetriche, con una preponderanza per la scena a destra, in cui Dio fluttua avvolto da un mantello gonfiato da un vento vigoroso in cui si trova una piccola ma significativa corte angelica (da alcuni identificata come allusione ai quattro elementi). Se da questo lato sembra muoversi impetuosamente verso lo spettatore, a sinistra se ne allontana scorciando. La cromia è tutta giocata sulle tonalità del violetto della veste del Creatore, comune a tutte le tre storie della Creazione del Mondo, e sui colori freddi del grigio e dell’azzurro chiarissimo, con l’unica eccezione dell’intenso sole al centro, rappresentato come un disco dorato, mentre la luna ha la forma di una sfera perlacea. Il viola era il colore dei paramenti sacerdotali durante la Quaresima e l’Avvento, due tra le solennità più importanti celebrate dalla corte papale nella cappella.

I contrasti di luce e ombra sono forti e accentuati, con una tensione dinamica che scaturisce dall’effetto di doppia "istantanea" dell’immagine. Tra i vantaggi di una rappresentazione doppia nella medesima scena, oltre a ragioni filosofiche e compositive, c’è anche quello di far intuire una veduta multipla tipica della scultura.

Separazione della terra dalle acque

cms_24655/4.jpgLa Separazione della terra dalle acque è un affresco (155x270 cm) di Michelangelo Buonarroti, databile al 1511-1512 circa e facente parte della decorazione della volta della Cappella Sistina, nei Musei Vaticani a Roma, commissionata da Giulio II.

La scena fa parte del gruppo di tre scene legate alla Creazione del mondo, con la Separazione della luce dalle tenebre e la Creazione degli astri e delle piante. L’ordine sequenziale del testo biblico vedrebbe la Separazione della terra dalle acque come seconda storia, ambientata nella seconda giornata, ma venne riservato alla Creazione degli astri e delle piante (terzo e quarto giorno della creazione) un riquadro maggiore, rompendo quindi la successione "storica".

In queste tre scene domina la rappresentazione l’Eterno in volo sopra spazi sconfinati, avvolto dall’ampio mantello rosato. La concezione unitaria delle tre scene ha fatto pensare a un’allusione alla Trinità, ma è più probabile che vi si possa leggere un’allegoria derivata dai testi di sant’Agostino legata rispettivamente all’opera svolta dalla Chiesa nel mondo (acque e terra), alla seconda venuta di Cristo (astri e piante) e al Giudizio finale (tenebre e luce).

Nella Separazione della terra dalle acque, Dio fluttua sulla distesa grigio-azzurra delle acque, accompagnato dalla tipica corte angelica dietro il suo mantello aperto a nimbo, che ricorda le mandorle dell’arte medievale e quattrocentesca. Il cielo alle sue spalle è chiarissimo e limpido.

La figura di Dio Padre è slanciata verso lo spettatore con un forte scorcio e sembra provenire dinamicamente da sinistra, con il gesto eloquente ed imperioso delle braccia distese e spalancate, mentre lo sguardo è concentrato sull’oggetto della sua Creazione. L’effetto illusionistico venne descritto da Vasari: «si vede in quella volta una figura che scorta, e dove tu camini per la cappella, continuo gira, e si voltan per ogni verso».

La gamma cromatica è ridotta, come tipico nelle figure della seconda fase della volta, con le sfumature del viola e le tonalità fredde (bianchi, azzurri, grigi) delle acque, del cielo e della barba e la capigliatura dell’Eterno. Il viola era il colore dei paramenti sacerdotali durante la Quaresima e l’Avvento, due tra le solennità più importanti celebrate dalla corte papale nella cappella. Per contrasto stacca la capigliatura bionda di due putti. Anche la composizione appare semplificata, con l’unica grande figura divina, che acquisisce così una monumentalità grandiosa. Anche la pennellata, almeno nelle Storie che sono più lontane dello spettatore, diventa più essenziale e scabra, con una lavorazione a tratti intrecciati, simile all’effetto che, in scultura, si ottiene con lo scalpello dentato.

(Continua)

Grazia De Marco

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