L’OPINIONE DEL FILOSOFO

Juergen Habermas, la teoria che pensa l’umanità  nella sua pienezza

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In un contesto intellettuale, come quello contemporaneo, in cui si professa la fine della filosofia e dell’uomo, e anche della politica e delle scienze sociali, il pensiero di Habermas è forse uno degli ultimi esempi di teoria complessiva che non vuole ridurre la riflessione a mere pratiche di specializzazione e parcellizzazione del sapere, ma che pensa l’umanità nella sua pienezza.

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L’obiettivo di Habermas è l’elaborazione di una teoria globale dell’azione e dei sistemi sociali, nel solco della tradizione tedesca da Hegel e Marx fino ad alcuni esponenti della Scuola di Francoforte come Adorno, Horkheimer e Marcuse. Ciò spiega la sua tendenza ad assimilare dialetticamente elementi delle più diverse posizioni di pensiero, integrandole nel proprio sistema teorico.

Il pensiero di Habermas si caratterizza per una continua esigenza di apertura e confronto: nella sua articolata elaborazione epistemologica, sociologica, filosofica, politica, morale, storica, confluiscono la teoria dell’azione di Weber, il materialismo storico, il funzionalismo e neo-funzionalismo di Parsons e Luhmann, la sociologia fenomenologica di Schutz, l’inter-azionismo simbolico di Mead fino alla filosofia del linguaggio di Wittgenstein, Chomsky, Austin e Apel, in pratica, tutte le maggiori correnti del pensiero contemporaneo.

Mentre si può dibattere il rapporto di continuità che Habermas intrattiene con la tradizione della Scuola di Francoforte, il suo pensiero si incontra con l’ermeneutica di Gadamer, con le posizioni della psicologia cognitivista e della psicanalisi di Freud fino al dibattito in chiave filosofico-politica delle teorie di Rawls, Taylor e Schmitt. Né si possono dimenticare gli incroci, anche polemici, con il post-strutturalismo e in particolare con Derrida.

Dall’agire strumentale all’ agire comunicativo.

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Il pensiero di Habermas, in cui filosofia e sociologia sono in continuo dialogo, ruota intorno ad alcuni punti fondamentali che caratterizzano il corso della sua riflessione:

1.Sulle questioni epistemologiche, Habermas approfondisce lo studio del rapporto tra scienze naturali e scienze sociali per sviluppare una teoria finalizzata alla comprensione dei fenomeni sociali che superi il positivismo riduttivista, da lui avversato anche nella celebre polemica-dibattito che lo vide opposto, negli anni ’60, a Popper e Albert.

Rifiutando il realismo del primo positivismo e la tradizione empirista, in Conoscenza e interesse, Habermas sostiene che la tecnica non è mai neutrale ma frutto di una precisa scelta ideologica, che privilegia il momento della manipolazione strumentale della realtà a scapito del momento creativo ed espressivo.

Qui Habermas mostra come ogni discorso scientifico parte necessariamente da presupposti teorici che non riproducono fatti in sé, ma dipendono dall’organizzazione della nostra esperienza rispetto all’“agire strumentale”, cioè un agire determinato da situazioni particolari e orientato verso fini individuali.

All’ “agire strumentale” Habermas contrappone l’ “agire comunicativo”, che egli tratta nel solco delle implicazioni sociali e, quindi, in prospettiva sociologica: egli tenta di stabilire, a partire dal presupposto del legame tra conoscenza e interesse, il carattere di totalità della realtà sociale e l’idea che l’attività conoscitiva del teorico sociale sia interna a tale totalità.

2. Habermas ritiene che il momento conoscitivo non sia assoluto e trascendente rispetto al fenomeno sociale che si studia; per quanto il teorico sociale possa sforzarsi di dare spiegazioni distaccate e obiettive di un fenomeno, queste spiegazioni non possono essere “leggi” valide una volta per tutte, ma, come “interpretazioni” legate al contesto in cui si collocano, esse vanno continuamente riesaminate e poste in discussione. In quest’ottica i “fatti” sono sempre il risultato della relazione tra la cosa e la nostra interpretazione, orientata in base a significati precostituiti e scopi perseguiti.

cms_24680/2_1643944237.jpgHabermas persegue, ne La crisi della razionalità nel capitalismo maturo del 1975 e in Teoria e prassi nella società tecnologica del 1978, un’interpretazione critica della società del tardo-capitalismo attraverso l’idea della necessità di una dimensione di “razionalità sostanziale” da contrapporre a una “razionalità strumentale” di tipo tecnologico.

In polemica con un altro sociologo tedesco, Luhmann, in Teoria della società o tecnologia sociale del 1973, Habermas critica le strutture che producono l’alienazione e le distorsioni derivanti dal dominio e dal potere, come gli effetti nefasti delle ideologie sulla comunicazione all’interno della sfera sociale.

3. Un terzo punto cruciale è costituito dal perseguimento di una comunicazione senza limiti e non autoritaria. Nella “situazione discorsiva ideale”, Habermas identifica la soluzione ai problemi della società e della politica nel mondo contemporaneo. La possibilità che tutti i gruppi sociali, dai politici agli intellettuali, dagli scienziati-tecnocrati all’opinione pubblica comunichino liberamente e siano partecipi in egual misura del dibattito sui problemi sociali, è, secondo Habermas, la migliore difesa contro fenomeni quali le ideologie, l’alienazione, la sottomissione del momento politico alle logiche della tecnica e dell’economia, la crisi di identità dell’individuo e l’insicurezza ontologica, i rischi della globalizzazione.

cms_24680/3v.jpgTale concetto è alla base di quella che si può forse considerare l’opera maggiore di Habermas, la Teoria dell’agire comunicativo, in cui il filosofo delinea una situazione linguistica ideale propria di un modello di società in cui il consenso è prodotto in modo argomentato, con la partecipazione di tutti, senza distorsioni o condizionamenti esterni. Una “situazione discorsiva ideale” nell’attuale pandemia, permetterebbe agli scienziati di convincere anche i più reticenti.

L’idea di “agire comunicativo” porta a compimento il rapporto tra linguaggio e tipi di relazioni sociali; Habermas distingue, infatti, nelle società complesse, due forme di socialità: quella del mondo della vita, basata sulle relazioni amichevoli e familiari e quella del sistema, basata sulle relazioni formali e professionali.

cms_24680/4v.jpgHabermas interpreta l’agire comunicativo come la forma di comunicazione che può evitare le forme di dominio e la possibile invasione delle pratiche sistemiche su quelle vitali, attraverso l’affermazione di un linguaggio finalizzato a obiettivi strategici e di dominio degli individui, a scapito di un linguaggio votato all’autentica comprensione e all’intesa.

Ne Il discorso filosofico della modernità del 1987, parallelamente a questa teoria consensuale della verità, Habermas ribadisce il valore permanente della “modernità” e delle sue idee ispiratrici di base, quali la razionalità e il progresso, in una prospettiva neoilluminista, in cui la modernità si configura come un progetto ancora incompiuto.

(Continua)

Gabriella Bianco

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