SPIRITUALITÀ DAL BASSO - II^ PARTE

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La via che conduce a Dio, alla conoscenza dei segreti dell’Universo e di tutto il Creato, passa sempre - e direi, inesorabilmente - da NOI STESSI. Diversamente, incorreremmo nell’illusione e condurremmo un’esistenza basata sulla menzogna, nonostante le nostre buone intenzioni.

Non possiamo prendere il cielo d’assalto portandoci dietro tutto ciò che, con il cielo, non ha nulla a che vedere.

Faremmo la fine di Icaro che, avvicinandosi troppo al sole, precipitò al suolo perché si era costruito delle ali di cera.

Non ci si libra nell’aria con il treno, così come non si solcano i mari con l’automobile: ogni destinazione presuppone uno specifico mezzo di trasporto.

Ebbene, le “ali” che ci faranno raggiungere le alte vette della spiritualità sono la conoscenza di sé e la consapevolezza.

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Il fascino che la spiritualità esercita è forte ma non ci si può improvvisare “guru”: è necessario seguire un percorso che contempli una presa di coscienza profonda del nostro essere. Anima e corpo, luce e tenebra, nulla va scartato poiché tutto è carburante utile ad alimentare il fuoco della spiritualità vera.

Meditazione e preghiera - pilastri del cammino spirituale - non possono e non devo essere l’alibi per non affrontare i nostri problemi terreni. Che siano economici, lavorativi, relazionali o quant’altro, essi devono essere affrontati con coraggio e determinazione: le armi spirituali saranno un sostegno e una luce ma mai un palliativo.

Attenzione a non fare della spiritualità un escamotage ai nostri doveri terreni o, peggio, a trasformarla in una droga: è da come viviamo il quotidiano che misuriamo il nostro progresso spirituale.

Essere una persona spirituale è, a mio avviso, coltivare la propria umanità, in tutto ciò che ha di più bello e nobile. Quanto al resto, quello che chiamiamo comunemente “passioni” o difetti - ovvero le pulsioni negative che tutti abbiamo - non bisogna negarle ma integrarle.

Infilare sotto il tappeto ciò che non ci piace o ciò di cui ci vergogniamo non è mai una soluzione. A poco serve nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, se poi lasciamo in bella vista l’enorme fondoschiena!

La soluzione all’eterno dilemma “cosa farne?”, è estremamente semplice e può essere riassunta in una parola: INTEGRAZIONE.

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Un’Apoftegma dei Padri del Deserto recita: “Se tristezza e collera sono disciplinate, la concupiscenza si spegne e, per dirla in poche parole, tutte le passioni saranno diminuite. E, dopo molto tempo, i beni saranno esercitati naturalmente e le passioni dimenticate; i beni naturali cresceranno i peccati saranno inceneriti da quelli che vivono nella solitudine“.

Cosa significa? Che se impareremo ad imbrigliare le nostre passioni e a controllarle, esse lavoreranno per noi.

Così come un cavallo selvatico, una volta domato, mette la sua forza e la sua potenza al servizio dell’uomo, allo stesso modo si comportano le nostre passioni. Per questo non dobbiamo negarle: esse sono la nostra forza lavoro, il carburante grezzo ma efficace della la nostra ascesa.

Ecco che ci si apre dinanzi il paradosso: per salire dobbiamo scendere.

Per raggiungere le alte vette dello spirito, dobbiamo assolutamente discendere in noi stessi, fino in fondo, là dove regnano oscurità e tenebre.

Non abbiate timore, anime valorose! Spesso è nelle “cantine” inesplorate che giacciono, dimenticati, preziosissimi tesori!

Non credete, dunque, a quanti vi dicono che il “lato oscuro” di voi stessi è cattivo: semplicemente gli manca la luce, quella che gli porterete voi. Incontrando quella parte di voi che temevate, imparerete a conoscerla e a gestirla, così che non vi domini più. Allora sì, sarete davvero risvegliati e consapevoli.

“Chi si abbassa sarà innalzato”, dice il vangelo di Luca (Lc 14,11), confermando che è la discesa la strada della nostra elevazione.

Solo chi è umile, solo chi accetta il suo “humus”, la sua umanità - compresi gli aspetti di ombra - percorrerà un cammino spirituale autentico e conoscerà il vero Dio.

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L’umiltà è il test che prova se la nostra esistenza è fondata su una spiritualità autentica.

Questa parola è da ricondursi al latino humus = terra, pertanto è umile colui che sorge dalla terra, dal basso. Nulla a che vedere una concezione moralista di sé stessi, che ci vorrebbe schiacciati o relegati in un angolo alla mercé di chiunque. Quella è agiografia, dannosa per giunta.

Maria, la madre di Gesù, era la più umile delle creature, eppure cosa proclamava nel suo cantico? «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’UMILTÀ della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno BEATA.» (Lc 1, 47-48)

Umiltà è riconoscere chi si è realmente, non autoflagellarsi o attribuirsi tutti i mali del mondo.

Come sapere se siamo umili? Come ha fatto Maria: riconoscendo da dove proviene quanto di bello e buono c’è in noi: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente» (Lc 1,49) Un riconoscimento che diventa riconoscenza, attirando su di noi nuove e sempre maggiori benedizioni.

C’è anche chi si sente in colpa per i doni ricevuti. A costoro dico che tale atteggiamento è un atto di superbia camuffato da umiltà. Chi siamo noi, per giudicare l’operato di Dio? Se ci ha ritenuti idonei ad accogliere la sua generosità, chi siamo per impedirglielo? Al contrario, dobbiamo restituire, moltiplicati, i doni ricevuti anziché tenerli chiusi nel cassetto perché non ce ne riteniamo degni.

Talvolta è più difficile accettare i proprio doni che i propri difetti; sembra assurdi ma è così. Frutto di una teologia moraleggiante, questo “blocco emotivo” è altrettanto infausto quanto il suo contrario, forse peggio. È un lupo vestito da agnello perché ci fa credere che questo atteggiamento sia un atto di umiltà, un gesto di riverenza nel confronti del divino Donatore. Invece è tutto il contrario, è un atto di presunzione.

Accettiamoci, dunque, per ciò che siamo. Entriamo senza paura nelle profondità del nostro essere per incontrare quella parte di noi che abbiamo relegato nell’ombra, imparando a conoscerla e ad amarla. Perché è grazie a lei che compiremo il volo verso l’infinito.

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SPIRITUALITÀ DAL BASSO - I^ PARTE

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Simona HeArt

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