LA SCARZUOLA

Il borgo surreale da conoscere

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La Scarzuola è una cittdina-teatro costruita in Umbria e progettata dall’architetto Tomaso Buzzi.

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Un’opera complessa e surreale che merita di essere conosciuta, seminascosta nel comune di Montegabbione, in provincia di Terni.

Dopo aver lavorato la prima parte della vita per dare soddisfazione al corpo, la seconda occorre dedicarla all’anima, può essere riassunta così la visione di Tomaso Buzzi, architetto, progettista e arredatore italiano del Novecento, quasi archistar ai suoi tempi e, oggi, perlopiù dimenticato.

Buzzi alla sua anima è riuscito a dare forma e concretezza: essa dimora ancora oggi su una collina dell’Umbria, a Montegabbione, tra i mattoni tufacei de La Scarzuola.

IL PROGETTO E IL SUO PROGETTISTA

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La Scarzuola è una cittadina-teatro, progettata dall’architetto milanese come la sua personale visione del concetto, tanto inseguito dagli architetti di ogni epoca e raramente messo in pratica, di “città ideale”.

cms_25825/2_1651110055.jpgÈ alla fine degli anni Cinquanta che, dopo una vita trascorsa in località mondane, tra feste e committenti facoltosi, Tomaso Buzzi inizia il suo percorso, forse di espiazione o iniziazione, a La Scarzuola: “Pur vivendo in mezzo alla gente del bel mondo quasi come uno di loro, e lavorando per i committenti in modo serio e professionale, in realtà io vivo una vita di sogno, segreta; in mezzo alle mie carte, i miei disegni, le mie pitture, le mie sculture”, così l’architetto palesava la sua profonda e interiore ricerca.

La Scarzuola prende il nome da una pianta palustre locale, la scarza. Si narra che, nello stesso luogo in cui si erge l’utopia buzziana, nel 1218, San Francesco abbia costruito una capanna utilizzando proprio la suddetta pianta.

Negli anni a venire, nello stesso punto, viene eretto un convento consacrato al Santo acquistato, nel secolo scorso, da Tomaso Buzzi che prima lo restaura e successivamente, tra il 1958 e il 1978, lo trasforma con la costruzione della sua città ideale, realizzando una forte contrapposizione tra sacro e profano.

COSA E QUANTO “COSTODISCE” LA SCARZUOLA

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La Scarzuola si erge sull’eclettismo, ma è una commistione, apparentemente confusa e casuale, di citazioni: dal manierismo al Palladio, da Villa d’Este al parco di Bomarzo (che vi abbiamo raccontato qui), sospesa tra le idee del Borromini e le opere di Escher; una grande scenografia teatrale che sottende forte valenze esoteriche, un’antologia in pietra – come lo stesso Buzzi la definì – che rievoca esperienze visive del passato e rivela di aver accolto suggerimenti del surrealista Salvador Dalì.

La Scarzuola è un vero e proprio inno all’architettura visionaria e surrealista, un’utopia che si fa urbanismo: scale, percorsi labirintici, palcoscenici e anfiteatri si avvolgono e si inseguono in un disegno mistico ed esoterico che attraversa la storia umana, nell’incessante ricerca della verità e dell’io.

È un percorso ricco di simbolismi, che tiene insieme nozioni frammentate, spirituali, religiose, astrologiche e politiche legate da un filo logico non del tutto comprensibile, fatto accettabile e inevitabile se si sceglie di entrare in un luogo che è il tentativo di una rappresentazione materica dell’animo umano.

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L’utopica città teatrale è stata progettata e costruita come una scenografia in continua evoluzione, ma i sette “teatri” che la compongono – Barca delle anime, Balena di pietra, Torre della disperazione, Scala della vita, Tempio di Eros, Pozzo della meditazione, Teatro delle api – non ospiteranno mai nessuna rappresentazione.

Pare che Buzzi, che ha seguito da lontano la realizzazione de La Scarzuola, abbia, più e più volte, ordinato la distruzione di manufatti appena terminati per erigere edifici completamente diversi e nuovi. Forse anche per questo, molti lo definivano matto, ma Buzzi non si è lasciato scalfire dalle opinioni, controbattendo: “Quando sono con voi sono vestito e in cravatta; quando sono alla Scarzuola, sono nudo, e questo non potete sopportarlo”.

https://www.youtube.com/watch?v=iCjwmpjW3TU

(foto interne dal web - copertina fotogramma documentario Rai 1)

Diana Filippi

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