VALIGIA POVERA

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Viviamo nella società del rumore, della connessione permanente, del sovraffollamento di informazioni, immagini, sollecitazioni. In questo continuum acustico e visivo, è difficile trovare spazi di silenzio, inteso non come isolamento o fuga dal reale, ma come stacco, pausa, attimo ritagliato e colto per pensare, fantasticare, contemplare o semplicemente rallentare. Silenzio come cuneo, silenzio come occasione che si pone tra, in mezzo,come una sospensione della corsa frenetica, delle attività consuete, del flusso ininterrotto della vita, per osservare le cose da un nuovo punto di vista, per rivederle, risentirle. Oppure per entrare in una nuova relazione con lo spazio che ci circonda o con i luoghi abituali..O con gli altri, i cui volti ci scorrono davanti agli occhi senza interrogarli, senza incontrarli.

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Così, al ritorno da una breve vacanza, mi sorprendo con la mente a riflettere: tutto ciò che era diventato ordinario, faticoso, ingombrante diventa atteso, desiderato, rivisitato, ritrovato. Dopo una breve interruzione, dopo una pausa di distacco, dopo una temporanea assenza, la dimensione entro la quale ci si muove nel quotidiano scorrere del tempo appare diversa e nuovamente attraente. Riemergono, con colori inusuali, immagini e riferimenti che erano divenuti scialbi e sbiaditi.
Le consuetudini che impegnavano il tempo quotidiano riaffiorano con interesse e nuova affezione. Il tempo scelto per assentarsi momentaneamente dall’ordinario e da tutti quegli spazi zeppi di affetti, di riferimenti, di memorie, di legami, di simboli, di nostalgie, di oggetti, di frequentazioni, diventa finalmente occasione per ridare giusto valore, significato e peso a ciascuna cosa e a ciascuna abitudine.

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Disfacendo la valigia che ci aveva accompagnati, nel timore di non avere quelle cose che si reputavano essenziali per sopravvivere al distacco e alla lontananza, la si ritrova carica, spesso eccessivamente colma, di cose e legami superflui, non essenziali.
Non tutto, di quanto era apparso fondamentale e necessario, è stato realmente utile. Ci ha resi sicuri, prima della partenza; ha soddisfatto il nostro senso di previdenza, prima di partire; ha reso meno pesante la separazione dalla vita di tutti i giorni: ma, in conclusione, non è risultato effettivamente utile, indispensabile.
Servono davvero poche cose a chi parte.

Poche cose sono necessarie a chi decide di vivere cercando quanto è sufficiente per dare sapore e fine all’esistenza quotidiana. Si può vivere con poco, si può partire con meno, si possono custodire solo poche cose.

Una valigia povera, capace di contenere quanto è essenziale per vivere: anche il quotidiano vivere ci interroga, invita a cercare, a custodire, a raccogliere ciò che è sufficiente, essenziale, utile davvero.
Il di più non serve: aiuta, ma non soddisfa; è utile, ma non essenziale.
Per l’uomo pellegrino, per “il monaco metropolitano” ogni strada che arricchisca davvero l’umanità è percorso prezioso e desiderato…

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Questo è l’uomo libero, l’uomo capace di vivere, custodendo nella propria valigia, soltanto ciò che è essenziale: chi infatti non ha ansie di potere, di piacere, di dominio ha più profonda motivazione alla ricerca, alla scoperta, all’accettazione di quanto la ricerca e la scoperta degli altri offrono.

Può bastare anche un pezzo di pane, persino indurito: se messo insieme all’ultimo mezzo bicchiere di vino avanzato a un altro che nulla di più possiede, può diventare una cena, una festa, un incontro. E nessuna festa è possibile, se non vi sia almeno un pezzo di vita da spezzare e da spartire e un frammento di speranza da condividere.

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Il tempo della sosta viene buono, ad ogni estate, per farci camminare su sentieri raramente calpestati, per abitare spazi e profondità troppo spesso solo sognate, per farci capire che riusciremo a vivere bene insieme, solo se sapremo star bene con noi stessi.
Erranti, di luogo in luogo, assetati di novità, amanti di tutto ciò che è umano, alla continua scoperta di sé, insaziabilmente assetati di mistero, del Mistero che accoglie, protegge, custodisce, con memoria gelosa, il nome di ogni essere vivente: questa è la condizione dell’uomo libero, chiamato a custodire solo quanto è necessario.

(Servizio fotografico realizzato da Marina Tarozzi)

Fausto Corsetti

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