UN PASSO INDIETRO

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In questi ultimi anni, da quando sono “a riposo”, trovo molto tempo per passeggiare in città e nei campi, per “bighellonare”. Spesso, senza una meta precisa, mi inoltro su strade e sentieri: si presentano davanti a me ed io li scelgo con libertà e fantasia.

Questo mi consente gli incontri più diversi: vecchi e giovani, gente che va in giro, gente che lavora, persone che quasi sempre non mi conoscono, come io non conosco loro. Ascolto, qualche volta interrogo, parlo poco e cerco di imparare. E cosa ho imparato, in particolare in questo tempo segnato dalla pandemia, dalla crisi economica e, da ultimo, dalla guerra?

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Che la gente ha paura ed è disorientata. Ha paura per il contagio, dunque diffida dell’incontro e ancor più del contatto con gli altri. Ha paura per la situazione di povertà in cui è venuta a trovarsi. Ha paura che non sia più possibile tornare a vivere liberi da questi incubi. Il tempo presente, segnato a intervalli dalla clausura più o meno stretta e dalle altre misure pensate per il contenimento del contagio, segnato dall’impossibilità di incontri, viaggi e relazioni, è sentito come un tempo non abitabile, morto, collocato tra un prima in cui c’era vita e un domani in cui forse tornerà a esserci.

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Ma nell’oggi questi mesi sono come tolti alla vita, soprattutto a chi è anziano e sente preziosi i suoi ultimi anni. E così il sentimento che più traspare ed è confessato è quello del disorientamento: sì, mancanza di un oriente, di un orizzonte. Non si riesce a capire, e ciò aumenta la paura, il senso di impotenza e anche di rabbia. Disorientamento dovuto a una confusione sulla dinamica dei tragici fatti che stanno avvenendo; disorientamento a causa dei politici che, anche in presenza di numerosi morti ogni giorno, di un continuo profilarsi di nuove minacce, continuano a mostrarsi arroganti e irresponsabili, senza una volontà di perseguire il “bene comune”, neppure in una situazione tanto drammatica a livello economico e sociale.

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Eppure, in tanto disorientamento, agitazione e confusione, ascolto... e i termini, che più spesso affiorano nei discorsi delle persone in questi ultimi giorni, sono: vacanze, ferie, pausa, riposo…

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Fa parte della vita il giusto e necessario riposo e vivere bene le vacanze non è un affare di poco conto, soprattutto se conosciamo l’importanza delle pause nel ritmo faticoso e talora frenetico del lavoro e della vita quotidiana.
E’ un esercizio che mette in gioco la saggezza di ognuno, aiuta ad acquistare il senso della gratuità. C’è un rapporto profondo che lega il “tempo occupato” con il tempo libero . Ma non è un rapporto strumentale, è una complementarietà che aiuta l’armonia della vita.

Quindi, anche la vacanza ci fa crescere in umanità. Il cambiamento del ritmo, una certa quiete e il tempo disponibile per pensare ci aiutano a guardare dentro noi stessi, a vedere come siamo cambiati. E’ un esercizio importante. Uscire dal “trantran” quotidiano aiuta a riscoprirsi. E poi la vacanza – almeno se non è un’evasione, una fuga verso improbabili paradisi artificiali – ci fa riscoprire la contemplazione e l’amore della natura e degli uomini e delle loro opere. Non c’è bisogno di fare indigestione di viaggi o musei; ma guardare con calma, cioè contemplare un paesaggio, un’opera d’arte, un cielo stellato… può essere un’esperienza che arricchisce sempre.

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La vacanza offre spazio per l’amicizia e il dialogo; e non dobbiamo sorprenderci se ci riscopriamo un po’ arrugginiti. Anche il dialogo tra genitori o con i figli non è sempre facile, e perciò tanto più necessario. Serve pazienza e ottimismo; e anche qualche progetto comune. L’estate è il tempo privilegiato per qualche esperienza di condivisione, di solidarietà. Migliaia di campi scuola, momenti di studio e di raccoglimento, settimane di servizio a persone sole o emarginate… La realtà delle vacanze non è quella che ci offrono i media, con le loro immagini patinate e mondane, in diretta dai grandi centri dello spreco e, spesso, del cattivo gusto. La realtà è questo immenso alveare di cose buone e gioiose che persone di ogni età e condizione sanno costruire insieme, ogni anno.
Facciamo un passo indietro. Un passo indietro per vedere cose diverse, mai notate prima. Spostiamo il punto di vista, proprio la posizione per così dire geografica da cui osserviamo uno scenario, e vedremo un aspetto diverso della nostra vita. Con meno coinvolgimento, meno preoccupazioni.

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Potremmo anche scoprire che, se ci distacchiamo un po’ dal lavoro, dalle cure familiari, dalle incombenze quotidiane, c’è dell’altro oltre le tante faccende che ci agitano. Quando si sta troppo dentro le cose, esse perdono parte della loro verità.

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Spesso i nostri occhi, ingordi di immagini da schermi e schermucci, non sanno vedere la bellezza di un fiore; la nostra vista, eccitata da figure esasperate ed eccessive, non sa più cogliere la semplice purezza di un’alba e di un tramonto.
Un passo indietro, una minima presa di distanza, da lontano. Per favore.

(foto interne di Marina Tarozzi)

Fausto Corsetti

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