MUTUI CASA, AUMENTO DEI TASSI
Le prospettive non sono incoraggianti in un quadro di estrema instabilità politica

Ancora una volta "il mattone" viene designato come agnello sacrificale, con un incremento di tassazione e prelievo fiscale ormai sistematico, nonché impietoso e spropositato in quanto si strattona un settore importante, che con tutto il suo vasto indotto determina effetti significativi per l’economia generale del Paese. La prospettiva dei mutui casa più cari (anche per quelli già accesi, nel caso dei mutui a tasso variabile), deriva dalla decisione della BCE (Banca Centrale Europea) di innalzare, dopo 11 anni, i tassi d’interesse di 50 punti base e applicare il cosiddetto scudo anti-spread condizionato. Tale decisione, adottata dall’istituto bancario di Francoforte subito dopo la crisi del governo italiano, è stata superiore di 25 punti base rispetto a quelli già annunciati a giugno e attesi dai mercati. Per fortuna tale incremento riguarda solo pochi mutui indicizzati al tasso BCE, in quanto si tratta di prodotti finanziari che, a parità di spread, le banche propongono ai contraenti in alternativa a quelli parametrati a Euribor (parametro interbancario), ma hanno avuto scarso interesse.
I mutui legati a Euribor, pur avendo un diretto legame con le decisioni della BCE, non hanno effetto immediato e, comunque, già dal 1° luglio hanno parzialmente scontato l’aumento, poiché l’Euribor a 1 mese è salito di 25 centesimi circa di punto, mentre a 3 mesi di 31/32 centesimi di punto, in aggiunta agli altri 40 maturati da inizio anno. Senza entrare compiutamente in algoritmi finanziari molto complessi si possono citare, come esempi indicativi, alcune ipotesi di mutui in corso e i relativi aumenti di rata: nel caso di un mutuo di 200.000€ a 30 anni, per ogni 25 centesimi di punto l’aumento della rata mensile è di 24€ circa (per cui diventerebbe 48 se l’Euribor accorpasse tutti i 50 centesimi di rialzo deciso), mentre a 20 anni l’incremento sarebbe di 18€ su 25 centesimi.
Ad ogni modo, al di là dell’aumento in oggetto, la differenza di costi tra mutui a tasso fisso e a tasso variabile è ancora consistente: a 20 anni il fisso si attesta al 3,10% circa contro lo 0,97% del variabile, mentre a 30 anni il fisso è al 3,08% e il variabile si colloca al 1,08%; in tale contesto, riferendosi sempre a un mutuo di 200.000€, la rata mensile in 20 anni è pari a 920€ per il variabile e 1120€ per il fisso, mentre in 30 anni le corrispondenti cifre ammontano a 630€ per il variabile e 851€ per il fisso. Per tale motivo le richieste di mutui a tasso variabile si attestano su una quota del 35/40% del mercato, un incremento consistente da inizio anno.
La prospettiva per il futuro non è certamente positiva, nel contesto attuale di incertezza e instabilità economica e sociale del nostro Paese e in generale a livello europeo. Lo spread è il divario o "differenziale", misurato in punti base, tra il rendimento dei titoli di stato italiani a 10 anni e i Bund tedeschi (anch’essi a 10 anni). Lo spread tra BTP e Bund è arrivato a segnare un picco intorno a 250 punti base; la nostra instabilità politica e economica, la perdita del potere d’acquisto e l’inflazione che si prevede rimanga alta ancora per un certo tempo, anche a causa del deprezzamento dell’euro (ormai pari al dollaro), preoccupano la BCE che procede, appunto, deliberando aumento dei tassi d’interesse e nello stesso tempo la proposta dello scudo anti spread a determinate condizioni, che avranno effetti sulla prossima campagna elettorale e sul futuro governo. Infatti, l’attivazione dello scudo anti-spread a favore del nostro Paese si baserà sulla conformità dei conti pubblici nei confronti della UE e su stabilità economica, sostenibilità del debito, adozione di provvedimenti politici nel rispetto dei parametri del Recovery e del Pnrr.
L’attuale situazione politica, economica e sociale non è, purtroppo, rassicurante; sarebbe opportuno che anche in tale contesto ci sia una convergenza e uno spirito unitario da parte di tutte le forze politiche, per un’inversione di tendenza che contempli il contenimento degli oneri sul "mattone", da troppo tempo strattonato. Solo così si può indurre la ripresa del mercato immobiliare ed edilizio, i quali costituiscono un comparto consistente e significativo dell’economia generale del Paese, perché determinano e producono lavoro, sviluppo, crescita, stabilità e benessere... Non è un’utopia bensì un miraggio raggiungibile, se prevale l’unità d’intenti!
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