LO SPECCHIO - (I^PARTE)

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“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del Reame?”.

Così recita una delle frasi più celebri della fiaba dei fratelli Grimm: Biancaneve.

Probabilmente non ci abbiamo mai fatto caso, ma quello dello specchio è un tema molto ricorrente, non soltanto nel mondo fantasy ma anche in quello filosofico ed esoterico.

Lo specchio non è uno strumento magico ma un portale, nel senso più letterale del termine. Esso è un passaggio verso qualcosa o qualcuno se non, addirittura, la metafora di qualcosa o di qualcuno.

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Nella terza Lettera a Sant’Agnese di Praga, Santa Chiara d’Assisi parla di Gesù Cristo in questi termini: “Guarda ogni giorno in questo specchio, o regina, sposa di Gesù Cristo. Contempla continuamente in esso il tuo volto, per adornarti così tutta interiormente ed esternamente (…).

In questo specchio rifulge la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità. Contempla lo specchio in ogni parte e vedrai tutto questo.

Osserva anzitutto l’inizio di questo specchio e vedrai la povertà di chi é posto in una mangiatoia ed avvolto in poveri panni. (…) Al centro dello specchio noterai l’umiltà, la beata povertà e le innumerevoli fatiche e sofferenze che egli sostenne per la redenzione del genere umano. Alla fine dello stesso specchio potrai contemplare l’ineffabile carità per cui volle patire sull’albero della croce ed in esso morire con un genere di morte di tutti il più umiliante. Perciò lo stesso specchio, posto sul legno della croce, ammoniva i passanti a considerare queste cose, dicendo: «Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore!»”.

È un testo struggente che in pochi conoscono.

Santa Chiara dimostra di avere un pensiero estremamente originale ma, nel medesimo tempo, di conoscere la tradizione antica.

Mistica, filosofia, esoterismo: tutto è legato. Perché la verità è una, contrariamente a quanto ci vogliono far credere.

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Santa Chiara d’Assisi (16 luglio 1194 - 11 agosto 1253)

Lo specchio è da sempre uno degli oggetti più affascinanti e controversi, e ad esso vengono attribuiti una lunga lista di qualità e di poteri.

Tantissime sono le storie e le leggende costruite attorno a lui.

Pensiamo, ad esempio, ad Alice nel paese delle meraviglie: attraversando lo specchio, la protagonista scopre un mondo fantastico, simbolo del passaggio dalla realtà conscia a quella inconscia. Lo specchio diventa così un varco tra il mondo materiale e quello spirituale, dove non valgono più le leggi della fisica ma solo quelle del cuore.

Hermes Trismegisto, fondatore della corrente filosofica conosciuta col nome di “Ermetismo”, incise sullo specchio la celebre formula “Conosci te stesso”, che oggi potremmo tradurre con il proverbio: “Gli occhi sono lo specchio dell’anima”.

Da questi pochi accenni possiamo già intuire come lo specchio abbia avuto, nell’immaginario collettivo, e fin dagli albori della civiltà, un significato altamente simbolico.

Facciamo un passo avanti.

L’etimologia della parola specchio viene dal latino specere (guardare, osservare), e dal greco spektomai (io vedo). Sembrano sinonimi ma non lo sono. Una cosa è guardare, un’altra è vedere.

Cosa guardo? E cosa vedo nell’atto di guardare?

Ciò che guardo e ciò che vedo sono la stessa cosa? Sembra una domanda retorica ma non è così.

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Lo specchio ci mette a confronto non noi stessi e con la realtà o, quanto meno, con la percezione che abbiamo di essa.

Quante volte, ad esempio, ci è capitato di guardarci allo specchio e di vederci grassi, brutti, imperfetti? Molto probabilmente la realtà oggettiva è diversa. E quando parlo di realtà oggettiva, mi riferisco anche alle persone che ci stanno intorno.

Penso a chi soffre di disturbi alimentari: è evidente che la loro percezione della realtà è falsata. Tuttavia è reale per loro. Senza scendere nel patologico, tutti più o meno “soffriamo” di questa alterazione dell’immagine nel momento in cui non riconosciamo, allo specchio, l’idea che ci siamo fatti di noi stessi.

Domandiamoci, quindi, qual è la vera a funzione dello specchio: riflettere o farci riflettere? Mostrare le apparenze o invitare ad andare oltre ciò che appare?

Se utilizziamo comunemente il termine APPARIZIONE in funzione di entità eteree (ad esempio i santi, gli spiriti, gli angeli) che, per definizione, assumono una forma riconoscibile al nostro immaginario, per quale motivo continuiamo a sostenere che l’APPARENZA sia ciò che realmente vediamo? E perché lasciamo che essa determini la nostra esistenza e i nostri comportamenti?

Come la strega di Biancaneve, spesso chiediamo allo specchio conferme che, in realtà, dimorano soltanto dentro di noi.

In un’epoca in cui impazzano ritocchi di ogni genere, da quelli nei centri estetici fino alle app del telefonino, che cosa significa mettersi allo specchio?

Per capirlo, è necessario fare prima un viaggio nel tempo. Lo faremo nel prossimo articolo.

Simona HeArt

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