JACKSON POLLOCK: CONVERGENCE

Arte tra noi

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Quando inizio a reperire informazioni su una determinata opera o un artista trovo un vero e proprio mondo da esplorare fatto di percorsi storici e biografici nei quali avventurarmi. Studiare questa disciplina penso sia qualcosa di unico e meraviglioso perché è così vasta e appassionante che potrei stare anni a informarmi e leggere libri ma non basterebbe. Secondo me, infatti, non si può comprendere il vero significato di un quadro senza aver prima analizzato il percorso che ha portato alla sua realizzazione.

Ora, però, passiamo al vero protagonista di oggi: Jackson Pollock. Sicuramente la prima cosa che notiamo osservando i suoi quadri è la forte energia visiva che sprigionano grazie ai contrasti di tonalità così intensi e brillanti che sembrano ipnotizzare lo spettatore. La tecnica è quella del dripping: il colore è steso con un pennello dalle dimensioni sproporzionate, spruzzato, sgocciolato o, addirittura, lanciato violentemente. Il risultato è un’immagine caotica, un insieme di linee e colori, frutto di una gestualità impetuosa e casuale, che vuol far emergere le motivazioni più inconsce dell’individuo. L’artista, mentre dipinge, si muove attorno a ciò che sta realizzando, prima con movimenti lenti e poi sempre più veloci, senza fermarsi finché l’opera non è completa.

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Fonte: https://revistacult.uol.com.br/

Quella di Pollock, secondo me, è un’arte libera da qualsiasi schema o modello precostituito, spontanea e immediata, ma fondamentalmente costituita dal forte legame che si instaura tra il pittore e il quadro che sta realizzando. La tela, in sostanza, diventa una vera e propria arena in cui agire e non solamente uno spazio in cui riprodurre, disegnare o esprimere un oggetto.

Ma la vera bellezza di Pollock è la totale naturalezza con la quale lavora, come lui stesso sostiene:

Quando sono nel mio dipinto, non sono cosciente di ciò che sto facendo. È solo dopo una sorta di fase del familiarizzare che vedo ciò a cui mi dedicavo. Non ho alcuna paura di fare cambiamenti, di distruggere l’immagine, perché il dipinto ha una vita propria. Io provo a farla trapelare. È solo quando perdo il contatto con il dipinto che il risultato è un disastro. Altrimenti c’è pura armonia, un semplice dare e prendere, ed il dipinto viene fuori bene.”.

Nonostante l’adozione del dripping, egli non esprime mail caos, perché lavora sempre con mano esperta e mai casualmente, ed è per questo che i suoi grovigli cromatici non respingono mai lo sguardo dell’osservatore ma lo catturano.

La Vita

Pollock nasce a Cody, Wyoming, il 28 gennaio 1912. La sua figura è caratterizzata da tratti caratteristici dell’epoca: la ribellione, la dipendenza dall’alcool, l’attrazione per le filosofie orientali e la psicologia junghiana, la contiguità con le ricerche musicali più avanzate, l’improvvisazione e la creatività immediata e la ricerca di libertà nei confronti della forma.

Passa la gioventù in Arizona e in California e giovanissimo incomincia a studiare pittura alla Manual Arts High School di Los Angeles.

Nell’autunno del 1930 si reca a New York e studia all’Art Students League dove conosce e apprezza le pitture murali di José Clemente Orozco e Diego Rivera.

Poco dopo partecipa a mostre molto importanti: la “Natural, Insane, Surrealist Art” all’Art of This Century nel 1943, all’“Abstract and Surrealist Art in America”, allestita da Sidney Janis e alla “Mortimer Brandt Gallery” a New York.

In tutte le opere di questi anni è molto evidente l’influenza di Pablo Picasso e del Surrealismo europeo.
Il 1952 è un anno molto importante perche finalmente riesce organizzare la sua prima mostra personale a Parigi, allo Studio Paul Facchetti e una retrospettiva al Bennington College, nel Vermont, organizzata da Clement Greenberg.

Muore in un incidente automobilistico a Springs l’11 agosto 1956 mentre la sua fama ha raggiunto altissimi livelli.

L’OPERA Convergence

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Una delle sue opere più famose è sicuramente Convergence (Convergenza) del 1952.

Un vero e proprio collage di colori caratterizzato da forme imponenti che evocano emozioni, mentre i colori sembrano quasi aggredire lo sguardo di chi guarda. La prima cosa che risalta subito è una superficie percorsa da continui segni circolari come a formare delle matasse aggrovigliate. In realtà Pollock iniziò a dipingere Convergence solo con il bianco e nero, poi, però non fu soddisfatto del risultato aggiunse il rosso, il giallo e il blu. L’opera è un chiaro esempio della tecnica elaborata dall’artista: egli utilizzava tele di grandi dimensioni che stendeva a terra, e poi camminando intorno al perimetro faceva colare il pigmento da grandi pennelli che immergeva in dei secchi.

La superficie di base costruita con una trama fitta e uniforme di tracce nere è alternata dagli interventi di dripping e gesti colorati. Il giallo crea una mandorla compositiva trasversale che occupa la quasi totalità della larghezza del dipinto, il rosso e il bianco danno origine a ghirigori colorati paralleli ai bordi del rettangolo, mentre il blu si trova all’interno di piccole zone distribuite uniformemente.

Grazia De Marco

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