HOMO NOVUS O VETERA PRAXIS?
L’Opinione

Finita la crisi politica ferragostana e non, elezioni politiche espletate e ora: cosa accadrà? Chi aveva creduto alla taumaturgia del voto, ora sa che un voto può cambiare tante cose, ma difficilmente risolve i problemi. I problemi ci sono ancora tutti e vanno risolti in sede politica, naturalmente. Ma noi dobbiamo chiederci in quale misura questi problemi interpellano i cristiani che stanno in Italia. Bisogna compiere alcuni atti dovuti. Alla coscienza, prima che a chiunque altro.
Il primo atto dovuto è un atto di conversione. Pochi di noi sono immuni da colpe per quanto è successo in questi ultimi anni. Sono colpe che vanno dalla piccola corruzione – le mance, le raccomandazioni, i regalini, i conti pagati in nero, le piccole evasioni, le prepotenze, lo sfruttamento delle conoscenze altolocate, l’appartenenza al gruppo, al partito, alla corrente dominante, gli opportunismi, le adulazioni, i conformismi – fino alle connivenze più gravi e alle complicità, ai silenzi, alle omissioni.
Come è potuto succedere tutto senza che noi ce ne accorgessimo? Noi che abbiamo dato sostegno a partiti e a nomi che poi sono precipitati nel fango? E’ possibile che non ci siamo accorti? Oppure abbiamo pensato che il sistema sarebbe stato eterno e che avrebbe provveduto da solo ad autopurificarsi? Ma cosa significa autopurificarsi quando si provocano danni che sono irreversibili e che richiederanno forse una generazione – se basterà – per essere riparati, ma mai cancellati.
Dopo la conversione – che è la presa d’atto delle proprie colpe, e la decisione di emendarsene – occorre passare alla vita nuova. Il senso cristiano della vita nuova quaggiù non può essere che quello di cui parla san Paolo nella Lettera agli Efesini: l’uomo nuovo. Ora è persino di moda parlare di uomini nuovi, volti nuovi, poi cambiare pagina, per ricominciare da capo.
Dalla dottrina dell’uomo nuovo, non ci viene nessuna indicazione di come cambiare i partiti o di come impegnarci a ricostruire un partito. Ci viene però il precetto di essere uomini nuovi secondo Cristo nella società. E in questo noi dobbiamo sentirci obbligati più che mai. Non abbiamo il diritto di tirare i remi in barca come molti sono tentati a fare. Il nostro Paese ha bisogno di uomini nuovi non solo nelle Istituzioni, ma nella vita, giacché l’inquinamento morale dello Stato non nasce così, come in un ambiente asettico e senza corresponsabilità alcuna da parte dei cittadini.
Un Paese che, nonostante tutto, ha retto nella vita democratica superando crisi economiche, morali, politiche, di ordine pubblico, di terrorismo, di sanità pubblica (forse) è un Paese che non solo merita rispetto e amore, ma anche fiducia. E la fiducia degli onesti è il primo requisito per ricostruire il Paese e lo Stato.
Il secondo requisito è la saggezza. Guai a lasciarsi prendere dalla mania giacobina di tagliare tutte le teste, dal giustizialismo che procede a colpi di mannaia e che vorrebbe eliminare tutto il passato, solo perché passato. Il Vangelo ci offre il modello dello scriba saggio che sa tirare fuori dal suo sacco tesori vecchi e nuovi e sa valorizzare gli uni e gli altri.
Infine, il terzo requisito mi pare che debba essere quello dell’unione delle forze per quanto è possibile. In democrazia, a prescindere dai sistemi maggioritari o proporzionali o misti, i numeri hanno importanza decisiva. La democrazia non conosce altri sistemi per verificarsi al di fuori dei numeri.
Dunque più che mai è vero che l’unione fa la forza. In che modo e con chi? La risposta a questa domanda l’avremo nell’arco dell’intera legislatura. Bisogna che apriamo bene occhi e orecchie per capire, per verificare di tanto in tanto se le scelte che abbiamo fatto a suo tempo sono state giuste o no. Scelte sui partiti e movimenti e soprattutto sugli uomini e le donne ai quali abbiamo dato voto e fiducia. In fondo stiamo vivendo un’esperienza ricca di incognite, ma anche di possibilità.
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