PARIGI FASHION WEEK

Collezioni spring-summer 2023

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Parigi ha ufficialmente chiuso il fashion month dedicato alla presentazione delle collezioni per la prossima primavera-estate ’23 con un calendario ufficiale che ha avuto circa cento eventi tra fashion show e press day. Parigi, a differenza delle altre capitali della moda, resta ibrida tra sfilate in presenza e sfilate in digitale. Nella Ville Lumiere hanno avuto “asilo” anche alcune delle maison inglesi che non hanno potuto sfilare a Londra, causa lutto per la morte della Regina Elisabetta II, come Vivienne Westwood, Stella McCartney e Victoria Beckham. Le maison più rappresentative ed iconiche del fashion system francese hanno risposto positivamente alla chiamata della Federation de la Haute Couture et de la Mode come Chanel e Louis Vuitton, affiancate da maison come Valentino, Miu Miu, Comme Des Garçon che sono tornate a sfilare nella Ville Lumiere. Al netto di tutto, Milano si riconferma essere più splendente rispetto a Parigi che ha visto Dior e Louis Vuitton sottotono rispetto alle aspettative, che ha visto Chanel giocare facile riproponendo i must have della maison, che ha visto contrattempi, confusione e poca organizzazione. Il caso più eclatante è stato il fashion show di Valentino dove la quasi assenza di prove da parte delle modelle e la mancanza di un adeguato fitting sono stati palesi. Arrivati alla conclusione del fashion month possiamo fare un breve recap delle macro tendenze per prossima primavera-estate sulle passerelle, ma che non è detto si trasformino in trend alert per le strade delle città (vedi alla voce balaclava, visto su tutte le passerelle, ma non pervenuto sulle strade dello scorso inverno). Le maggiori maison ci hanno proposto un uso smodato di trasparenze, il color block, il gambaletto a rete come visto sulla passerella di Dior o impreziosito da cristalli come visto sulla passerella di Chanel, il blazer oversize, la gonna che batte il pantalone, soprattutto se lunga modello a sirena come quelle viste sulla passerella di Valentino, il mood gotico, il platform, il total black, il total white, i colori pop, ma anche le nuance pastello, lo sparkling, i pantaloni cargo, la vita bassa, il revival degli anni ’90 e ’00, il mood utility, il minimalismo estetico come visto sulle passerelle di Valentino, Loewe e Lanvin.

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La sfilata che ha fatto più parlare di sé e non per la sua collezione, ma per il suo spray dress è stata quella del brand Coperni. Due chimici hanno spruzzato sul corpo dalla modella, Bella Hadid, un liquido spray composto da fibre di cotone e materiali sintetici che, a contatto con il corpo, evapora lasciando solo il tessuto che ha dato vita ad un abito bianco riutilizzabile che ha chiuso la sfilata tra lo stupore di tutti gli ospiti.

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La designer Maria Grazia Chiuri, per Dior, apre la fashion week parigina portando in passerella, in ottantacinque outfit, la forza e le innovazioni di Caterina dè Medici che apportò alla moda dell’epoca. La location prescelta è stato il giardino Tuileries voluto proprio da Caterina quando nel 1533 arrivo alla corte di Francia, la cornice perfetta per esaltare le innovazioni che la regina italiana portò in Francia come i bustier, i merletti di Burano, i tacchi a rocchetto, le crinoline, i panier, il nero, ma reinterpretati in versione 2.0. che vuol essere una sorta di rinascimento estetico per il fashion system. La collezione è un inno alle stampe preziose, alle perle, alle ballerine che sembrano delle ghette, al nero, al bianco, ai long coat impreziositi da ricami o pietre, ai colli bianchi, alle stampe floreali, ai tacchi midi, ai “mutandoni” di Caterina che si trasformano in shorts. Una collezione che ha diviso buyers e clienti, forse una delle meno riuscite della Chiuri.

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La maison Saint Laurent ha scelto la Tour Eiffel, in pieno mood parigino, come cornice per presentare la sua collezione che ha tratto ispirazione dall’archivio storico della maison, in particolare quello che va dal 1969 al 1970. Il designer, Anthony Vaccarello riporta in passerella gli abiti tubolari degli anni ’60 reinterpretati in chiave metropolitana integrandoli di cappuccio e resi più chic dallo chiffon. Gli anni settanta sono magnificamente rappresentati dai blazer oversize dalla linea squadrata e dalle spalle strutturate, dalle jumpsuit aderenti, dai cappotti extra-long reinterpretati in chiave glamour grazie ad una palette colori sofisticata e contemporanea dove il bianco, il nero e il lime hanno fatto da contraltare al lilla, al bordeaux, al viola, al cammello, al beige, ad un pattern maculato iridescente.

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Il designer della maison Balmain, Olivier Rousteing ci ha abituato da tempo a fashion show sui generis e star che, a sorpresa, calcano la passerella. Questa volta è toccato alla settantaseienne attrice e cantante pop, Cher a chiudere la sfilata tra lo stupore dei suoi settemila ospiti, un happening più che un fashion show per pochi eletti. Hanno sfilato contemporaneamente la collezione di haute couture e quella di ready-to-wear con un fil rouge che le accomuna: un glamour massimalista. Per l’haute couture sono i materiali innovativi a stupire come l’abito fatto da pezzi di corteccia saldati tra loro, l’abito di piume o l’abito costruito con stoffa attorcigliata e poi annodata. Anche per il ready-to-wear sono i materiali e le concezioni inedite i focus points della collezione dove, entrambe le collezioni sono “sorrette” da calzature con platform da vertigine. La palette colori si ispira alle nuance della terra e del fuoco accompagnate da pattern dal mood barocco.

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Una grande duna intorno alle quali si muovono le modelle è la location per presentare la collezione di Hermes che è un inno al viaggio, al comfort, all’outdoor, alla libertà di viaggiare. L’intera collezione ha un solo punto fermo: vestirsi senza(apparente) sforzo grazie alle linee minimal ai capi basici come le tuniche, le canotte, i pantaloni morbidi, gli abiti che accarezzano la silhouette senza mai costringerla. La palette colori si ispira alle nuance della terra e dei tramonti estivi, anche per Hermes i sandali hanno il plateau, ma in versione minimal-chic che strizza l’occhio al mood japan.

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La maison Balenciaga attraverso il suo designer, Demna Gvasalia torna a scuotere il pubblico creando un campo di battaglia fatto di fango dove le modelle hanno sfilato con capi che gridavano: odio le scatole, odio le etichette, la vita come un campo di battaglia dove è sempre più difficile affermare le proprie idee e la propria identità. “La moda ama le scatole e le etichette”, “la moda deve sporcarsi con le difficoltà della vita”, ha dichiarato il designer. La collezione è fatta da abiti stracciati, sporchi, rattoppati, linee oversize che creano outfit casuali e non conformi. Per Demna la moda non deve essere più contenuta in scatole di lusso, fatta di etichette status symbol, ma deve sottolineare l’individualità e non l’omologazione, salvo far sfilare un modello con la scritta Balenciaga che spunta dagli slip. Una provocazione che sa tanto di un’azzeccata strategia di marketing del bravo Demna per promuove un finto individualismo pagato a caro prezzo acquistando jeans lacerati e sneakers “da buttare” rigorosamente Balenciaga.

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Durante il fashion show della maison Valentino è accaduto di tutto, anche eventi imbarazzanti inamissibili per una grande maison come Valentino. Le modelle hanno camminato malissimo con smorfie sul volto per le scarpe che fanno male e che fanno cadere, c’è stato un evidente problema di fitting con modelle che sono salite in passerella con scarpe slacciate, c’è stato un problema di organizzazione con modelle che non sapevano che percorso seguire. In un primo momento ho pensato che fosse stato tutto calcolato per far parlare la stampa, ma visto che nessuno ne ha parlato, molto probabilmente per timore reverenziale, si può affermare che il fashion show è stato un disastro, ma la collezione una meraviglia. Il designer Pierpaolo Piccioli resta il più bravo di tutti ed anche in questa collezione c’è tutto il suo genio creativo, in una collezione che è un inno al glamour del minimalismo, alla sottrazione del superfluo, all’essenziale dell’eleganza. Il ready-to-wear si avvicina all’haute couture per volumi, impalpabilità dei tessuti e un uso sapiente dello sparkling. L’unica concessione al trendy sono la logomania, le jumpsuit di paillettes second skin, i dettagli piumati sulle maniche dei blazer e sui pantaloni. Il body color nude, smanicato o meno, sarà il capo must have (come quest’inverno lo è la canotta bianca) da indossare sopra gonne preziose o sotto tailleur sartoriali. Il neonato rosa Valentino, tanto in auge in questa stagione, è scomparso facendo posto al ritorno dell’iconico rosso Valentino, ma anche all’azzurro, al giallo, al verde, al nude che diventa il nuovo nero. La collezione più bella di tutta la fashion week parigina dove non c’è traccia di platform, di provocazioni e dove anche la vita bassa diventa chic celata sotto il glamour del body.

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Tutt’altra storia quella raccontata dalla maison Givenchy che si rifà alle suggestioni degli anni 2000 e dei suoi eccessi. La collezione è un continuo rincorrersi tra il bisogno di utility e il bisogno di lusso che ha portato in passerella giacche multitasche, pantaloni cargo, bermuda, pantaloni baggy, felpe con cappuccio, vita bassa, ma anche tailleur bon ton in bouclé, slip dress, plissettature, drappeggi, dove il bomber diventa il capospalla da indossare in ufficio quanto per un party serale. La palette colori, oltre al nero identificativo della maison, ci sono il lime, il viola, il rosso, il bianco, il beige.

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La designer della maison Chanel, Virginie Viard abbandona ogni sua inerpretazione della moda per portare in passerella tutti i codici distintivi della maison come le perle, il bouclé, il balck and white, le Mary Jane, le camelie, le catene. Unica concessione al nuovo sono la vita bassa e i cristalli che sono sparsi ovunque, anche sulle scarpe e sui calzini, a tratti ho avuto la netta sensazione che alla fine del fashion show spuntasse madame Coco anziché la Viard. Purtroppo la pesante eredità lasciata, prima da Coco Chanel e poi da Karl Lagerfeld non è stata ancora colta dalla designer che fatica a fare sua la maison, anzi sembra esserne fagocitata.

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Per la designer Miuccia Prada la moda deve seguire ed assecondare la vita reale ed è con questa visione che la collezione da lei pensata per la sua Miu Miu trasforma le tasche in un elemento di decorazione, ma di grande utilità strategica per le donne contemporanee. “Non è tempo di una moda senza senso”, ha dichiarato la designer e su questo concetto prendono vita capi essenziali dove il nylon è strategico come lo sono le coulisse, le zip, i laccetti, le tasche che appaiono anche su abiti più formali e su gonne quasi bon ton se non fosse per la vita bassa, dove le giacche perdono le maniche e i cappotti sartoriali accarezzano la silhouette. La palette colori è essenziale fatta di nero, crema, bianco e qualche accento di colore come il giallo, il pullover in lana pregiata e la camicia diventano i capi timeless del guardaroba per chi veste Miu Miu.

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Per Louis Vuitton la moda è come un luna park e il designer, Nicolas Ghesquiere gioca con la storia dell’iconica maison francese, soprattutto maneggiando e rieditando il logo che diventa gigante sugli accessori. Anche dettagli come le zip, le fibbie, le cinture, le tasche, i bottoni, i fiocchi, gli orli diventano bold, una collezione che ha come focal points i dettagli che diventano macro e protagonisti indiscussi dell’outfit e dove le linee sono un omaggio agli anni ’60 e ‘70.

T. Velvet

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