LE DONNE IRANIANE, CITTADINE DI SECONDA CLASSE

Continuano le proteste

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Le proteste in Iran sono sempre più accese dopo la morte di Masha Amini, una giovane donna che era detenuta dalla “polizia del buon costume”, il Basij, per aver indossato il velo in modo errato secondo la legge iraniana.

Il Basij, il cui nome ufficiale si traduce in Organizzazione per la Mobilitazione degli Oppressi, è stato istituito dall’ayatollah Ruhollah Khomeini poco dopo la rivoluzione islamica del 1979 per islamizzare la società iraniana e combattere i nemici dall’interno. È composto da volontari paramilitari che sono ferocemente fedeli alla Repubblica islamica.

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Gli esperti sostengono che molti di coloro che aderiscono al Basij lo facciano per opportunità economiche; l’adesione al gruppo, infatti, fornisce un vantaggio nelle ammissioni universitarie e nel trovare un’occupazione nel settore pubblico.

L’aspetto preoccupante è che in Iran le donne e le ragazze continuano ad essere trattate come cittadini di seconda classe. Per non parlare degli innumerevoli casi di violenza domestica, l’obbligo al matrimonio di ragazze e bambine di età compresa tra i 10 e i 14 anni e le restrizioni di abbigliamento introdotte dal presidente Raisi in agosto.

Agli occhi dei Basiji, il velo islamico, o hijab, è un baluardo contro la mescolanza di genere, l’adulterio e la corruzione; la sua rimozione è un segno di cultura occidentale decadente. I leader iraniani hanno lanciato le ultime proteste come parte di una cospirazione straniera per fomentare disordini.

I manifestanti respingono questa caratterizzazione, sostenendo che le manifestazioni siano una spontanea esplosione di rabbia per decenni di governo repressivo, malgoverno e isolamento internazionale.

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L’attuale età legale del matrimonio è semplicemente inaccettabile. Per la legge del paese, una ragazza può sposarsi già dall’età di 13 anni, mentre le ragazze più giovani, per meglio dire bambine, possono sposarsi legalmente con il consenso giudiziario e paterno.

Secondo i dati ufficiali, nella prima metà dell’attuale anno del governo iraniano si contano oltre 16000 matrimoni contratti con ragazze la cui età è compresa tra i 10 e 14 anni.

Oltre a non essere in linea con gli obblighi previsti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, è chiaro che il matrimonio infantile è dannoso per lo sviluppo e il benessere delle ragazze, anche in termini di istruzione, occupazione e vita libera dalla violenza.

Marlen Cirignaco

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