RADICI D’AMORE

L’opinione

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Mi diceva un amico per confortarmi, quando piangevo la morte di mia madre: “E’ strano, quando finiscono di morire tutti e due i genitori, ci si sente orfani, qualunque sia l’età in cui l’evento si verifica”. E’ vero. Ora che è morta anche mia madre ho l’impressione di aver completato la mia nascita al mondo. E’ come se, con la morte, mia madre avesse finito di partorirmi.

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Davanti alla morte di tutti e due i genitori, ci si sente come se le radici della vecchia quercia venissero recise. E allora ci si guarda in giro e si prova una sorpresa strana: è come se si avesse la conferma definitiva che si può restare in piedi anche senza le radici. Noi che non siamo dei “clonati,” ma tutti originali, sentiamo però che i nostri genitori portano via nella morte qualcosa che faceva parte di noi, del nostro corpo ed è come se qualcosa di noi venisse sepolta con loro, e tuttavia noi continuiamo a vivere senza quelle radici, essendo diventati a nostra volta radici, in attesa di essere recise.

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La trasmissione della vita, questa catena meravigliosa che dura da decine e decine di milioni di anni e che andrà avanti chissà fino a quando, non è interrotta dalla morte, anche se qualcuno dei suoi anelli non genera altri anelli. E’ una catena così ricca da sopportare sterilità fisiche naturali, volute per il Cielo o per altre ragioni. E’ la catena della specie che non può interrompersi e garantisce la continuità. Eppure la morte appare come un attentato a questa continuità. Forse è per questo che la natura ci spinge a considerarla nemica. E io credo che, in effetti, sia difficilissimo, forse impossibile accettare la morte per un motivo qualsiasi che venga dalla ragione.

Umanamente parlando la morte è l’interruzione di un progetto che è stato concepito senza limiti; è la rottura di rapporti nati per durare all’infinito, perché fondati sulla carne e sul sangue, ma anche sul pensiero e sull’amore.

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Non è facile dire qualcosa al cuore di chi è stato privato improvvisamente e silenziosamente della presenza di una persona cara. E’ difficile accettare di essere “derubati” di un affetto coltivato, costruito lentamente e segretamente nell’intimo. Il mistero della vita sembra infrangersi inesorabilmente di fronte allo strappo della morte. Che ne è dell’amore di una madre che ha desiderato intensamente e cresciuto pazientemente il proprio figlio, accogliendolo come un dono divino e offrendolo generosamente alla vita con riconoscenza a Colui che raccomanda di percorrere la via dell’amore?

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L’inevidenza della fede ci assicura che nulla è vano, nemmeno di fronte al non senso della morte. Ma anche per il credente non è facile spiegare perché proprio le cose più belle si possono perdere. Non ci sono parole sapienti da dire di fronte alla morte innocente o dinnanzi al vuoto di un affetto che sembra venir meno per sempre.

Eppure non c’è nemmeno un respiro di vita che possa essere inutile.

Anche nella morte improvvisa e innocente di un figlio l’amore dei genitori mai è stato inutile: hanno generato un figlio che a sua volta è riuscito a trasformare in amore la propria vita. Ecco ciò che resta: l’amore.

Non servono tante parole per dire cosa esso sia.

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Esso si impone da sé, senza clamore, senza rumore. Per questo, forse, anche il silenzio della morte, di una morte improvvisa, inattesa, suona come la parola più vera ed efficace: solo chi ama è degno di vivere ed è sempre pronto per la Vita, per l’Eterno.

Sono queste certamente le ultime parole di chi lascia improvvisamente i propri affetti, i propri cari: un grazie per aver appreso l’arte di amare e un invito, per noi che restiamo, a spendere la vita, tutta la vita, soltanto per vivere fino in fondo la profezia dell’Amore.

So bene, però, come tutto questo non impedisca di piombare nel dolore, perché la morte rimane quella che è: l’interruzione di un progetto, la soluzione apparente della comunicazione amorosa, parentale, amicale. Ma è solo apparenza. E’ interruzione solo apparente, perché il progetto continua, perché la vita continua e perché la comunione tra noi e i nostri cari non conosce interruzione. E’ solo la rivelazione pasquale che consente di superare le grandi svolte della vita, le svolte prodotte dalla morte dei genitori – o dei figli, che sembra ancora più assurda – o delle persone più care.

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E’ così: le radici non sono recise, la comunicazione non viene interrotta. E’ solo tutto cambiato: è la vita che viene mutata, ma non annullata. Perché il Signore della Vita è Risorto.

(Servizio fotografico realizzato da Marina Tarozzi)

Fausto Corsetti

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