LA FESTA DI OGNISSANTI

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Come ogni anno si avvicina il giorno di Ognissanti.

Questa festa fu istituita nell’835 da Papa Gregorio IV ma le sue origino sono più antiche.

Fin dal IV secolo, i cristiani iniziano a celebrare i loro martiri, sparsi in ogni dove. Le prime eco di una celebrazione generale vengono da Antiochia, città della Turchia non molto distante dal confine con la Siria. Il giorno prescelto per tale celebrazione è la domenica successiva alla Pentecoste, data tutt’ora in uso nelle Chiese orientali.

Sant’Efrem, teologo e scrittore siriano vissuto nel IV secolo, nei suo scritti parla di questa festa e la colloca il 13 maggio.

Sempre del 13 maggio è la conversione del Pantheon - tempio romano dedicato a tutte le divinità passate, presenti e future - in una chiesa dedicata alla Vergine Maria e a tutti i martiri. Siamo nell’anno 609 o 610.

A questo punto viene da chiedersi: come mai la Chiesa cattolica celebra Ognissanti il 1° novembre?

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La notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre è sempre stata considerata una notte magica, una sorta di “portale” che mette in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti. Originariamente si chiamava Nos Galan-Gaeaf, ovvero notte delle Calende d’inverno, ed era una festività pagana legata, come si può facilmente intuire, al mondo agricolo. Poiché in questo periodo dell’anno la natura si riposa, i cristiani hanno voluto, per analogia, dare un significato spirituale alla giornata celebrando il riposo eterno dei Giusti di Dio.

Non solo. La memoria di Tutti i Santi sostituisce anche l’antica festa pagana dedicata a San Cesario di Terracina, patrono degli Imperatori romani. Proprio il 1° novembre, dalla basilica dei Santi Cosma e Damiano, partiva una processione in direzione del Palatino - uno dei sette colli di Roma - in onore di San Cesario e degli imperatori.

La scelta del 1° novembre, quindi, ha lo scopo di “convertire” la festa pagana antecedente, per sradicarne il culto idolatrico. Fatto, questo, che accade spessissimo nella storia del cristianesimo.

Nel VI secolo, Papa Gregorio III scelse il 1° novembre come giorno anniversario della consacrazione della cappella dedicata a San Pietro e alle reliquie dei santi Apostoli e di tutti i Santi, martiri e confessori.

La festa di Ognissanti si diffuse ovunque nel mondo cristiano ma soltanto nel 1475 divenne obbligatoria per volere di Papa Sisto IV.

Vale la pena sottolineare che questa ricorrenza non celebra soltanto i santi canonizzati dalla Chiesa, ma anche le persone comuni che hanno osservato i comandamenti di Dio in vita e che sono morti nella sua grazia.

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James George Frazer, antropologo e storico delle religioni, osservò che prima di diventare una festa universale della Chiesa Cattolica, Ognissanti veniva già celebrata in Inghilterra proprio la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre. In questa data ricorreva il Samhain, ovvero il Capodanno celtico, giorno in cui si riteneva che i morti sarebbero potuti ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita.

La vita e la morte si incontravano fino a diventare un tutt’uno. Questo è il motivo per il quale il giorno seguente a Ognissanti - il 2 novembre - è stata introdotta la commemorazione dei defunti.

Questa ulteriore ricorrenza, benché non elevata al “rango” di festa, ne presuppone lo spirito.

In Messico, ad esempio, si crede che in questa notte i morti tornino tra i vivi per circondarsi del calore dei loro cari. È dunque d’obbligo farsi trovare felici per accoglierli come si deve.

Addirittura, in Guatemala è festa nazionale ed è d’uso far volare degli aquiloni, quale simbolo di comunione tra i vivi e i morti.

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Il tradizionale aquilone gigante - barrilete - del Guatemala

Quanto agli Stati Uniti, nel giorno di Ognissanti si celebra Halloween che, però, non è una festività. Ne ho parlato ampiamente in un mio precedente articolo.

Aquiloni, dolci o piatti speciali, fiori: tutti questi doni offerti ai defunti, non fanno che sottolineare l’aspetto gioioso di tale commemorazione. Si tratta di ri-cor-dare, ovvero di offrire nuovamente il proprio cuore a coloro che abbiamo amato quando erano su questa terra. In nessun modo questa ricorrenza è o può diventare una triste geremiade.

Forse ciò potrà apparire anacronistico, talmente siamo abituati a vedere la morte come la fine di un viaggio, piuttosto che l’inizio di una nuova avventura. E, soprattutto, ciò che viene sottolineato è l’aspetto di separazione dai propri cari anziché quello di liberazione dell’anima dall’involucro mortale.

Che la celebrazione di Ognissanti - e la commemorazione dei defunti - ci aiutino a rientrare nella giusta ottica e a versare non più lacrime di dolore ma di gioia!

Simona HeArt

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