“I MONDIALI DI CALCIO SIANO UN MOMENTO D’INCONTRO”

Papa Francesco torna a parlare di inclusione

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In un periodo critico per la storia dell’umanità, costellato da guerre e conflitti, il calcio può rappresentare un ottimo strumento di aggregazione, anche per indurre alla riflessione su temi importanti. Inutile negarlo: mai nessuna manifestazione ha subito tante contestazioni (legittime) quanto quella che si è inaugurata lo scorso 20 novembre in Qatar. Il paese non garantisce il riconoscimento di alcuni diritti e libertà fondamentali nel mondo Occidentale, e proprio per questo occorre favorire il dialogo.

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Ovviamente, il Santo Padre fa riferimento non solo ai mondiali ma ad una sfera d’azione più ampia. Bergoglio invita a riscopre l’incontro interiore con Dio, perché solo attraverso Lui si può raggiungere la pace: "È un’esperienza di gioia interiore, che consente di vedere la presenza di Dio in tutte le cose; essa rafforza la fede e la speranza, e anche la capacità di fare il bene. La persona che vive la consolazione non si arrende di fronte alle difficoltà, perché sperimenta una pace più forte della prova”. Nessuno è escluso da questo incontro, perché la certezza di essere figli ci accompagna per tutta la vita.

Il bene che ci viene donato va restituito; ciò non trasformarsi in una pratica meccanica e sterile, bensì in un vero e proprio atto d’amore: "In tempo di consolazione, quando noi siamo consolati, ci viene la voglia di fare tanto bene, sempre. Invece quando c’è il momento della desolazione, ci viene la voglia di chiuderci in noi stessi e di non fare nulla. La consolazione ti spinge avanti, al servizio degli altri, alla società, alle persone. La consolazione spirituale non è ‘pilotabile’, non è programmabile a piacere, è un dono dello Spirito Santo: consente una familiarità con Dio che sembra annullare le distanze".

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Come figli, nonostante i nostri limiti, tutti noi sentiamo a un certo punto la necessità di essere avvolti dall’abbraccio del Padre: "Si avverte un senso di tenerezza verso Dio - conclude Bergoglio - che rende audaci nel desiderio di partecipare della sua stessa vita, di fare ciò che gli è gradito, perché ci sentiamo familiari con Lui, sentiamo che la sua casa è la nostra casa, ci sentiamo accolti, amati, ristorati”.

Giuseppe Capano

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