SFUMATURE DI VITA

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Si entra in punta di piedi nella vita, allo stesso modo in cui ci si addentra con rispetto e attenzione nel cuore di un bosco che custodisce dettagli e sfumature infinite, quelle che si riflettono sui volti, quelle che si imprimono negli occhi di ogni camminatore che sa penetrare il mistero che lo avvolge e lo custodisce.

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Nelle stagioni di mezzo che sfogliano il grande libro dell’anno, nei frammenti di tempo che segnano i confini inafferrabili di ogni inizio o fine del giorno, più convincente, più evidente appare la forza dei colori. Il timbro di certe sfumature diventa percettibile esattamente quando è in atto un mutamento profondo e irreversibile. In quei passaggi, ciò che appariva chiaro e deciso, diventa inaspettatamente multiplo e variegato. Il verde vivo e incontrastato muta, con modalità impercettibili, in una creativa tavolozza ricca di gialli, rossi, aranci e verdi, che nessuno avrebbe potuto ipotizzare prima.

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Tutto si presenta più ricco e abbondante. Lo sguardo non si stanca di osservare. Nulla perde di valore. Tutto si trasforma e si propone in una inedita e inimitabile armonia di tonalità e dettagli.

In autunno, quando tutto inizia a suggerire compimento e spoliazione, diventa possibile riconoscere novità e nuova creazione. La diversità fa la bellezza. La bellezza permette lo stupore. Lo stupore ottiene il riconoscimento e l’incontro.

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Ci si avvicina a ciò che attrae e si cerca ciò che è diverso da noi stessi. Da qui comincia il mistero e la forza delle sfumature. Non sono scontate. Non sono sempre leggibili. Non sono nemmeno sempre accettate. Eppure ci appartengono, costruiscono ciò che ci sta intorno e, alla fine, consentono esattamente la nostra stessa esistenza.

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Non è sciocco condividere pensieri e impressioni dinnanzi allo stesso tramonto. L’alba ha parole diverse per ciascuno sguardo che la attende. Si può stare in silenzio. Ma la verità non viene tradita da parole tese a condividere, a far conoscere, a lasciarsi abitare.

Fuori si legge solo ciò che abita dentro. La diversità ci appartiene. Ciascuno è fatto di frammenti, quelli che si mostrano solo a chi cerca il tutto nel particolare.

Non sempre è facile cogliere le sfumature, quelle che nutrono di sostanza storie, volti, nomi. Non si tratta di dettagli. Ma, di particolari che svelano il “non compiuto”, il mistero di una pienezza svelata da marginalità che contano.

Abita dentro ciò che è essenziale, non appare, ma vale. Non ostenta, ma è per tutti. Non attrae, ma invita a entrare dove, troppo spesso, si teme di cercare. La luce nuova si fa spazio nell’oscurità. Si cresce dove c’è voglia di ricevere, accogliere, imparare.

In molti capiscono, alcuni riconoscono, pochi sanno percorrere il sentiero che dalla vita riconduce al pensiero, all’idea, al valore che l’ha nutrita. Ma se i giorni non sono nutriti di parole vere, di pensieri importanti, di aneliti esigenti, è poco ciò che resta alla sera, quando tutto, più facilmente, riconduce all’essenziale.

La diversità non è mai un limite, ma opportunità. Persino giunti al crepuscolo del giorno – e della vita – è possibile apprendere cose nuove, proprio da ciò che ancora non ci appartiene e che non è diventato già carne della nostra stessa carne, vita della nostra stessa vita.

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Camminare in spazi ancora da esplorare, andare avanti, oltre, sospinti da quel vento interiore che porta verso ciò che è nuovo, non stanca mai. Aprirsi e lasciar entrare luci, oscurità, profumi, suoni, silenzi. Tutto ha voce, tutto è voce per chi sa ascoltare, ed è bello percorrere a testa alta un sentiero sconosciuto, consapevoli che c’è solo – sempre - da imparare.

Ciò che dà senso e orientamento è sapere che proprio l’incertezza che ci sta dinnanzi, ciò che ancora non si possiede, ciò che ci rende apprendisti, può saziare di pienezza e compimento il non ancora che ci avvolge.

Di questo è impastata la vita: di sospensioni e di azioni, di parole e di fatti, di anticipazioni e di silenzi. Si vede, quando pensi, quando nutri di parole nobili alte i tuoi passi. Non devi spiegare o dimostrare. Fermati, sosta, resta un attimo di più, e tu stesso ti stupirai di scoprire il profumo di ciò che conta davvero, anche mentre tutto intorno sembra dominare solitudine e distanza.

C’è una solitudine feconda.

Essere soli, saper stare soli è una conquista che esige audacia, esercizio, fatica. Senza la solitudine e senza il silenzio come si potrebbe conoscere se stessi, scavare in sé, innestare in sé con consapevolezza giorni di comunione?

Ma, occorre il coraggio di ritirarsi, di allontanarsi dal quotidiano, dal proprio impegno, dai propri legami: e questo non per rinnegarli ma per prendere una distanza da ciò che è uscito da noi, è stato generato da noi, ma non è dentro di noi.

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Così, nella solitudine assunta, la vista di una immagine, la contemplazione di una pianta o addirittura di un semplice sasso sono eloquenti, ci pongono domande, accennano a risposte, ci fanno fremere di gioia. Talvolta, lucidano di lacrime i nostri occhi.

“Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà. Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire l’odore delle cose, catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.”

Così scriveva l’immensa Alda Merini.

(Servizio fotografico realizzato da Marina Tarozzi)

Fausto Corsetti

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