NATALE

E’ il Natale una data che tutti volentieri celebrano. Ma sappiamo tutti renderci conto della sua essenziale bellezza? Potremmo tutti documentare la sua reale autenticità? Che cosa è, in fondo, il Natale? La festa della famiglia, dei bambini, dei poveri? La festa dei doni? Ecco: vi è intorno al Natale una fioritura di bontà, di umanità, di gentilezza e di carità, che davvero lo iscrive fra i momenti più belli dell’anno, anzi della vita, fra quelli che potremmo chiamare caratteristici di una civiltà che si chiama cristiana: è così bello questo aspetto del Natale, che nessuno, neppure quelli che ne disconoscono il senso intimo ed operante, sanno rifiutare.
Poi viene l’aspetto lirico e sentimentale: a quanta poesia ha dato origine il Natale? A quante dolci canzoni, a quante pastorali melodie? A quante nostalgie, contemplazioni, drammi interiori, affetti risorgenti, commosse intimità? La natura, la vita hanno un loro linguaggio dolce e innocente, che ci fa assaporare qualcosa della primitiva armonia del creato e che ci restituisce alla gioia delle cose vere, delle cose semplici, delle cose buone, come un incantesimo vivificante.
Ma, subito dopo questo aspetto lirico e romantico, un altro va manifestandosi, che altera la limpidezza e la forza del grande motivo natalizio, che è tutto verità, per introdurre elementi di fantasia, di leggenda, di gioco spettacolare: l’albero del Natale, babbo natale, che tentano di risolvere in mito e in gioco la deliziosa storicità del mistero.
La mente si diverte, ma si confonde; si diventa volentieri fanciulli, ma tali si resta; non si comprende più, non si assurge più all’incontro col Bambino celeste.
E allora con facilità il Natale scivola nel surrogato: nei dolci, nelle luminarie, negli auguri, nei pranzi, che collegati con l’originaria letizia della festa religiosa hanno anch’essi una loro ragion d’essere, nella misurata espressione di un gentile costume cristiano. Ma, a sé stanti, che cosa sono? Qual è la verità del Natale, la sua autenticità?
Il Bambino celeste è Uno, una sola Persona quella del Verbo di Dio, vivente in due nature, la divina e l’umana, che ha Dio per Padre, prima di tutti i secoli, e Maria per Madre nel tempo, nel momento preciso della storia evangelica. La bellezza dell’uomo e l’esaltazione della vita scaturiscono proprio, con vena inesauribile, dal mistero del Natale contemplato nella sua autenticità.
E come dal Natale autentico siamo fatti e ci chiamiamo cristiani, così dal Natale sembra venire a noi un invito ad essere autentici cristiani. Oggi il termine “cristiano” sembra svigorito da quanti ancora lo usano per dare una generalissima ed estrema qualifica alla vita, alla cultura, alla civiltà, che dal cristianesimo hanno avuto la benefica impronta, ma che cercano, appena possono, di dimenticarlo o di risolverlo in altre formule laiche e per niente impegnative alle supreme e vitali conseguenze che il nome cristiano porta con sé.
Un Natale senza Cristo e un nome cristiano senza la fede in Cristo sono irrisioni alla verità divina e all’intelligenza umana.
Cerchiamo noi, amici e amiche, di dare al Natale il suo autentico valore e splendore: la celebrazione del mistero dell’Incarnazione, e di dare al nome cristiano la gloria e la potenza che esso deve portare con sé, quelle di un’autentica vita cristiana.
Crediamo che il bene seminato produce frutto, prima o poi. Non va perduta la grazia che è racchiusa nei gesti di bontà che seminiamo attorno a noi. Non lasciamoci vincere dallo sconforto quando non vediamo riscontri immediati. I tempi della maturazione del bene sono lunghi, perché agiscono senza far rumore, nel nascondimento, così come è stata umile e silenziosa l’entrata di Dio nel mondo. E’ bene nutrire la speranza in questo tempo di attesa, la speranza che nasce dalla certezza che la venuta terrena di Gesù non è stata vana, che il messaggio sparso nel cuore e nelle menti degli uomini è ancora significativo e può cambiare le cose.
Come ogni bambino che viene al mondo è il segno che Dio non si è dimenticato degli uomini, così nel bambino di Betlemme l’umanità vede rinascere la speranza che rianima i cuori.
La gioia che ci è data di vivere in questo Natale sia sobria e delicata, attenta a non disorientare chi attorno a noi non riesce a provare serenità e consolazione. Anzi, facciamoci interpreti della solidarietà di Dio realizzata in Gesù. Lo possiamo fare con i gesti concreti della carità, della preghiera, dell’offerta, di una parola buona. Non siamo sollecitati ad essere più buoni perché è Natale, ma è Natale ogni volta che un gesto di amore e di bontà sarà compiuto: questo gesto indicherà la vittoria del bene sul male e sarà l’anticipazione del “bene più grande” che solo alla seconda venuta di Cristo sarà rivelato in pienezza.
(Servizio fotografico realizzato da Marina Tarozzi)
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