PARIGI FASHION WEEK

Collezioni fall-winter ’23-’24

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L’onere di scrivere la parola fine al fashion month è da sempre affidato a Parigi, all’appello c’erano tutti i big della moda d’oltralpe come Chanel, Dior, Hermes, Louis Vuitton, Givenchy, Courreges, Balmain, Loewe. Pierre Cardin ha celebrato i suoi cento anni di vita ritornando a sfilare, in calendario, dopo venticinque anni nella sua storica boutique. Oltre ai francesi c’erano tante maison non “straniere” tra cui le inglesi Vivienne Westwood, Victoria Beckham, Alexander McQueen, le italiane Valentino, Miu Miu, Schiapparelli, da sempre habitué della Ville Lumiere e un nutrito numero di maison giapponesi. Le sfilate più attese sono state quella di Vivienne Westwood, la prima dopo la sua scomparsa, e quella di Balenciaga, la prima dopo le furiose polemiche degli ultimi tempi. Parigi ha riconfermato la macro tendenza di una moda concreta, una moda che si guarda indietro riportando in passerella l’eleganza femminile, i collant, le décolleté, il tailoring, le gonne midi (a ruota e pencil). Una moda che ritrova il gusto del classicismo, della durabilità, del timeless dopo un’abbuffata di streetwear. Una moda recessiva nel mood e nella palette colori che ha visto una netta predominanza di nero, bianco e grigio in tutte le sue nuance. Nel fashion system questo fenomeno è conosciuto come “recession core”, fenomeno peculiare dei periodi di incertezza sul futuro e sulla situazione socio-economica che si sta vivendo. Così il fashion system si adegua proponendo un mood essenziale, privo di fronzoli, la quasi assenza di fantasie e di colori dal forte impatto visivo. Ma nella fashion week parigina non sono mancate anche alcune eccentriche eccezioni come la sfilata di Elliot Mueller che ha portato in passerella uomini che prendono fuoco o come la maison Coperni, che dopo l’abito spray dello scorso anno, ha fatto sfilare droni assieme alle modelle. Succede quando il proprio genio creativo non basta e si ha bisogno di stupire per far parlare di sé e del proprio lavoro. L’accessorio di cui non si potrà fare a meno già da questa prossima primavera, ma soprattutto per il prossimo inverno sarà la cravatta nera, un accessorio da indossare su tutto e con tutto, anche sui long dress per la sera come visto sulle passerelle, due su tutte, di Dior e Valentino, un accessorio di cui tutte le fashion addicted, secondo il direttore creativo della maison Valentino Pierpaolo Piccioli, non potranno fare a meno.

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La direttrice creativa della maison Dior, Maria Grazia Chiuri si ispira a tre grandi icone parigine: la cantante Edith Piaf, Juliette Greco, Catherine Dior, sorella ed ispiratrice del fondatore della maison. La collezione è un ritorno all’eleganza degli anni ’50 con poche concessioni all’opulenza, allo sparkling, al colore anche per la sera. I pezzi chiave della donna Dior saranno la gonna plissé, la gonna a corolla, l’abito midi, la camicia bianca dal mood mannish in popeline, le decorazioni ton sur ton. Gli accessori imprescindibili saranno la cravatta nera, i guanti lunghi in pelle nera, il gambaletto nero velato, la borsa bon ton da portare a mano. Una palette colori esistenzialista, non a caso Juliette Greco era la regina dell’esistenzialismo quando cantava nei club parigini, con tanto nero, grigio e bianco. L’unica concessione allo “stupore” è un tessuto stropicciato ad arte grazie al fil di ferro. Una collezione concreta che rivolge lo sguardo a un guardaroba esistenzialista, intercambiabile e di facile indosso, una collezione lontana dal glamour lussuoso del fondatore della maison, Christian Dior.

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Da una donna esistenzialista e chic di Dior si passa ad una donna potente, determinata, che guarda agli anni ‘80 di Saint Laurent. Per il direttore creativo, Anthony Vaccarello la “divisa” del power dressin è fatta da un blazer tailoring che ha spalle iperboliche, una gonna pencil skirt che ripropone una silhouette a T, una canotta bianca. La divisa diviene meno austera grazie a scolli vertiginosi, spacchi laterali, décolleté in vernice nera, bijoux vistosi. La palette colori è essenziale con tanto nero, bianco, grigio e marrone, l’unica divagazione è la stampa tartan. Una collezione d’impatto, ma per poche, una collezione che valorizza solo la body shape rettangolo (silhouette androgina) e non, contrariamente a quello che si possa pensare, la body shape triangolo (busto più piccolo rispetto al bacino).

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Anche per la maison Balmain è stato un ritorno alle origini, alla presentazione della collezione non ci sono stati una marea di invitati, non c’è stata l’influencer di grido, non c’è stata la musica a tutto volume, non c’è stata nessuna iperbole da fashion week. Il direttore creativo, Olivier Rousteing riapre gli archivi storici della maison fondata da Pierre Balmain portando in passerella una collezione “nostalgica”, una collezione che sente il bisogno di riscoprire il passato essenziale e glamour di Balmain. “celebrando le nostre origini, possiamo vedere chiaramente dove siamo diretti”, queste sono state le parole del comunicato stampa di presentazione della sfilata che ha visto in passerella gonne a ruota, ma anche long dress sparkling, tuxedo con revers bianchi, magnifici completi pantalone in velluto con giacche avvitate, camicie con maxi fiocchi. La palette colori è un rincorrersi di bianco e nero con accenti di rosso, soprattutto negli accessori, di verde menta, di rosa, l’unica concessione alla stampa è per i pois, la più chic da quando esiste la moda.

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La sfilata della maison Givenchy si apre e si chiude con una serie di outfit total black e linee sinuose che esaltano la silhouette che viene otticamente allungata dai long coat, in lana o pelle e dalle spalle strutturate, ma non dalle maniche che coprono le mani. I blazer dress hanno strascichi in tulle, gli abiti lingerie in chiffon di seta regalano un’allure estremamente sensuale. La donna Givenchy è una donna che ama la couture, il nero, l’essere sexy, ma anche la giocosità dei fiori, delle frange in micro perline, dei lunghi lembi che penzolano dalle candide camicie in chiffon di seta, una donna che non uscirebbe mai di casa senza un accessorio che catalizzi l’attenzione, come i lunghi guanti in pelle nera. La pallette colori è decisamente dark, ma addolcita dal malva, dal giallo, dal verde, dal bianco panna e da una stampa floreale che sembra un acquerello e da pesci che spuntano sui long dress.

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La maison Schiapparelli abbandona l’esclusività dell’haute couture per lanciarsi anche nel pret-a-porter. Il direttore creativo della maison, Daniel Roseberry prova a portare l’amore per il surrealismo della fondatrice della maison, Elsa Schiapparelli nel pret-a-porter cercando di rendere più realista e meno sogno un abito, un long coat, una gonna. In questa prima collezione di pret-a-porter il focal point sono gli abiti in maglia che avvolgono la silhouette, ma non mancano camicie bianche in popeline, gonne, blazer avvitati, jumpsuit in denim couture. Dei bijoux che hanno da sempre contraddistinto la maison, nel pret-a-porter, non restano che i bottoni dorati e le macro collane, una collezione dove anche le linee e i volumi vengono resi più smart per trasformare capi di haute couture in capi “quotidiani”. Anche da Schiapparelli la palette colori è pervasa da tanto nero, bianco avorio, marrone, beige e dove gli accessori sono solo in versione gold.

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Dopo tante collezioni che hanno fatto di parlare di sé, soprattutto per gli accessori, la maison Balenciaga si rifugia nel tailoring per far dimenticare tutte le polemiche che l’hanno vista nell’occhio del ciclone dopo l’accusa di aver fatto della pedofilia una forma d’arte con la sua campagna pubblicitaria dello scorso dicembre. La sfilata si snoda in un silenzio assordante e dall’Araba ne è uscita una collezione destrutturata, stratificata, dai volumi over, dalle spalle strutturate, una collezione che ha abbandonato i loghi in bella vista, gli accessori provocatori, ma che risulta incomprensibile.

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La maison Valentino fa della cravatta nera e del mood mannish la spina dorsale della sua collezione. La storica maison italiana che della femminilità ha fatto il suo mantra, oggi cambia rotta verso un mood più androgino che si infila nel punk-rock. La cravatta nera è l’accessorio che si indossa con tutto, anche con l’abito da sera e i long coat di paillettes, i boots sono “all day long” e, come la cravatta, si indossano con tutto. Anche la palette colori non è più quella di un tempo passato prossimo, non possiede più le nuance e gli accostamenti sublimi a cui ci aveva abituato il direttore creativo della maison, Pierpaolo Piccioli, ma si accontenta del nero, del bianco, dell’iconico rosso Valentino, senza alcuna traccia del pink PP by Valentino. Una collezione spiazzante, ma che riesce a rapire l’attenzione di chi guarda.

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Anche Nicolas Ghesquiere, direttore creativo della maison Louis Vuitton ha preferito mettere da parte i sensazionalismi per portare in passerella una collezione concreta e che rifletta il mood urban-chic delle parisienne. In passerella non c’è stata traccia di sperimentazioni sportwear e tessuti tecnici, ma un ritorno a tessuti naturali e preziosi, Ghesquiere si è cimentato in esercizi di tailoring dando vita a nuove sperimentazioni per quanto riguarda linee e volumi. Anche la palette colori si adegua al cambiamento scegliendo nuance più scure e abbandonando le nuance pop a cui ci eravamo abituati a veder sfilare da Vuitton. A farla da padrone sono sempre gli accessori, soprattutto le borse, che assumono molteplici forme: piccole, medie e grandi e dove la pelle brunita è un omaggio ai colori della Francia.

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La camelia, fiore preferito da mademoiselle Coco, è stato il fil rouge dell’intera collezione della maison Chanel, ma alle camelie hanno fatto compagnia anche le perle, l’iconico tweed, le camicie di pizzo, il black and white. A far da contraltare a tanto bon ton ci hanno pensato i trench di pelle, gli shorts, i pantaloni con le bretelle, il vinile, le catene. Tutto molto Chanel, ma ancora poco Virginie Viard, direttrice creativa della maison, ma che ci invita ad indossare i collant in pizzo bianchi…un invito che sarà declinato da molte.

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A chiudere la fashion week parigina ci ha pensato la maison Miu Miu, che se una volta vestiva le figlie di Prada, in questa collezione la designer, Miuccia Prada avvicina madre e figlia. Le “figlie” Miu Miu copiano le “mamme” Prada indossando le gonne midi, ma con i collant che spuntano dalla vita, i micro cardigan, i pullover bon ton, gli abiti lingerie con fiori in paillette. Anche le più giovani hanno voglia di tailoring e chi meglio di Miuccia Prada può assecondare questa voglia?

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La maison Versace, a pochi giorni dalla notte degli oscar, ha sfilato a Los Angeles sfidando una tempesta annunciata che l’ha costretta ad anticipare di un giorno il fashion show. Anche per Donatella Versace il bisogno di tailoring, abbandonando l’inflazionato streetwear, è stato forte, una voglia di lusso, ma glamour che ha abbandonato gli eccessi di piume e paillettes. Il roof top del Pacific Design Centre ha offerto una vista a trecentosettanta gradi sulla città degli angeli ai fortunati invitati ed amici vip della maison. Gli invitati hanno visto sfilare in passerella una collezione che ha molto dell’haute couture, dai tessuti preziosi come il cachemire, la seta e la duchesse, alle linee mai esagerate, ma che si soffermano sul punto vita e sulle spalle. Anche per Versace la palette colori è dominata dal total black e come accessorio irrinunciabile i lunghi guanti in pelle nera che, come abbiamo appurato sarà un must have del prossimo inverno assieme alla cravatta nera.

T. Velvet

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