FILOSOFIA E FOTOGRAFIA: LA FOTOGRAFIA COME PRATICA FILOSOFICA
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“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso l’istante” (Henri Cartier-Bresson)
“Vedere è tutto” (Henri Cartier-Bresson)
Borges racconta di un pittore che volendo dipingere il mondo, comincia a fare quadri con laghi, monti, barche, animali, volti, oggetti. Alla fine della vita, mettendo insieme tutti questi quadri e disegni si accorge che questo immenso mosaico costituiva il suo volto.
Nell’intenzione di trovare una struttura per ogni singola immagine, si arriva ad un’altra.
Un sottile filo lega autobiografia e mondo esterno.
Fotografia e filosofia
“La fotografia penso che sia un formidabile linguaggio visivo per poter incrementare questo desiderio di infinito che è in ognuno di noi (…) una grande avventura del mondo del pensiero e dello sguardo,un grande giocattolo magico che riesce a coniugare miracolosamente la nostra adulta consapevolezza ed il fiabesco mondo dell’infanzia…”. (Luigi Ghirri, L’opera aperta, 1979-1984)
Contrariamente a quanto molti studiosi e critici affermano, secondo cui nel passato si è registrata una tendenza verso la filosofia di certe forme d’arte concettuale, di musica aleatoria e dodecafonica, oggi si assiste alla tendenza opposta, ossia a un recupero di valori magici e mitici, che sono stati ignorati per troppo tempo, cioè a una de-filosofizzazione dell’arte. (Gillo Dorfles, L’intervallo perduto, 2006)
In realtà, a titolo di esempio, il fotografo Olivo Barbieri sa che il mondo non si conosce senza immagini.
La generazione di Olivo Barbieri appartiene infatti a quella generazione di artisti che, tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, ha rivoluzionato il linguaggio della fotografia italiana, percorrendo vie sempre più sperimentali, rese possibili dalla tecnologia digitale.
Ma noi non ci occuperemo delle nuove tecnologie in fotografia in questo nostro discorso. Invece, ci soffermeremo a considerare il rapporto fotografia – filosofia.
Luigi Ghirri pone al centro della sua ricerca “il guardare”, ossia la capacità al contempo razionale ed emotiva di decifrare i dati raccolti attraverso la percezione, trasformandoli in “pensiero visivo”.
Filosofia e fotografia sono entrambe un modo di “vedere” il mondo, una visione che si fa gesto, un’azione capace di cogliere l’eternità nell’istante dello scatto e della idea pensata e rappresentata. Per questo, “Le fotografie – afferma Bresson – possono raggiungere l’eternità attraverso l’istante”.
Se il fine della filosofia si trova nell’ interrogazione radicale sul senso dell’esistenza, così essa può diventare uno strumento prezioso per costruire il nostro personale modo di stare al mondo. Fotografare è riconoscere con lo sguardo in un istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite, che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea la mente, gli occhi e il cuore. Mettendo sullo stesso piano l’occhio, la testa e il cuore, nel fotografare, le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace, fissando per sempre l’immagine catturata.
Il valore profondo della filosofia consiste nella capacità di ampliare gli orizzonti della nostra parziale visione del mondo, attraverso un percorso del riconoscimento di sé e del nostro “essere-nel-mondo” e pratica di umanità costruita sul paradigma del “dono”, disposizione etica che coltiva la comprensione, l’amore e la solidarietà universale tra gli esseri umani.
Da questo punto di vista, Chiara Castiglioni presenta l’esperienza di pratica e consulenza filosofica condotta con il progetto “Filosofia come cura di sé. Dialoghi dal carcere”, realizzato negli istituti penitenziari di Torino, Ferrante Aporti e Lorusso e Cutugno, attraverso le dirette voci di alcuni detenuti, arrivando ad affermare: “La pratica della filosofia rappresenta un percorso del riconoscimento in grado di ridonare il mondo e la voce rimasta soffocata e inespressa a causa del dolore, una parola che vivifica e ricostruisce senso insieme agli altri”. La fotografia, così come la filosofia applicata, è dunque uno strumento potente di relazione con gli altri.
Quando Henri Cartier-Bresson afferma che “Vedere è tutto”, l’atto del “vedere”, è, sia in filosofia che in fotografia, un atto del riconoscere, in cui percepiamo noi stessi come unità psico-fisica, in contatto con noi stessi e con la vita, di cui, in un magico momento di illuminazione, riusciamo a cogliere l’essenziale.
Il fotografo è per natura filosofo. Sia il fotografo che il filosofo sono animati da un forte senso di meraviglia rispetto al reale, verso il quale sono protesi per cogliere l’essenziale delle forme visibili e per rivelare l’invisibile, attraverso un processo di astrazione, che porta alla produzione dell’immagine e dell’idea. Ritroviamo le profonde analogie tra fotografia e filosofia nella fotografia come reportage sociale.
La fotografia come denuncia sociale nell’opera di Tina Modotti
Tina Modotti (1896 - 1942) Attrice e fotografa, ancor prima emigrante e operaia, la Modotti spicca sulle figure femminili del XX Secolo per le forti passioni che hanno caratterizzato la sua vita avventurosa. Incuneata fra arte e rivoluzione, sempre contraria all’associazione del suo lavoro con un prodotto meramente artistico, vuole che ne sia compreso il lavoro intellettuale alla base.
“Ogni volta che si usano le parole ‘arte’ o ‘artista’ in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro”, così si descriveva Tina a proposito del suo lavoro.
Usando la fotografia come strumento di denuncia sociale, le sue fotografie sono scattate per essere portatrici di messaggi politici, rendendo evidente le condizioni di miseria di parte della popolazione messicana, denunciando le condizioni dure e ingiuste di molte fasce di lavoratori. Sono immagini che evocano l’ideologia comunista, formalmente curate ma che invitano a una presa di coscienza di classe.
Nella fotografia di reportage e di testimonianza di Tina Modotti, l’immediatezza è tutto: catturare la realtà così come si presenta, senza abbellimenti e manipolazione artistica. In nessun momento della sua carriera vuole che le sue foto vengano definite “artistiche”, il suo scopo principale rimane quello di documentare, ovvero l’essenza di quella fotografia successivamente definita di reportage:
-composizione pura,
-rivelazione del quotidiano (soggetti comuni, isolati ed evidenziati),
-soggetti umani, con frequenti primi piani
Come modella e fotografa ufficiale del movimento muralista messicano di cui faceva parte Diego Rivera, fu proprio grazie a quest’ultimo che nel 1928 Tina Modotti conobbe Frida Kahlo. Il rapporto tra questi tre grandi protagonisti dell’arte e della fotografia messicana è stato alquanto controverso, tuttavia l’amicizia di Tina con Frida Kahlo si rivelò ben presto qualcosa di più profondo di un semplice sodalizio artistico. Le due donne erano accomunate oltre che da una grande sensibilità artistica, dalla lotta politica e dall’amore per la terra messicana.
Fragile, ma forte, intensa e passionale Frida Kahlo ha avuto una vita breve e travagliata. La malattia affrontata con coraggio, l’incidente sull’autobus che la costrinse ad un doloroso calvario, l’amore travolgente per Rivera, sono tutte esperienze che si respirano nelle sue opere intrise di un linguaggio simbolico, dense di metafore tratte da una cultura universale: dai miti Aztechi della creazione alla mitologia classica e dell’estremo Oriente, dalle tradizioni cattoliche al folklore messicano e alle credenze popolari, a Marx e Freud.
Per contro, la carriera fotografica di Tina Modotti è breve, ma articolata. Da una prima fase “romantica”, come venne definita da Manuel Alvarez Bravo, in cui si dedica alla natura, passa a una fase decisamente più rivoluzionaria in cui racconta la vita e il lavoro: la fotografia diventa allora un mezzo per le sue denunce sociali e coltiva la sua passione e il suo impegno politico utilizzando il mezzo fotografico come strumento della sua militanza.
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Alla sua morte prematura, Pablo Neruda dedica dei versi,
alcuni frammenti dei quali qui riportiamo:
“Riposa dolcemente sorella” di Pablo Neruda per la morte di Tina Modotti.
Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:
forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
Riposa dolcemente, sorella.
La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
ti sei messa una nuova veste di semente profonda
e il tuo soave silenzio si colma di radici.
Non dormirai invano, sorella.
Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
d’acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
la tua delicata struttura.
(……..)
Verranno un giorno sulla tua piccola tomba
prima che le rose di ieri si disperdano,
verranno a vedere quelli d’una volta, domani,
là dove sta bruciando il tuo silenzio.
Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
Avanzano ogni giorni i canti della tua bocca
nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
Valoroso era il tuo cuore.
Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade
polverose, qualcosa si mormora e passa,
qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,
qualcosa si desta e canta.
Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
quelli che da tutte le parti, dall’acqua, dalla terra,
col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
Perché non muore il fuoco
Con le parole di Neruda, ci accomiatiamo dall’affascinante figura di militante e passionaria di Tina Modotti. La storia dell’arte è piena di donne: donne dipinte, scolpite, affrescate. Eppure, pochissime sono state quelle che nel corso dei secoli, hanno avuto l’opportunità di fare dell’arte una professione. Tina Modotti e Frida Kahlo sono fra queste. Non come soggetti passivi, ma come artiste a pieno titolo, protagoniste del proprio tempo.
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Bibliografia
Gillo Dorfles, L’intervallo perduto, Milano, Skira 2006
Luigi Ghirri, L’opera aperta, 1984
Luigi Ghirri -Polaroid- L’opera completa 1979-1983
Olivo Barbieri, Luca Fiori, critico d’arte 04 febbraio 2023
Henri Cartier-Bresson, Vedere e’ tutto. Interviste e conversazioni
(1951-1998)
Chiara Castiglioni, Filosofia dentro. Pratica e consulenza filosofica in carcere. Metodi ed esperienze, Ugo Mursia Editore, 2017
La rassegna “La fotografia al femminile”, a cura della Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con Contrasto presso l’AuditoriumArte dell’Auditorio Parco della musica di Roma, 2013
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