GUIDA AL REFERENDUM
QUARTA PARTE

Il nostro quarto intervento per spiegarci e per spiegare il referendum costituzionale del prossimo 4 Dicembre giunge appena dopo la notizia del rigetto, da parte del T.A.R. (Tribunale Amministrativo Regionale) Lazio, del ricorso presentato dai 5 Stelle e da Sinistra italiana, i quali, per capirci, si erano lamentati che la formulazione del quesito referendario contenesse un invito, subliminale ma non tanto, a votare “Sì”.
Il TAR ha risposto, sempre per semplificare, che i ricorrenti hanno fatto una stupidata, poiché il vaglio sul quesito è stato già effettuato dall’ufficio centrale per il referendum (della Cassazione) che l’ha predisposto, e dal Presidente della Repubblica, che l’ha recepito con il decreto che ha indetto la consultazione. Sicché l’unico a potersi lamentare di eventuali difetti del quesito era proprio l’Ufficio Centrale (Cassazione) ricorrendo alla Corte costituzionale, unico Giudice a poter intervenire. E così la nostra nave, a bordo della quale viaggiamo da qualche settimana per studiare il referendum, non è ancora affondata, il lavoro sin qui svolto è salvo e possiamo continuare a navigare rimandando ad un successivo articolo ogni considerazione sul perché i 5 stelle e Sinistra Italiana abbiano fatto la stupidata che ha provocato la bacchettata del T.A.R., tanto sonora quanto prevedibile. Possiamo andare avanti con una certa speditezza, facendo un po’ di slalom tra alcuni punti della riforma che sono di più intuitivo impatto, in caso di vittoria del “Sì”.
E così, a destra vediamo l’articolo 114 che sarebbe modificato prevedendo, finalmente, l’abolizione delle tanto vituperate Province (tranne quelle autonome di Trento e di Bolzano), notoriamente carrozzoni ai quali, senza utilità giustificabile e con appesantimento della già asfissiante burocrazia, sono oggi attribuite competenze che ben possono distribuirsi fra gli altri enti locali, se non essere addirittura eliminate.
Ora giriamo lo sguardo a sinistra per dare un’occhiata alla modifica al comma tre dell’articolo 116, con la quale sarebbe possibile attribuire una sorta di incentivo alle Regioni che si distinguessero in termini di bilancio virtuoso, poiché in questo caso, ad opera di entrambe le Camere ma senza il quorum della maggioranza assoluta, si potrebbe concedere loro maggiore autonomia. Le materie in cui tali Regioni diligenti avrebbero possibilità di maggiore autonomia spaziano dalla organizzazione della giustizia di pace alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, alle politiche attive del lavoro e all’istruzione e formazione professionale, al commercio con l’estero, al governo del territorio e ad altro ancora. E ora facciamo attenzione, poiché, occhi alla nostra destra, un iceberg è spuntato dal nulla e rischia di farci fare la fine del Titanic. Ma noi saremo prudenti e staremo lontani quel tanto che serve.
Questo iceberg è la riforma dell’art. 117 della Costituzione, che regolamenta la potestà legislativa (cioè chi fa cosa tra Stato e Regioni per produrre norme vincolanti). Qui occorrerà che tutti gli ospiti della nave si armino di pazienza perché si discute di molte cose. L’iceberg è davvero grande e occorre una chiave di lettura per studiarne la forma e così capirne le ragioni dei contenuti. Sotto questo aspetto possiamo dire che la riforma si propone, sulla carta, di correggere alcune storture dell’attuale sistema dove i cittadini dello Stato, in troppe questioni fondamentali del vivere comune, ricevono trattamenti diversi a seconda delle Regioni in cui risiedono. Non solo. A causa dei confini a volte sfumati tra le materie di competenza dello Stato mamma e quelle di competenza delle Regioni figlie, e, a maggior ragione, nelle materie dove entrambe hanno competenza a legiferare, nascono contenziosi per stabilire chi deve fare cosa, con una bellicosità che non si vede nemmeno nelle famiglie più litigiose quando si tratta di spartirsi l’eredità di qualche congiunto che le ha salutate per trovare pace in mondi diversi. Così si prevede, con un evidente scetticismo verso l’esperienza passata delle Regioni, un ampliamento notevole delle potestà esclusive dello Stato a scapito delle Regioni, sia pure con mera facoltà per lo Stato di delegargliele, la scomparsa delle materie di potestà legislativa concorrente, e anche una riserva generale e onnicomprensiva in favore dello Stato quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale. La ripartizione delle materie è così vasta da non consentire di ospitarla in queste pagine, sicché chi avesse sete di informazioni potrà naturalmente approfondire la questione raffrontando l’attuale formulazione dell’art. 117 della Costituzione e il progetto di riforma, il tutto reperibile facilmente sul web. Bene, in un’altra occasione, o forse in due, commenteremo gli altri articoli che si vorrebbero riformare, per poi passare a stimolare in noi stessi le sensazioni che questo progetto ci suscita e così decidere di conseguenza. E se poi dovessimo optare per una scelta che prescinde dal merito della riforma e che è tutta orientata a favorire o a sgambettare il governo, almeno lo faremo in piena libertà e non perché condizionati dagli altri in modo obliquo, distorto. Per ora, con questo mare calmo e con un faro più luminoso che mai, torniamo nel nostro porto sicuro.
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