Good bye Mrs England
Sturgeon vuole poter scegliere “prima che sia troppo tardi”. May va avanti per la sua strada. L’Europa è nel pieno di una partita dagli esiti ancora incerti.

Mentre Theresa May preme il pedale dell’uscita dall’UE, puntando sull’accelerazione dei negoziati, la Scozia si ribella e avvia l’iter per la secessione con un nuovo referendum da fissarsi tra l’autunno del 2018 e la primavera del 2019. Un terremoto che potrebbe provocare il distaccamento di altre faglie tra il Galles e l’Irlanda del Nord.Nicola Sturgeon è determinata e va avanti come un treno, con un magone sullo stomaco vecchio di oltre trecento anni.La Brexit, sulla spinta di un populismo più di pancia che di testa, ha dato il via a un capitolo secessionista che rischia di non fermarsi, trascinando l’eurozona nel caos.È indubbio che ora le cose non vadano meglio. La scissione tra favorevoli e contrari sta soppiantando quella che un tempo era la partizione tra sinistra e destra, destinate entrambe a perire in una logica proporzionale anti identitaria che va prendendo forma più o meno ovunque.
La Scozia a tutti i costi vuol restare nell’Unione, divergendo dal parere dell’Inghilterra – o almeno di Theresa May - che di Bruxelles non si fida e dal mercato unico intende sfilarsi il prima possibile. Giusto il tempo di invocare l’Articolo 50 che aprirà ufficialmente le trattative per la spartizione e poi Good bye. Certo ci vorranno due anni.
Un divorzio paventato, nel divorzio effettivo, dopo che era stato tentato il possibile per evitarlo. “I nostri sforzi per raggiungere un compromesso sono andati a sbattere contro un muro di intransigenza”, ha detto la leader scozzese che vuole dare alla sua terra una possibilità di scelta “prima che sia troppo tardi”.Parole forti che inchiodano Londra a una responsabilità molto grande e difficile da gestire. Accordare la richiesta significherebbe accogliere il rischio di ulteriori spinte scissioniste, ricusarla - soprattutto in un’ottica di devolution - accenderebbe molte polemiche.Il ’97 ha infatti sancito il passaggio di determinati poteri dal centro alla periferia, conferendo alla Scozia una significativa indipendenza amministrativa, un Parlamento locale e un sistema giudiziario separato.
Qualora Downing Street dovesse dare il via libera al referendum, ci sarebbe il rischio fondato che gli Scozzesi possano esprimersi in favore dell’UE, soprattutto in considerazione delle intenzioni espresse durante la precedente consultazione, in cui si erano, assieme agli irlandesi del Nord, pronunciati per il Remain.L’attenzione è alta, in una partita di equilibri ancora incerta negli esiti. Sta di fatto che la posta pesa e l’Europa è chiamata a giocarsi il tutto per tutto, con lo spettro di un effetto domino dietro l’angolo.Qualche indicazione ce la darà l’Olanda, probabilmente in giornata, a mano a mano che si affacceranno i primi risultati.Comunque vadano le cose, da questo preludio l’UE dovrebbe trarre un’opportuna riflessione sul suo futuro che passi per la revisione di Maastricht e del Fiscal Compact. Oltre che per l’incentivazione della crescita, attraverso una sana politica di investimenti.
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